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Emanuele Buzzi per il ''Corriere della Sera''
Un «no» secco, perentorio, che indirettamente spalanca le porte a nuovi scenari.
Luigi Di Maio impegnato nel suo ruolo da ministro degli Esteri, intento a ridisegnare il Movimento 5 Stelle in vista degli Stati generali (con voci sempre insistenti su un suo possibile «strategico» passo indietro in vista di una nuova «gestione collegiale») chiude la porta a uno dei ruoli chiave che finora ha occupato.
Il leader dei Cinque Stelle non sarà più tesoriere del Movimento. Secondo l' articolo 12 dello statuto dell' associazione che regola la vita pentastellata «il tesoriere è il rappresentante legale del Movimento 5 Stelle in tutte le attività economico-finanziarie, ha la responsabilità della gestione amministrativa e della politica finanziaria del Movimento 5 Stelle e ne apre e gestisce i conti correnti bancari e postali». E soprattutto «è rieleggibile per non più di due mandati consecutivi».
In teoria, quindi, Di Maio potrebbe mantenere la carica che ricopre dal 2017 e che scade a settembre di quest' anno.
LUIGI DI MAIO - DAVIDE CASALEGGIO - PIETRO DETTORI
Ma non lo farà. «No», ribadisce chiaro a chi gli chiede se abbia intenzione di mantenere il ruolo, a dimostrazione che il leader sta studiando cambiamenti. Non a caso ieri in campagna elettorale in Calabria, Di Maio ha rilanciato gli Stati generali M5S di marzo e ha sottolineato che «il solo capo politico non ce la può fare» a guidare il Movimento e che la kermesse sarà il luogo «per mettere finalmente in piedi una nuova Carta dei valori e un' organizzazione più efficace».
All' attesa manifestazione pentastellata non sarà presente il premier Giuseppe Conte, che negli ultimi mesi ha riscosso diversi apprezzamenti tra le fila dei Cinque Stelle. Una distanza che in ambienti governativi leggono come implicita. «Gli Stati generali non sono una festa come Italia 5 Stelle, ma un momento di riflessione interna a un partito», commentano fonti di Palazzo Chigi. Intanto si registra un incontro giovedì scorso - non confermato dall' entourage del presidente della Camera - tra Roberto Fico e lo stesso Di Maio.
In attesa che si organizzino gli Stati generali il Movimento continua a vivere di fibrillazioni. Tra lunedì e martedì potrebbero arrivare le espulsioni. «Una decina», sostiene il capo politico. Ma, secondo fonti parlamentari, diversi deputati e senatori sui 35 raggiunti dalle lettere dei probiviri sarebbero corsi ai ripari nelle ultime ore cercando soluzioni «di clemenza». E il numero di «cacciati» potrebbe dunque calare. Domani su Rousseau si voteranno i facilitatori regionali, si sceglieranno i progetti a cui destinare i fondi delle restituzioni e, soprattutto, si decideranno i candidati governatori per le Regionali in Toscana, Puglia e Liguria. Proprio in Liguria ieri c' è stata un' assemblea molto combattuta.
Come nelle Marche (dove Di Maio e Danilo Toninelli hanno imposto la corsa in solitaria), si discute della possibilità di allearsi con i dem e le civiche. Una situazione che rischia di diventare paradossale una volta scelto il nome del governatore. In Veneto, invece, il ministro Federico D' Incà ha lanciato la sua proposta all' assemblea: votare su Rousseau - dopo l' esito delle Regionali in Emilia-Romagna - se dar vita a un asse con Pd e liste civiche. I più sono orientati alla corsa in solitaria, ma il sasso gettato dal ministro ha scosso e diviso la platea. Tensioni oramai non più carsiche e che il Movimento, per continuare a esistere, dovrà affrontare.
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