Gaetano Pesce per “la Repubblica”

GAETANO PESCE

L’anno scorso alla mia mostra al Maxxi di Roma il titolo di un’opera era Più diversità e meno uguaglianza. Con mia sorpresa nessuno reagì a questa provocazione. In effetti, ancor oggi chi vive le retrovie della cultura chiede eguaglianza, anche chi è diverso per natura.

Mi arrischio a dire che l’eguaglianza era una speranza sociale dei tempi della rivoluzione francese e del successivo secolo e mezzo, ma oggi chi la persegue è infettato dall’obsolescenza.

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L’ideale di eguaglianza non è più energetico: esempio banale è che due persone uguali non comunicano perché privi di argomenti su cui confrontarsi, mentre chi è simile o diverso può farlo. È un peccato che nei musei di arte contemporanea nel mondo mostrino le stesse opere, o che in diversi paesi, dalle diverse identità, tradizioni, posizioni geografiche, culture, si imponga la stessa architettura.

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Oltre alle forse obsolete onorificenze, si dovrebbe istituire un premio per chi è diverso: in una moltitudine di uguali, di “massa”, il diverso per qualità provoca sorpresa, attenzione, meraviglia, progresso e instaura un dibattito con noi stessi sui nostri valori acquisiti.

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Essere “diversi” è il miglior modo di “essere” per la persona: “unicità” dovrebbe essere la nostra aspirazione e per raggiungere questo valore dovremmo utilizzare la nostra creatività.

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