QUESTA VOLTA LA “PITONESSA” L’HA FATTA FUORI DAL VASO: IL “CHISSENEFREGA” LANCIATO A GIORNALI…
Ilario Lombardo per la Stampa
Quello che oggi succederà alla Camera è la premessa di una scissione imminente. Circa venticinque deputati del M5S meditano di affossare la legge che taglia 345 parlamentari. Legge, arrivata oggi alla definitiva lettura, che è stata la condizione posta da Luigi Di Maio per la nascita del governo con il Pd.
I numeri dei dissidenti potrebbero anche salire a trenta. Per molti di loro, il voto è un pretesto per aprire la breccia che porterà all' esodo. In queste ore gli smartphone dei grillini non hanno pace. Telefonata dopo telefonata si sono sondate le intenzioni. Francesco Silvestri, candidato al ruolo di capogruppo, è stato messo al corrente. Di Maio sa tutto. Non solo. Pure il Quirinale è stato informato e filtra una certa preoccupazione del presidente Sergio Mattarella.
Ma osservatori interessati sono anche i partiti di centrodestra. Potrebbero essere loro a dare il colpo finale. Sulla carta tutti sono favorevoli al taglio, anche Lega, FdI e Forza Italia.
Ma Matteo Salvini, prima di votare sì, ha dato ordine alla Lega di capire se la maggioranza è autosufficiente. Per l' ok alla legge servono 316 voti su 630 deputati. Il giorno della fiducia a Giuseppe Conte, la maggioranza giallorossa contava 343 parlamentari a Montecitorio.
Qualche assenza studiata nel Pd, più i grillini ribelli potrebbero comportare un serio problema, soprattutto se i leghisti dovessero abbandonare l' Aula e lasciare la maggioranza a sbrigarsela da sé. Molto dipenderà se qualcuno farà una dichiarazione aperta di dissenso. Verrebbe letto dal centrodestra come uno spiraglio. Sempre che una capigruppo convocata all' ultimo non decida di rinviare, per evitare la figuraccia a 5 Stelle e governo.
Se i numeri non reggeranno all' urto, la legge verrebbe affossata. Ma anche se dovesse passare con la teatrale opposizione di eletti del M5S, si immortalerebbe la plastica rivolta contro Di Maio. Lo strappo rappresenta un paradosso deflagrante. Perché proprio nel Movimento che ha trascinato i riottosi alleati dem a dire sì, si alzerebbero le mani di chi voterà contro. Per rovinare la festa al capo politico. E prepararsi a lasciare i 5 Stelle.
Ma non tutti coloro che hanno espresso la loro contrarietà molleranno il M5S. Ieri si sono esposti in due. Andrea Colletti ha fatto un lungo elenco delle cose che non vanno, dai senatori a vita alla rappresentanza regionale: «Ho grosse difficoltà a votare il ddl costituzionale».
«Di luci e ombre» ha parlato Gianluca Vacca, ex sottosegretario. In un post che è quasi una sconfessione dell' eterno slogan di Di Maio: «Una modifica così delicata non può essere liquidata con un semplice "Tagliamo le poltrone"». Bisognerebbe interrogarsi anche se l' Italia «ha veramente un numero di parlamentari spropositato rispetto al numero di abitanti».
Tra gli effetti distorsivi che in tanti hanno segnalato c' è anche questo. L' Italia dalla testa della classifica finirebbe in coda ai Paesi europei per rappresentanza in Parlamento. Un tema che andava affrontato meglio, secondo i grillini in dissenso, convinti che bisognava intervenire di più sui regolamenti ed evitare una battaglia molto mediatica ma che porta pochi risparmi. Roberto Cataldi, avvocato, ha pubblicato sul sito del suo studio legale un sondaggio sull' opportunità di una legge di questo tipo. Vacca non ha agguantato la riconferma nel governo e come lui ci sono altri a essere rimasti scontenti e pronti a scelte radicali. Mercoledì mattina Giorgio Trizzino è stato sentito sfogarsi così nel cortile della Camera: «Nel M5S vincono le cordate non la meritocrazia. Qui non mi sento più a casa».
Trizzino, medico, è stato prima in corsa come possibile ministro della Salute, poi come questore. La ribellione salda malumori di diverso tipo, non tutti coordinati. Tra di loro però c' è un gruppo di almeno 15 deputati che da qui alle prossime settimane si tiene pronto alla scissione. Con un programma asciutto di pochi punti, tra cui la legge proporzionale e una reale democrazia interna.
Farebbero un gruppo autonomo, cercando di diventare a loro volta attrattivi nell' area dei progressisti per spegnere le sirene renziane e puntellare il governo. Il voto sulla riduzione dei parlamentari è lo "stai sereno" lanciato a Di Maio.
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