
DAGOREPORT – QUESTA VOLTA PAPA FRANCESCO HA RISCHIATO DAVVERO DI MORIRE, ED È STATO RIPRESO PER LO…
1. ASSAD: SI' CONTROLLO ARMI CHIMICHE. MA NON PER MINACCIA USA
Da www.ansa.it
Assad ha acconsentito di cedere il controllo delle armi chimiche grazie alla proposta russa, non per la minaccia Usa: lo riferisce Interfax citando un passo dell'intervista presidente siriano alla tv russa Rossia 24. Damasco inviera' documenti all'Onu per firmare un accordo per la messa sotto controllo internazionale delle armi chimiche: lo riferisce Interfax citando un passo dell'intervista del presidente siriano
L'Esercito siriano libero dei ribelli ha respinto con forza la proposta russa che prevede di mettere sotto controllo internazionale le armi chimiche del regime siriano. Lo ha annunciato il capo militare dell'Esl, generale Selim Idriss, in una dichiarazione filmata e diffusa su Youtube.
Fabius, regime Assad ha dato ordine massacro chimico - Per il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, non c'è alcun dubbio: "La realtà è chiarissima - ha detto alla radio RTL - c'è stato un massacro chimico. E' il regime di Bashar al Assad che aveva le armi e che lo ha ordinato".
"Soltanto il regime di Damasco aveva gli stock, soltanto il regime aveva i vettori, soltanto il regime aveva interesse" all'attacco chimico in Siria: lo ha detto il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, commentando alla radio RTL un intervento sul New York Times del presidente russo Putin che sostiene che le armi chimiche furono usate il 21 agosto dalle forze di opposizione. "Non è assolutamente questa la realtà . E' una versione che i russi portano avanti da molto tempo ma senza alcuna credibilità ".
Kommersant, il piano russo contro l'arsenale chimico - Il quotidiano Kommersant, citando una fonte diplomatica, indica oggi le linee essenziali del piano presentato ieri da Mosca a Washington per mettere le armi chimiche siriane sotto controllo internazionale e poi smantellarle. Le tappe ricalcano quelle gia' anticipate due giorni fa dall'ANSA.
Dopo l'accordo tra Usa e Russia sul piano gia' elaborato da Mosca, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon presentera' un rapporto a sostegno dello stesso piano, cui seguira' una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu dove Mosca vuole evitare ogni ultimatum e la minaccia del ricorso alla forza. Damasco dovra' aderire all'organizzazione per il divieto delle armi chimiche, come ha gia' promesso di voler fare, e dovra' dichiarare tutti i luoghi di produzione e stoccaggio delle proprie armi chimiche.
Quindi dovra' garantire libero accesso agli ispettori dell'organizzazione per il divieto delle armi chimiche che, sotto mandato Onu, verificheranno sul campo le dichiarazioni del governo siriano. Damasco dovra' accordarsi poi sul luogo in cui verranno distrutte tali armi coordinandosi con chi verra' incaricato della delicata operazione. Secondo la fonte del Kommersant, lo smantellamento dell'arsenale chimico siriano potrebbe essere effettuato congiuntamente da Usa e Russia nell'ambito dell'accordo sul disarmo Nunn-Lugar del 1991, rinnovato nel giugno 2013 da Obama e Putin a margine dell'ultimo G8, anche se in versione ridotta.
Appello alla cautela del presidente russo Vladimir Putin sul New York Times. A 24 ore dal discorso alla nazione del presidente americano Barack Obama, Putin sceglie il liberal New York Times per rivolgersi a Washington e agli americani e presentare la sua versione dei fatti sulla Siria. Spiegando come siano stati i ribelli a usare le armi chimiche, Putin afferma: la Russia ''non sta proteggendo il governo siriano ma la normativa internazionale''.
E mette in guardia sulle conseguenze di un potenziale attacco americano contro Damasco, che sarebbe, senza l'appoggio dell'Onu, un ''atto di aggressione'': si tradurrebbe in ''ulteriori vittime innocenti e in una escalation, potenzialmente ampliando il conflitto al di fuori dei confini della Siria. Un attacco aumenterebbe le violenze'' e causerebbe ''una nuova ondata di terrorismo. Metterebbe in pericolo gli sforzi multilaterali per risolvere il problema del nucleare iraniano e il conflitto israelo-palestinese'', oltre a ''destabilizzare ulteriormente il Medio oriente e il Nord Africa''.
