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    PIOVE, GOVERNO LADRO - IL FENOMENO ATMOSFERICO PIÙ INVOCATO E MALEDETTO CAMBIA DA SEMPRE LA STORIA E GLI UMORI: UN LIBRO RACCONTA POESIE, PENSIERI, DIPINTI MA ANCHE COMPLICATI SIGNIFICATI POLITICI CHE GLI SONO STATI DEDICATI - UNA FABBRICA DI EMOZIONI E DI DISTURBI CHE OLTRE AD AVER ISPIRATO MOLTI POETI E ARTISTI, SPESSO HA DETERMINATO IL CORSO DI EVENTI E GUERRE…


     
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    Alberto Fraja per “Libero Quotidiano

     

    il libro breve storia della pioggia il libro breve storia della pioggia

    Non c'è fenomeno atmosferico più desiderato, invocato, percepito, ma pure maledetto, dannato e caricato d'ogni vituperio della pioggia. Dai tempi di Noè, che di acquazzoni s'intendeva, al diluvio di previsioni meteo in rete o in tv.

     

    Perché l'acqua che cade dal cielo «fa sì viaggiare l'anima», ma rende anche impraticabili i percorsi dei cavalieri erranti, complica le guerre, fa ritardare gli amori. Invocata in tempi di siccità, essa provoca anche la paura dell'eccesso, delle alluvioni e dei diluvi.

     

    Alain Corbin nel suo Breve storia della pioggia (Marietti, 80 pagine, 9 euro) ci disvela in poche ma gustosissime pagine un fenomeno a cui sono state dedicate poesie, pensieri, dipinti ma anche complicati significati politici.

     

    La pioggia è una straordinaria fabbrica di emozioni. Si chiede l'autore: «In quale momento della storia si individua l'evento di un io meteorologico sensibile a tutte queste variazioni? Fino a che punto i modi di provarle si sono trasformati con il tempo? Come si sono evolute le forme di attenzione, rappresentazione, desiderio, piacere e avversione suscitate dalle meteore, fino a giungere, oggi, a un bisogno quotidiano di sapere e, talvolta, a un vero e proprio disturbo psichiatrico?».

     

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    IN ORIGINE, PLINIO

    Corbin prova a fornire alcune risposte non prima di aver ricordato che è solo dalla fine del XVIII secolo che, da un lato, si intensifica la sensibilità individuale ai fenomeni meteorologici, dall'altro si affina la retorica per descrivere l'effetto delle meteore nell'animo di scrittori e intimisti. Quella dello storico francese è, insomma, una accurata rassegna delle reazioni più diverse indotte dalla pioggia.

     

    Già Plinio raccontava che un console romano «quando pioveva, faceva alzare il suo letto sotto le fitte frasche di un albero, per sentir fremere le gocce della pioggia e addormentarsi al loro mormorio».

     

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    Per gli artisti del Rinascimento la pioggia è prima di tutto quella del Diluvio, vale a dire la precipitazione di un'acqua violenta, che sorge sotto forma di tromba, forgiata dal vento, che sommerge, che spaventa e che anima gli incubi notturni.

     

    Leonardo da Vinci, in una pagina dei suoi Diari, immagina le precipitazioni del Diluvio: «L'aria è oscurata a causa della pioggia che, cadendo obliqua, ribattuta dall'assalto trasversale dei venti, forma delle onde come la polvere, a differenza del fatto che questa inondazione è come striata da linee di gocce d'acqua che scorrono».

     

    leonardo da vinci leonardo da vinci

    Sono diverse le reazioni degli animi sensibili verso acquazzoni o semplice pioggerelline di marzo. Stendhal, per esempio, detestava gli scrosci d'acqua. Nei suoi scritti intimi, se la prende con veemenza con «le piogge continue, eterne, villane, infami, abominevoli».

     

    Al contrario Baudelaire ne faceva una componente essenziale dello spleen mentre i diaristi la intrecciavano con le lacrime.

     

    baudelaire baudelaire

    Nell'opera di Verlaine, la pioggia si accorda con la «malinconia» mentre Victor Hugo non dimenticherà il primo abbandono di Juliette Drouer, sotto l'albero presso cui gli amanti si erano rifugiati per ripararsi dal temporale.

     

    L'acquazzone, secondo Debussy, racconta «la malinconia e la delicatezza, la dolcezza e la quiete» mentre André Gide, nel suo Journal, non cessa di esprimere la sua avversione verso le gocce cadute dal cielo.

     

    POLITICA E METEO

    E fin qui siamo alla storia della valutazione intima e individuale della pioggia. Perché esiste anche una dimensione pubblica del maltempo gravida di conseguenze. «Tanti avvenimenti importanti hanno tracciato la figura politica della pioggia» scrive l’autore.

     

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    La festa della Federazione, tenutasi a Parigi il 14 luglio del 1790 per celebrare l'anniversario della presa della Bastiglia - tanto per dire - fu rovinata da un vero e proprio nubifragio.

     

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    Per il piacere della stampa contro-rivoluzionaria che si dilettò nel descrivere il disordine, la confusione, la ressa, la fuga degli spettatori verso le gallerie, il sublime spettacolo degli indumenti femminili che aderiscono al corpo rivelandone alla vista «i contorni».

     

    Il libro di Corbin indaga anche sugli effetti prodotti dalla pioggia sulla guerra. Dalle strade rese impraticabili dalla pioggia che impediscono ai cavalieri erranti dei romanzi di Chrétien de Troyes di andare alla pugna alle orribili sofferenze causate dal maltempo nelle trincee durante la prima guerra mondiale.

     

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    C'è infine un ultimo aspetto da valutare. Quello relativo al desiderio della pioggia nei periodi di siccità e al terrore ispirato dalle precipitazioni eccessive, dalle piogge interminabili e, primo fra tutti, dalla grandine.

     

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    Ossessioni collettive rinvenibili in molte zone del pianeta e che hanno dato origine a un numero infinito di rituali dal profondo significato antropologico. Siamo all'origine dei tempi, quando è agli eventi celesti e marini che si attribuiscono le precipitazioni.

     

    Nuvole e temporali sono nelle mani delle divinità. Ma Giove e Nettuno non sono soli. Il Dio della Bibbia è anche più severo. Poi la società si laicizzò. E ora, se piove, è perché il governo è ladro.

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