Giuseppe Legato per “La Stampa”
emirjon margjini
«Vista l'inquietante ostentazione di un modello di vita criminale, il compimento di un fatto di inaudita gravità, la possibilità che possano reiterare le condotte e il pericolo concreto di fuga si ritiene che la misura carceraria sia l'unica necessaria a contenere la pericolosità sociale».
Cosi il giudice per le indagini preliminari Giulio Corato ha convalidato ieri mattina il fermo di Emirjon Margjini, 30 anni, albanese. E' lui l'uomo accusato di aver sparato all'architetto Roberto Mottura durante un tentativo di furto nella sua casa di via del Campetto 33 a Piossasco la notta tra l'8 e il 9 giugno scorsi.
la vittima roberto mottura
Le stesse motivazioni valgono per i due complici accusati di concorso in omicidio, Mergimi Lazri 24 anni e Flaogert Syla 26 anni, «Gery» per la gang dei furti, i cui fermi sono stati convalidati dal gip Rosaria Dello Stritto del tribunale di santa Maria Capua a Vetere. Ed eccolo sui social network il presunto assassino Margjini, detto «Mari»: un'aquila a due teste tatuata sulla schiena simbolo (e bandiera) dell'Albania, una Madonna con le mani giunte in preghiera sul petto, una tigre che agguanta la preda sul polpaccio destro.
emirjon margjini 2
E poi eccolo di nuovo mentre impugna una pistola calibro 22, copia identica a quella usata per sparare a Piossasco e ancora mentre conta banconote da 500 euro su un lettino singolo con tre Iphone in bella mostra. Ha una compagna, Alexandra da cui ha avuto un figlio nel 2016.
Al connazionale Snalla Bukarosh dirà poche ore dopo: «E' successo un casino eravamo in tre e uno ha sparato a una persona. Mentre stavamo rubando è arrivato il padrone eRosh l'ho fatta io sta cazzata, l'ho ammazzato io».
emirjon margjini 1
Rosh però di fronte al pm Roberto Furlan racconta tutto. Riporta la confessione ricevuta, si tira fuori dall'omicidio: «Con questa storia non c'entro niente, dottore». Lo stesso giorno, un trojan installato sul telefonino di due albanesi che stanno ospitando Margjini registra una conversazione su una Renault Clio.
Parlano di lui: «Ma che cazzo, cosa ha capito ad ammazzare la gente!». Il cerchio è chiuso. La notte del delitto il suo telefonino aggancia la cella «Bivio di Cumiana» all'1.31 a 5,36 km dalla casa dell'architetto. Il segnale si spegne per 4 ore, torna a pulsare input di traffico alle 5.34 sulla cella «Via del Viol» di Volvera, alle 5.56 è a Vinovo, alle 6.07 a Venaria Reale poi nella casa dove era riparato da alcuni giorni coi complici in strada del Bramafame.
roberto mottura ucciso in casa
I carabinieri tracciano tutto. E nella rete finiscono anche i telefoni dei due complici: «Tutte e tre le utenze - si legge nel decreto di fermo agli atti dell'indagine - attivano celle comprese tra Orbassano Piossasco, Carignano, Vinovo, Candiolo, Cumiana, Roletto e Piobesi: non producono alcun traffico tra le 2,40 e le 5.20 di quella notte per riaccendersi alle 5.30».
roberto mottura con la moglie
L'omicidio è avvenuto intorno alle 4. Un lavoro mostruoso che gli investigatori di Torino e Moncalieri e che il gip valorizza nella convalida. Su Lazri e Syla «non vi è dubbio - scrivono i carabinieri - che fossero giunti a Torino per "fare dei lavori" e avessero trovato dimora in strada del Bramafame 42», nello stesso palazzo in cui a fine agosto una fuga di gas causerà il crollo di parte dell'abitato e la morte del piccolo Aron, 4 anni, sepolto dalle macerie.