DAGOREPORT - INTASCATO IL TRIONFO SALA, SUL TAVOLO DI MELONI RIMANEVA L’ALTRA PATATA BOLLENTE: IL…
Filippo Ceccarelli per Repubblica
La politica estera è una cosa seria. E anche l'economia, non c'è dubbio. Ma una donna ferita, nell'uno e nell'altro ambito, si configura come un contrappasso che Silvio Berlusconi, dongiovanni compulsivo, dovrebbe ormai conoscere e riconoscere.
E invece ci casca ogni volta. Ieri l'ultima, a luglio la penultima.
Aveva detto, l'incauto, alla Bild: «Con la signora Merkel ho un cordialissimo rapporto, la stimo per la sua franchezza, la sua serietà , la sua competenza» e via dicendo. Il tempo di leggere l'intervista e dalla cancelleria il portavoce emanava la più fredda delle precisazioni: da quando Berlusconi ha smesso di essere premier non ci sono più contatti per cui, proseguiva il comunicato, non può esserci un rapporto cordiale.
E' un problema di questo tempo ridurre gli affari di Stato a questioni personali. Ma quando si torna indietro a riesaminare la cronaca si scopre che almeno sul momento non solo ai giornalisti è richiesto di occuparsi anche di faccende parecchio umane, ma in questo i leader offrono continui spunti. Con il che, nel caso specifico, la narrazione non può ignorare che all'inizio il presidente italiano faceva come sempre il galante, o se si vuole il galletto, e non è che gli riuscisse poi così male.
Attenzioni, sorrisetti, regalini, questi ultimi a voler essere maliziosi anche temerari. Però ben accetti. Così, a un G8 in Giappone (luglio 2008) Berlusconi si portò dall'Italia una pacco-dono con un gran salame infiocchettato con nastro tricolore. Lei non se l'aspettava, «non ho nulla per te - gli disse - solo buone parole e un bacio».
E bacio fu, sulla gota incipriata del Cavaliere, per la gioia del sistema mediatico planetario.
I seduttori sfidano volentieri le norme del protocollo e ancor più quelle del buonsenso. Perciò quattro mesi dopo il salame, in un vertice a Trieste Berlusconi, nascosto dietro un pennone, si produsse nel celebre cucù. E seppure tutto spinge a ritenerlo un'abietta risorsa, è anche vero che Merkel non è che si dispiacque di quella sorpresina da
puer aeternus, affidando la sua reazione a un «oooh Silvioooo!», con sorriso e ulteriore bacetto.
Poi si sa come vanno queste cose, almeno tra maschi (un po' fessi). In Russia fu prodotto un cartone animato, Multlichnosti, in cui si vedeva Berlusconi che recava a Putin una torta da cui saltava fuori Merkel. E passi. Molto meno, passi, la volta in cui lui fece aspettare lei, in piedi su una scalinata, mentre Silvio passeggiava assorto con il telefonino all'orecchio, un minuto, due minuti, Angela prima divertita, poi leggermente incredula, quindi un po' scocciata. L'irrinunciabile conversazione era per convincere Erdogan, il turco. Ma come crederci?
Di buono la crisi economica ha che mette fine al regime dei pubblici intimismi e delle smancerie meta-diplomatiche. Così da un certo punto in poi, le relazioni tra Italia e Germania tornano ad essere quelli, essenziali e tendenzialmente aridi, di cui si legge sui libri di storia. In estrema sintesi a Merkel interessa solo che Roma, dove c'è un evidente deficit di credibilità politica, si sbrighi a prendere delle misure e le applichi seriamente.
Siamo nella primavera del 2011. Berlino insiste, Palazzo Grazioli traccheggia, come al solito. La cancelliera continua a insistere, chiede manforte a Sarkozy, ne parla con Obama, usa toni sempre più perentori, non ha alcuno scrupolo nel mostrare che il suo è un pressing umiliante. Quando in estate le dicono che Berlusconi non si vede a Roma da 23 giorni perde la pazienza: allora lo scavalca, telefona a Napolitano, nei meeting non vuole stare negli stessi alberghi, evita di farsi fotografare con lui. Quell'uomo le trasmette ormai un sentimento del tutto sgradevole, un misto di ansia, diffidenza, imbarazzo, preoccupazione, forse anche delusione.
Povera Merkel, le ragioni personali sono destinate a fare di nuovo capolino. La cancelliera non sa che nel frattempo l'attempato bellimbusto italiano, del tutto ignaro di essere intercettato, al telefono con il suo ruffiano di fiducia si cruccia di doverla incontrare e intanto la qualifica nel modo volgare che tutti sanno, ma che mai finora ha trovato una certificazione ufficiale nelle carte di quell'immonda inchiesta.
Si sfiora l'incidente diplomatico. In futuro se ne saprà di più. Ma quando a Bruxelles, il 23 ottobre 2011, Merkel e Sarkozy cercano di metterlo alle strette, ha ricostruito poi il
Wall Street Journal, il Cavaliere si appisola. Questo spiega le risatine tra i due dinanzi alla domanda: avete visto Berlusconi? Vi ha rassicurato? La vendetta, a volte, è un piatto caldo e piccante. Lo sberleffo mondiale è l'esatto ribaltamento della diplomazia del cucù.
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