DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Cristiana Lodi per “Libero Quotidiano”
Nessuna sentenza ancora, ma se Tonino e consorte non impugneranno in tempo, saranno dolori. Due milioni e 694mila euro di rimborsi elettorali da restituire al movimento dei riformisti di Achille Occhetto e Giulietto Chiesa, che alle Europee del 2004 era alleato all'Italia dei Valori.
Quaranta giorni. Poi tempo scaduto, dottor Antonio Di Pietro?
«C'è un decreto ingiuntivo. Non una sentenza come hanno titolato a nove colonne i soliti organi d'informazione, per i quali è già pronta querela. Ovvio: hanno falsamente scritto che io sarei addirittura stato condannato a versare soldi rubati».
Invece, com'è andata?
«Ho semplicemente ricevuto un decreto ingiuntivo dal Tribunale di Roma. Su richiesta di Giulietto Chiesa e, soltanto sulla base della sua errata prospettazione, mi ha ingiunto di pagare la somma di circa due milioni e 700mila euro. Lo stesso Tribunale (come prevede la legge) ha disposto che ho diritto di proporre opposizione contro il decreto nei prossimi quaranta giorni. Io l'impugnazione, ce l'ho già pronta.
Si farà un processo ordinario in cui il giudice dovrà ascoltare anche la mia versione dei fatti. E visionare la insuperabile documentazione a disposizione e a mio favore. Documenti che dimostrano la totale infondatezza della richiesta e la nullità del decreto».
Che storia è mai questa? Una come tante. Se non fosse che l'ingiunto, come si dice nel freddo linguaggio giudiziario, di nome fa Antonio Di Pietro. Il simbolo di Mani pulite. Il magistrato che, grazie a quell'inchiesta, divenne il più osannato d'Italia. Nel bene e nel male come si può leggere in Novantatré (l'anno del terrore di Mani pulite), scritto da Mattia Feltri per Marsilio. All'epoca di Tangentopoli, due italiani su tre si dichiaravano dipietristi e (avessero potuto) sarebbero stati pronti a farlo presidentissimo e perfino Papa. Nonostante (Benedettiddio, per usare il suo vocabolario) i congiuntivi zoppicanti, le espressioni terra terra e i neologismi che ci azzeccano ma anche no.
Dice di essere un uomo delle istituzioni.
«È così».
Da ex poliziotto, ex politico, ex magistrato (non un pm qualsiasi ma di Tangentopoli), che effetto le fa oggi dover rendere conto a un giudice che le ordina di restituire i soldi a chi l'accusa di averli rubati al partito?
«Dov'è la novità? Non è la prima volta che mi accade di dovermi difendere davanti a un Tribunale. Fra procedimenti penali, civili e amministrativi, questa è la numero 463. Non solo, nel caso specifico, diverse altre volte Giulietto Chiesa e il suo avvocato hanno richiesto e provvisoriamente ottenuto decreti ingiuntivi simili a questo che ho appena ricevuto. E che io e mia moglie abbiamo impugnato e smontato punto su punto. Nonostante questo, però, Giulietto Chiesa insiste. E ci riprova. La sua smania di denunciarmi non si arresta. Sarò costretto a denunciarlo per stalking giudiziario».
Giulietto Chiesa le fa stalking giudiziario. Ho ben capito?
«Sì, si chiama stalking giudiziario».
E gli altri 462 procedimenti a suo carico? Perseguitato quasi come Silvio Berlusconi?
«Alt! Chiarisco: lui si dice perseguitato e incolpa i magistrati di avergli fatto la guerra».
Lei invece, che oltretutto la guerra alle tangenti l'ha fatta in prima persona? Come si definisce?
«Io dico: per fortuna esistono i magistrati capaci di fare emergere la verità. Perché, vede... è semplice: basta essere innocenti. E allora il giudice è una manna piovuta dal cielo. Aggiungo: nei miei confronti sono stati fatti dossieraggi deplorevoli. Mi hanno denunciato da destra a sinistra passando per il centro. Quando facevo il magistrato e il politico, non passava giorno senza che venissi ostacolato nel mio lavoro perché venivo chiamato a difendermi dalle accuse di qualcuno. Eppure, com'è finita?».
Come?
«Che io sono stato prosciolto, mentre chi mi ha denunciato o ha determinato l'apertura di un procedimento nei miei confronti si è beccato la condanna per calunnia o diffamazione».
Chi tocca Di Pietro muore?
«No, è diverso: male non fare, paura non avere».
Tutti chiusi, a oggi, i procedimenti nei suoi confronti?
«Macché, ne restano ancora un centinaio. Ma ripeto: male non fare... Semplice. No? E nel caso delle accuse che mi hanno mosso Chiesa e Occhetto, sono pronto a rendere pubblici gli altri provvedimenti (giudiziari, amministrativi, contabili e parlamentari) che hanno smentito e di nuovo possono annullare le loro assurde pretese.
Mi riferisco per esempio all'attestazione allegata all'accettazione della candidatura per l'elezione al Parlamento Europeo sottoscritta (davanti ad un notaio) dagli stessi Chiesa e Occhetto in occasione delle stesse elezioni del 2004.
Nell'attestazione è scritto nero su bianco che "compete all'Italia dei Valori (in quanto partito) il diritto a richiedere e usufruire dei rimborsi di cui alla legge 157/99 e legge 156/2002 (ossia i rimborsi elettorali all' epoca vigenti)". Le loro pretese sono dunque nulle. I soldi (per legge) vanno ai partiti e non alle associazioni».
Torniamo a Berlusconi.
«Domenica era il mio compleanno. E non ho ricevuto gli auguri che ha ricevuto lui per il suo».
ANTONIO DI PIETRO MAGISTRATO FOTO LAPRESSE
Dispiaciuto?
«Arrabbiato».
È noto a tutti: lei è un uomo di destra che ha militato a sinistra solo perché dall'altra parte c'era Berlusconi. Adesso che lui è stato esonerato dalla politica attiva?
«Quello che si è messo da parte davvero, in realtà, sono io e non lui. Che invece dovrebbe farlo. Seriamente. Ripeto: Berlusconi (compiuti questi 80 anni) si metta da parte e lasci spazio ai giovani».
Di recente lei ha dichiarato di essere stato un disastro come politico. Per questo ora parla così?
«Io non ho dichiarato di avere fallito. Semmai dico che la politica è inscindibile dal tradimento e dal continuo approfittare di tutto e di tutti».
ANTONIO DI PIETRO CONTADINO FOTO DA CHI
Meglio fare il magistrato allora che non il politico?
«Sono stato costretto a smettere di fare il magistrato, per difendermi dalle accuse. Ritengo che anche un magistrato sia legittimato a fare politica. La Costituzione lo prevede. Ma non condivido che una volta sceso in politica, l'ex magistrato possa tornare a indossare la toga.
Credo anche non sia sufficiente l'avviso di garanzia a far sospendere l'attività politica. Può anche esserci proscioglimento. Davanti al rinvio a giudizio, alla richiesta di processo, il politico deve invece lasciare. Io sono addirittura stato eccessivo e fin troppo rigoroso nell'applicazione di questa regola su me stesso. Mi è bastato il Modello 21, l'iscrizione nel registro degli indagati, per lasciare il mio lavoro. In dodici ore».
ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI
Adesso cosa fa?
«Il presidente della società autostradale Pedemontana. E soprattutto il contadino. Come alle origini».
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