Fabio Martini per ‘La Stampa'
RENZI TIFOSO VIOLA ALLO STADIOCi provano e ci riprovano da decenni, ma i politici che cercano di farsi belli col calcio, di solito finiscono nel pallone. Nel corso del tempo se ne sono viste di tutti i colori. Lo juventinissimo sindaco di Roma Walter Veltroni che si infila una sciarpa giallorossa nella domenica dell'ultimo scudetto romanista e l'indomani Massimo D'Alema che chiosa: «Io non me la sarei mai messa». Il posatissimo segretario del Pci Palmiro Togliatti, che appena risvegliato dall'intervento chirurgico seguito al famoso attentato del 1948, come prima cosa, chiede: «Che ha fatto la Juventus? ».
Una settimana fa è toccato a Matteo Renzi. Inseguito da una telecamera per le strade di Roma, il presidente del Consiglio si è lasciato «sfuggire» qualche battuta spiritosa sulla imminente finale di Coppa Italia: «La coppa la consegna sempre il presidente del Senato? Ma se vince la Fiorentina, la coppa la voglio io» e per ottenerlo «rimettiamo in discussione l'abolizione del Senato...».
RENZI E MALAGO'Battute paradossali, senza intenzionalità, ma poi sabato, le immagini televisive dall'Olimpico hanno fissato il presidente del Consiglio col viso incerto: «Siamo rimasti, perché noi, a quella gente, il calcio non glielo lasciamo», ha spiegato successivamente il premier, anche se qualcuno - come Claudio Velardi, ammiratore di Renzi - ha fatto notare: «Volevamo vedere un leader in azione nella prima vera emergenza che gli si è parata davanti». Non era semplice trasformarsi in capo militare nel giro di pochi minuti.
RENZI TIFOSO VIOLA ALLO STADIOAnche perché il calcio si stava presentando con le sembianze più inattese per gli appassionati, ma anche per i politici, che amano il pallone soprattutto se il pallone aiuta la loro popolarità. Il primo che se ne accorse era stato il duce. Correva l'anno 1934: l'Italia aveva organizzato i Campionati mondiali di calcio e Benito Mussolini non solo diede una intonazione fascista alla manifestazione, ma volle presenziare a tutte le partite dell'Italia, compresa la finalissima, poi vittoriosa.
MATTEO RENZI E DIEGO E ANDREA DELLA VALLE ALLO STADIOE fu il duce, a capire che, proprio lui, non poteva mancare nell'immagine fondamentale. Quella fissata dai cinegiornali e dai fotografi: la premiazione dei vincitori. Difficile quantificare quanta simpatia popolare guadagnò in quei giorni il duce, sta di fatto che gli storici hanno descritto quelli - per tanti motivi - come gli «anni del consenso».
Palmiro TogliattiMa se in dittatura è facile orientare il consenso, in democrazia il calcio può aiutarlo. O almeno così si è pensato a partire dagli anni della politica-spettacolo. Sandro Pertini che va alla finalissima deiMondiali 1982, pronuncia un labiale in mondovisione («Non ci riprendono più!») e poi apre l'aereo presidenziale alle telecamere, che immortalano le partite a scopone con Zoff, Causio e Bearzot. In quei giorni l'agnostico (nel calcio) Giovanni Spadolini si affaccia dal balcone di palazzo Chigi.
Claudio VelardiQuattro anni dopo Silvio Berlusconi acquista il Milan. È il 1986, mancano 7 anni all'ingresso in politica del Cavaliere, nulla lo lascia presagire, ma le successive vittorie ritagliano sul Cavaliere un'aura di successo che farà comodo al Berlusconi politico. E da quel momento è una slavina. Tutte le autorità, ogni volta che la Nazionale vince, si prendono un po' di luce riflessa. Ma oramai così fan tutti e nessuno se ne accorge più.
SANDRO PERTINI SILVIO BARBARA BERLUSCONI ALLEGRI ALLEGRI E BERLUSCONI