L’IMPARI LOTTA FRA TEATRI E SHOPPING
michele serra (2)
Lettera di Alessandro Tinterri a Michele Serra, pubblicata dal “Venerdì di Repubblica”
Gentile Michele Serra, Goebbels diceva che quando sentiva la parola cultura metteva mano alla pistola, un ministro del secolo scorso sosteneva che con la cultura non si mangia. Eppure, malgrado l' unanime riprovazione per entrambi i precedenti citati, ci risiamo e la prima a essere sacrificata in tempo di Covid è proprio la cultura.
palazzo altemps
A teatri, sale cinematografiche e musei sono stati chiesti protocolli di sicurezza assolutamente condivisibili ma poi, malgrado le garanzie fornite al riguardo, non sono stati riaperti.
Mentre abbiamo assistito allibiti alle immagini dei centri commerciali affollati, nel nome della ripresa economica.
Ignorando che sono oltre duecentomila i lavoratori dello spettacolo, mortificati dalla più lunga quaresima che la storia del teatro ricordi, che le sale cinematografiche soffrono da anni di una crisi endemica, e che anche i musei non registravano certo frotte di visitatori.
L' impressione è che la cultura sia ancora percepita come inutile svago.
centro commerciale
La risposta di Michele Serra
Da quando siamo sotto pandemia si è molto discusso di questo argomento. Con manifestazioni e prese di posizione civili e appassionate da parte di lavoratori dello spettacolo, artisti, intellettuali. Ho esitato a dire la mia per il timore di sembrare "corporativo", perché di quel mondo faccio parte da una vita e ho dovuto sospendere, tra altri lavori in corso come autore, anche un monologo teatrale che mi vede in scena con una mucca (molto più brava di me).
cinema the end
Poiché ognuno usa tirare la coperta troppo corta dalla sua parte, e questo non va bene, ho pensato che, nel mal comune, il mio non era necessariamente il più grave. Altre categorie sono state duramente colpite: una per tutte gli operatori del turismo, settore annichilito. Ma la sua lettera, caro Tinterri, mi offre l' opportunità di fare un piccolo bilancio.
E mi riesce difficile darle torto. Tra un museo con i visitatori scaglionati e un centro commerciale pieno di gente, tra un cinema e un teatro con il pubblico ben distanziato e un treno di pendolari, non ho dubbi su dove sentirmi più al sicuro, meno esposto al contagio. Mostre e musei, tra l' altro, sono luoghi silenziosi per definizione; e anche nei cinema e nei teatri il pubblico non parla, riducendo al minimo le emissioni di aerosol. Ma altre attività produttive sono state considerate indispensabili, incoercibili, insomma primarie.
pendolari torino milano
Non la cultura, e questo significa, a conti fatti, che viene pur sempre considerata un "di più". Magari prestigioso, e ottimo per farne l' elogio retorico: ma non abbastanza primario e vitale da poterci permettere il lusso di mettere nel conto un piccolo rischio (comunque molto inferiore a quello corso nello shopping natalizio) pur di tenere aperti almeno alcuni dei luoghi deputati alla cultura.
Questa si chiama, del resto, società dei consumi, e pur essendo i consumi culturali abbastanza rilevanti, lo sono in misura decisamente inferiore a molti altri beni di larga diffusione.
mattarella franceschini
Il pane, si capisce, viene prima di ogni altra necessità. Un tetto sopra la testa, anche. Ma fa una certa impressione scorrere l' interminabile lista di ciò che viene considerato necessario dal popolo consumatore, e di conseguenza dai suoi rappresentanti, quasi nessuno dei quali ha coraggio e autorevolezza quanti ne bastano per contraddire luoghi comuni e pigrizie diffuse.
Non sarò certo io a stabilire il confine, molto soggettivo, tra il necessario e il superfluo. Dico solo che la cultura non viene ai primi posti, se non per una minoranza vasta (ma pur sempre minoranza). Se venisse ai primi posti, avrebbe avuto qualche carta in più da giocare nella complicata lotteria dei divieti e delle concessioni.