Putin ribadisce che ''non c'e' dubbio che gas'' chimico ''sia stato usato in Siria. ma ci sono ragioni per ritenere - afferma il presidente russo - che non sia stato l'esercito siriano ma le forze dell'opposizione per provocare un intervento'' di potenze straniere che, cosi', ''si allineerebbero con i fondamentalisti''.
Secondo Putin ''non importa quanto l'attacco potrebbe essere mirato o condotto con armi sofisticate: vittime civili sono inevitabili, inclusi anziani e bambini, quelli che l'attacco dovrebbe proteggere''. Un attacco, oltre a peggiorare la situazione destabilizzando il medio oriente, sarebbe anche una violazione della normativa internazionale. ''Dobbiamo rispettare il Consiglio di sicurezza dell'Onu.
La legge e' la legge e va rispettata, che ci piaccia o meno. In base all'attuale normativa, l'uso della forza e' consentito sono per autodifesa o per decisione del Consiglio di sicurezza. Tutto il resto e' inaccettabile e rappresenterebbe un atto di aggressione''. ''Dobbiamo smetterla di usare il linguaggio della forza e tornare sulla strada della diplomazia. Una nuova opportunita' per evitare un'azione militare e' emersa negli ultimi giorni.
Gli Stati Uniti, la Russia e tutti i membri della comunita' internazionale devono trarre vantaggi dalla volonta' del governo siriano a mettere l'arsenale chimico sotto il controllo internazionale per una successiva distruzione Giudicando dalle affermazioni del presidente Obama, gli Stati Uniti considerano questa come un'alternativa all'azione militare''. Putin plaude all'interesse del ''presidente a continuare il dialogo con la Russia sulla Siria. Dobbiamo lavorare insieme per mantenere la speranza viva. Se possiamo evitare la forza in Siria, migliorera' l'atmosfera internazionale e si rafforzera' la nostra fiducia reciproca''.
2. MA SERVONO 75 MILA UOMINI PER SMANTELLARE L'ARSENALE - IL PENTAGONO: SI RISCHIA UNA CACCIA INFINITA COME IN IRAQ DOPO IL 1991
Francesco Semprini per "La Stampa"
«Attraente ma ingannevole». à questo il leitmotiv dei commenti di diversi esperti sulla proposta della Russia di porre sotto il controllo delle autorità internazionali gli arsenali chimici di Bashar al Assad. «Ci saranno complicanze tecniche notevoli», spiega Amy Smithson, esperto di armi chimiche del Monterey Institute. Secondo quanto riferisce il «Wall Street Journal», non sono pochi i diplomatici americani e europei convinti che Assad non fornirà la lista completa di siti e munizioni.
La «inspection unit» delle Nazioni Unite nota col nome di «Organization for the Prohibition of Chemical Weapons» (Opcw) ha fino a oggi presenziato alla distruzione di milioni di armi non convenzionali in sette Paesi del mondo. Tuttavia il monitoraggio e la messa in sicurezza di arsenali non convenzionali sono stati difficili in Paesi come Iraq, Corea del Nord e Iran, già in tempi di pace - avverte il «New York Times» - figuriamoci in un Paese che è entrato nel terzo anno di una guerra civile devastante».
A rendere il lavoro degli ispettori assai arduo è innanzi tutto la varietà di luoghi e strutture da passare al setaccio, fabbriche, bunker, magazzini. Secondo stime dell'intelligence occidentale sono 42 i «siti chimici» sul territorio siriano, ma in realtà se ne conoscono solo 19. Il negoziato in corso al Palazzo di Vetro dovrà poi fissare in maniera chiara quali armamenti devono essere dichiarati da Damasco dal momento che taluni, come batterie di artiglieria pesante, mortai, e lanciarazzi, possono essere armati con testate convenzionali oltre che chimiche.
