Infinita solidarietà e vicinanza a #StefaniaBattistini del #TG1 @StefaniaBattis4 bloccata e sequestrata e poi rilasciata con le troupes dei giornalisti e cameramen dall'Esercito della #Russia a #Dnpro #guerraucraina #UkraineRussianWar #WarCrimes #Ucraina pic.twitter.com/BiAlXSKh5W
— ?? (@rrtvln) March 3, 2022
Andrea Nicastro per video.corriere.it
stefania battistini
Aggressione o equivoco, di sicuro un risveglio brusco per due troupe della Rai oggi a Dnipro, nel centro dell’Ucraina. Quattro uomini, tra agenti di polizia in divisa blu e soldati in mimetica, sono entrati nelle loro stanze d’albergo. L’inviata Stefania Battistini era in collegamento in diretta con Uno Mattina.
Pistole e kalashnikov piantati in faccia. Urla in russo, spintoni. I due operatori, Simone Traini e Mauro Folio, obbligati a sdraiarsi a terra con la canna del fucile a due centimetri dalla nuca, la giornalista lasciata in ginocchio. Stesso trattamento per i colleghi della stanza accanto, Cristiano Tinazzi e Andrea Carrubba, trascinati con gli altri ancora scalzi. Nessuno degli italiani riusciva a comunicare in russo e per dieci minuti hanno solo sentito minacce urlate. Gli sono stati tolti i telefoni e impedito di chiamare.
stefania battistini
I giornalisti Rai sono riusciti a mantenersi calmi fino a che dopo lunghissimi trenta minuti sotto la minaccia delle armi, è arrivato un ufficiale che parlava un poco di inglese. La domanda era perché siete in Ucraina. L’intervento delle forze di sicurezza potrebbe essere scattato per la segnalazione di qualcuno, magari dallo stesso albergo, sull’attività dei cinque stranieri, sempre fuori con telecamere e automobili sino al momento del coprifuoco.
E’ la stessa Battistini ad inquadrare la vicenda nel clima di guerra che vive il Paese. «Capisco l’estrema tensione, la paura per agenti russi infiltrati, il rischio che qualcuno organizzi attentati alle spalle della linea del fronte. Qui c’è guerra, metà della popolazione combatte, l’altra metà cerca di aiutare, come ha fatto chi, in buona fede, ha pensato di denunciarci. Alla fine la cosa che conta è che si sia tutto chiarito. Hanno fotografato i documenti e restituito le attrezzature. Si sono anche scusati. Possiamo continuare a lavorare».
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