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IL POST DEL MOVIMENTO 5 STELLE CONTRO IL 2XMILLE (NEL 2014)
Jacopo Iacoboni per “La Stampa”
Aprile, 5, 2014. Post sul blog di Grillo. Titolo: «I partiti vogliono i soldi del tuo 2 per mille, il M5S no». Svolgimento: «Il M5S non è un partito, e ha dimostrato che non servono soldi pubblici per fare politica». Novembre, 30, 2021.
Voto online del M5S, il primo fuori dall’orbita Casaleggio, e il primo in cui Conte porta a casa qualcosa (e infatti esulta come a una finale mundial, «il principio della democrazia diretta è questo»): sì a stragrande maggioranza al due per mille (72 per cento, ma appena 33.967 votanti su 131.670 aventi diritto). Sipario.
beppe grillo gianroberto casaleggio
Giuseppe Conte alla fine si era spaventato perché il voto appariva incerto e aveva messo le mani avanti: «Se verrà approvata, bene. Se non verrà approvata, bene lo stesso».
Quindi bene, dai. Si compie infine, anche formalmente, l’ultima abiura: i soldi pubblici. Soldi, maledetti soldi. Il Movimento 5 stelle era nato sull’assunto pauperistico di Gianroberto Casaleggio, «saremo i nuovi francescani», dicevano lui e Grillo. Facevano le marce della povertà, tra vegani e naturisti scettici sulla scienza. Qualcuno si presentò, neoeletto a Palazzo Madama, in sandali (Carlo Martelli).
Altri, quasi per contrappasso, la prima cosa che fecero una volta eletti in Parlamento è comprarsi la moto potente. L’articolo 22 dell’attuale Statuto ancora recita: «Il finanziamento delle attività politiche è costituito dalle erogazioni liberali degli eletti e di ogni altra erogazione liberale proveniente da campagne di autofinanziamento».
giuseppe conte luigi di maio foto di bacco (1)
Fine. E dunque ora bisognerà cambiare Statuto, ma sarebbe il meno; bisognerebbe poter cambiare la storia, il passato non meno che il futuro, del Movimento fondato da Casaleggio e Grillo e finito a Conte e ai suoi avvocati. Intanto, perché sui soldi da restituire («erogazioni liberali degli eletti») si scatenò una discussione degli albori, e sarebbe ingeneroso accollarla all’avvocato del popolo.
GRILLO CASALEGGIO CONTE BY OSHO
La comunicazione M5S smentì, ma i big grillini almeno dal 2015 erano occupatissimi a dibattere su come cambiare la regola che impediva di prendere/spendere soldi pubblici. L’idea insomma veniva da lontano. C’era un sito, tirendiconto.it, dove i parlamentari erano tenuti a pubblicare quanto restituivano e quanto spendevano, che a un certo punto rimase talmente indietro con le rendicontazioni che alla fine (agosto scorso) fu chiuso.
Del resto la sua vita era stata abbastanza grama, aveva generato polemiche su quanto spendeva Paola Taverna di telefono (17mila euro?), sui parlamentari che si facevano rimborsare 90 centesimi di caffè, su mancati scontrini e spese incredibili per i taxi, sui soldi incassati legittimamente da Di Maio e Di Battista, circa undicimila al mese, tra parte fissa e rimborsi di stato: non proprio i 2500 che proclamava Grillo nello Tsunami Tour.
Nel «Comunicato politico numero quarantacinque» sul blog, quando ancora i cinque stelle vivevano di radiosi ideali, il comico ordinò: «Ogni eletto percepirà un massimo di tremila euro di stipendio, il resto dovrà versarlo al Tesoro, e rinunciare a ogni benefit parlamentare, iniziando dal vitalizio».
beppe grillo con gianroberto e davide casaleggio
Le cose poi sono andate diversamente. Il taglio dei soldi serviva solo a uno show. Come il no euro, il sì gilet gialli, il no Macron, il no al doppio mandato. Nel febbraio 2019, in piena epoca contiana, fu organizzata una giornata intitolata “Restitution day”, con i media convocati per assistere a tale evento: parlamentari 5 stelle in piazza Montecitorio dietro un assegnone con su scritto due milioni, la miglior propaganda a costo zero della storia o la montagna che aveva partorito un topolino?
GIANROBERTO CASALEGGIO E BEPPE GRILLO FOTO LAPRESSE
Davide Casaleggio presiedeva l’Associazione Rousseau, che gestiva processi virali del M5S e il voto online, e alla quale i “dipendenti del popolo” erano tenuti a versare 300 euro mensili a testa.
Soldi pubblici. Il tabù era caduto da un pezzo, ora si ratifica: come sempre, ex post. A questo punto c’è chi minaccia nuovi partiti (Di Battista), ci sono eletti che avvertono che faranno cause e chiederanno indietro i soldi pubblici che loro avevano restituito, qualcuno si è portato avanti (Nicola Morra, rivuole dal Senato soldi trattenuti dopo la sua cacciata dai 5 stelle).
La torta del due per mille nel 2019 era stata neanche 19 milioni (7,4 al Pd, 2,3 alla Lega, 2,1 a Fratelli d’Italia, 726mila euro a Italia Viva). Niente di che, se pensate a tutto il can can armato da quella fallace, e ormai sbiadita promessa francescana che fece credere alla fine della casta.
beppe grillo davide casaleggio giuseppe conte 3di maio conte beppe grillo funerali di gianroberto casaleggio 6
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