Felice Cavallaro per www.corriere.it
renato schifani
Il ruolo di «uomo solo al comando» gli sta stretto, ma Renato Schifani, l’ex presidente del Senato eletto il 25 settembre alla guida della Regione siciliana non solo non può nominare i suoi assessori, ma assiste impotente al disastro di una burocrazia che non riesce a proclamare i 70 consiglieri, pardon, «deputati» (come da Statuto speciale) votati nell’isola. Uno scandalo.
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Con il «Parlamento più antico del mondo» che non si può riunire, mentre a Roma Camera e Senato sono da giorni al lavoro. Schifani, forte dell’elezione diretta del governatore, è l’unico in sella con i suoi 6 deputati del cosiddetto «listino» e con 18 eletti per i quali sembrano sciolte le riserve. Per gli altri resta una grande incertezza. Appesi ad un filo, in attesa di conteggi che si fanno e rifanno nelle circoscrizioni, di ricalcoli controllati nei tribunali per pasticci a volte incredibili.
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Come succede a pochi chilometri da Trapani, a Misiliscemi, ultimo Comune nato in Sicilia, dove sono state trovate più schede del numero dei votanti. In qualche caso non basta procedere ai riconteggi. Ed occorre sempre l’autorizzazione dei tribunali. Con funzionari di prefettura affannati davanti a presidenti di seggio risultati inesperti e incompetenti, nonostante i rapidi corsi di formazione che si dice abbiano seguito. Fatto sta che qualcuno consegna verbali bianchi o, come è accaduto ad Agrigento, negli scatoloni delle Regionali si trovano le schede delle Politiche e viceversa. Evidentemente il cosiddetto election day, con il voto contemporaneo per Regione e Camere, deve essersi trasformato in un pastrocchio.
silvio berlusconi renato schifani
Restano a braccia incrociate funzionari e dipendenti dell’Assemblea regionale che avrebbero dovuto già provvedere all’accoglienza degli eletti per badge, telefonini, foto, account. Ancora tutto incerto in 6 province su 9. In qualche caso c’è chi esulta come l’ex sindaco di Messina Cateno De Luca, certo della sua elezione ed euforico perché nella stessa città è rimasto fuori per una manciata di voti Genovese jr., il figlio del notabile Dc che divenne segretario regionale del Pd.
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Si dispera il rampollo, ma per la stessa manciata di voti, 25 per l’esattezza, gongola la signora Serafina Marchetta da Grotte, provincia di Agrigento, eletta nel generoso listino Schifani, inserita in extremis per ringraziare il marito, Decio Terrana, gran manovratore Udc nella bilancia interna al centrodestra. Si augura di chiudere la partita entro la prossima settimana Margherita Rizza, capo dell’ufficio elettorale regionale: «Entro lunedì gli uffici circoscrizionali dovrebbero trasmettere gli elenchi degli eletti». Ma sa che i contenziosi sono dietro l’angolo.
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È accaduto in passato a Siracusa con il sindaco in carica, poi a Rosolini e Pachino, per non parlare dell’eterno match fra i due Pippo di questa litigiosa provincia, l’autonomista Gennuso e l’ex centrista Gianni. Storia antica, scandali ripetuti. Con la minaccia del presidente del tribunale di Catania di «segnalare» i presidenti incompetenti alla Corte d’Appello. Almeno per escluderli dalle prossime elezioni. Se la colpa può essere attribuita solo a loro.
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renato schifani manifesti elettorali