E poi c'è il fattore sicurezza, operando in una zona di guerra, si impone il dispiegamento di forze di terra a protezione degli ispettori: secondo il Pentagono servirebbero almeno 75 mila soldati. Serve poi un congruo numero di esperti di cui l'Onu potrebbe essere sprovvista visto che sono solo 110 gli «ispettori chimici» col casco blu in tutto il Pianeta e il fattore sicurezza potrebbe minare il reclutamento di volontari.
Secondo gli strateghi americani, il rischio è che si ripeta una situazione simile a quella dell'Iraq dopo la Prima Guerra del Golfo del 1991, con gli ispettori impegnati per anni in una caccia senza fine per scoprire gli arsenali chimici e nucleari di Saddam Hussein. A Washington si vaglia un approccio simile a quello utilizzato dall'amministrazione di George W. Bush per il disarmo della Libia, iniziato nel 2003 e concluso con successo. «Allora però il colonnello Gheddafi decise di dichiarare praticamente tutto - spiega Paula DeSutter, uno dei supervisori di quella operazione - non credo che ciò si ripeterà in Siria».
3. «ASSAD HA UN ARSENALE ENORME DIFFICILE SMANTELLARLO DEL TUTTO»
Francesca Pierantozzi per "Il Messaggero"
Decine di siti per mille tonnellate di agenti chimici: «quello siriano è l'arsenale chimico più grosso del Medio Oriente, forse del mondo» dice Camille Grand, direttore della Fondazione francese per la Ricerca strategica, già consigliere al ministero della Difesa ed esperto di non proliferazione chimica e biologica. Ma aggiunge anche: smantellarlo è possibile.
Come giudica la proposta russa: una via d'uscita seria oppure una semplice manovra dilatoria?
«Tutto dipende da come sarà realizzata. à una proposta interessante, ma che esige da parte della Siria e dei Paesi che la proteggono, Russia e Iran, un impegno senza ambiguità . Occorre una risoluzione coercitiva, a norma del capitolo sette della Carta dell'Onu, che dica che c'è stato uso di armi chimiche, con un calendario preciso per lo smantellamento. La Siria deve accettare un controllo molto invadente».
John Kerry ha parlato di mille tonnellate di agenti chimici in mano ai siriani. Ã possibile stabilire con precisione la composizione dell'arsenale?
«Non ci sono dati ufficiali, ma stime dei servizi segreti. L'ordine di grandezza però è giusto, ed è enorme: quello siriano è l'arsenale chimico più importante di tutto il Medio Oriente. à stato concepito per fare la guerra e non per fare ricerca: non si parla di qualche centinaia di chili da usare in laboratorio, ma di razzi, granate, missili con testate chimiche. Le installazioni si trovano disperse in almeno una decina di siti, cosa che renderà il controllo ancora più difficile».
Come si svolge e quanto può durare lo smantellamento?
«Ci sono tre fasi. La prima, di alcuni mesi, è l'inventario. La Siria fornisce i dati - sostanze, armi, siti, laboratori - e gli ispettori dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche verificano. La seconda fase, anche questa di qualche mese, è quella della messa in sicurezza delle armi. Più niente deve entrare e uscire senza il permesso degli ispettori dai siti individuati, che vengono sigillati e protetti da videocamere. La terza fase è quella della distruzione. Può avvenire sul territorio siriano ma anche fuori. E' un processo che può durare anni. Il disarmo chimico dell'Iraq negli anni '90 è stato realizzato in sei-sette anni, in un paese che non era in guerra, con le autorità irachene costrette a collaborare».
Con quali costi?
«Tutto dipende alle condizioni. Direi diverse centinaia di milioni di euro, comprese tutte le operazioni di protezione dell'ambiente. In ogni modo, il costo del disarmo sarà sempre inferiore al costo di una guerra».
Non sanzionare l'uso delle armi chimiche siriane significa lasciare via libera all'atomica iraniana?
«Se la comunità internazionale non risponderà - intervento militare o meno - le conseguenze saranno molto gravi. Paesi come l'Iran e la Corea del Nord che hanno già acquisito grosse capacità nel settore nucleare si sentiranno più tranquilli. Sarebbe la fine di un tabù».
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