Michela Tamburrino per “la Stampa”
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Quarantun anni insieme, nella stessa redazione, idee scambiate, proposte accolte, bocciate. Piero Angela il maestro, Lorenzo Pinna prima giornalista con una predilezione già rodata per la scienza, poi regista, dunque autore. L'obiettivo privilegiato, Superquark ai suoi albori, un programma sperimentale che poteva dare i suoi frutti.
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Pinna, che esperienza è stata quella con Piero Angela?
«Totalizzante. Non immaginavo che sarei diventato un veterano. Il programma, fu subito chiaro, era destinato a grandi successi. Angela voleva si affrontassero i grandi temi per filoni, la comunicazione tra animali, le guerre».
Lei di cosa si occupava?
«All'inizio fungevo da jolly, ricordo un servizio che mi affidò e che credo rimase nella storia, si partiva dal Big Bang e si ricostruivano i primi tre minuti dell'universo. Dentro c'era tutto: il concetto d'infinito, la relatività, l'entropia».
Angela era molto esigente?
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«Per noi era un esempio. Un'educazione incredibile, un grande rigore e non alzava mai la voce, mai. Ricordo una volta che stavamo preparando la scenografia per una puntata. Entrò in studio e fu subito chiaro che non gli piaceva. Alzò un sopracciglio e con estrema freddezza si limitò a chiedere: "Dov' è il nostro studio?". Agghiacciammo. Lui era così, quel suo aplomb fatto di garbo e d'intelligenza gli faceva ottenere gli stessi risultati. Alla fine lo studio fu esattamente come lo voleva».
Chi era per lei Piero Angela?
«Era, per tutti, un punto di riferimento in una Rai che sapeva pianificare. Era una figura nazionale come Mike Bongiorno. Era espressione di quella tv che sapeva unificare, fedele a una missione di educazione nell'intrattenimento. A tutti gli effetti una figura istituzionale».
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Aveva idee dalle quali non si poteva prescindere?
«La sua grande battaglia l'aveva combattuta per un'Italia che capisse l'importanza della scienza e della tecnologia.Soffriva a vederla fredda sulla scienza perché a creare ricchezza è la capacità d'innovazione. Un deficit cultural-scientifico che ci portiamo ancora dietro».
Voleva preparare al futuro?
«Certo, e lo faceva anche intervenendo nelle scuole, diceva sempre che le due culture umanistiche non aiutano quanto quella scientifica. La sua missione era quella di preparare i giovani al futuro».
Angela fu prima un giornalista Rai corrispondente da varie sedi internazionali. Quando avvenne il cambiamento?
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«Vuol dire l'illuminazione della scienza? Era un grande corrispondente in un mondo ancora inaccessibile. Il clic per lui arrivò con lo sbarco sulla Luna, con il progetto Apollo. E da lì cominciò, con il Club di Roma, gli studi sull'ambiente, fu anche fondatore del Cicap con Massimo Polidoro, quando cercava di scardinare credenze e superstizioni di un Paese oscurantista come il nostro. Grandi sostenitori di Angela in questa guerra furono Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco, Silvio Garattini. Per lui solo la razionalità e il metodo scientifico avvicinavano alla verità».
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Che le ha dato Piero Angela in 41 anni di lavoro insieme?
«La possibilità di incontrare premi Nobel, di girare il mondo, di crescere in un ambiente di grande levatura. Una meravigliosa avventura».
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