
DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA…
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Apparentemente, tutti contenti del "cappotto" della classe dirigente locale del Pd su quella, sempre locale, del centrodestra. Contenti i vertici del Pd perché finalmente registrano una vittoria piena proprio perché si sono spesi poco in campagna elettorale, contento Letta perché pur venendo dalla Dc e pur essendo nipote di suo zio, il Pd e' ufficialmente il suo partito, contento Berlusconi Silvio perché ha avuto l'ennesima dimostrazione che senza di lui in campagna elettorale il Pdl non esiste.
Ma sotto i sorrisi si affilano i coltelli. Nel Pd la vittoria alle amministrative butta benzina sullo scontro interno per la guida del partito: se Renzi sta a Letta come Veltroni stava a D'Alema, e' più difficile che il governo possa sopravvivere al congresso soprattutto perché se a vincere sarà il sindaco di Firenze il quale ha, d'intesa con D'Alema, una missione prioritaria.
Eccola: indurre a miti consigli il duo Letta/Franceschini prendendo in mano il partito e trasformandolo in un plebiscito per se stesso e in un referendum per il governo intorno a questa domanda, "per il Pd e' meglio proseguire con un governo insieme al nemico storico, Berlusconi Silvio, oppure tentare un governo di centro sinistra, anche con i transfughi dei grillini che ormai si stanno schierando sul confine pronti ad attraversare il Rubicone in nome di governabilità e senso di responsabilità ma soprattutto per non provocare lo scioglimento delle Camere e mantenere lo stipendio da parlamentare sia pure ridotto?"
Intanto Prodi Romano, che ritiene persino plausibile che i voti dei franchi tiratori Pd contro di lui nell'elezione per il Quirinale possano essere stati non 101 ma 131 perché una trentina di grillini nel segreto dell'urna potevano aver votato per lui, osserva da lontano apparentemente distaccato e sempre molto incazzato ma pronto a riprendere il pullman pur di "spezzare le reni" ai nemici Pd, che ritiene di aver "definitivamente individuato".
L'altro fronte. Il "cappotto" brucia sul Pdl e aiuta gli incendiari che buttano benzina sul fuoco in attesa della fatidica data del 19 giugno per dare definitivamente fuoco alle polveri se non ci dovesse essere una pronuncia che salvi il capo supremo o almeno gli dia ancora tregua.
In effetti i ballottaggi rovinosamente perduti non hanno fatto che consolidare le visioni dei due grandi filoni che si fronteggiano nel Pdl, persino al di la' delle vicende giudiziarie del capo: il partito di lotta (capeggiato da Verdini, Santanche', Capezzone, Fitto, Letta e Brunetta) e il partito di governo che non indietreggia di un millimetro per difendere il governo sino alla rottura con gli incendiari, se fosse necessaria (Alfano, Lupi, Schifani, Cicchitto e tutti quelli che sono al governo).
In mezzo, gruppuscoli e correntine alla ricerca di capire dove collocarsi per avere migliori tutele. Ma tutto lascia presagire che fra qualche mese, sulla base anche dei risultati elettorali di ieri, nulla sarà come prima anche nel Pdl, oltre che nel Pd.
Tra le correntine che si agitano ci sono anche Casini Pierferdinando e Cesa Lorenzo, anche se sono ufficialmente separati in casa. Il primo sta vicino a Monti Mario e strumentalizzarlo il più possibile in attesa di tempi migliori, il secondo minaccia il congresso dell'Udc ma punta alle elezioni europee del maggio 2014 per spuntare una candidatura con il Pdl.
Tenendo conto che l'elettorato li ha ormai dimenticati, e' presumibile che i due possano anche separarsi tatticamente, marciare divisi per colpire uniti scaricando le zavorre che avevano appesantito l'Udc e provando a salvare se stessi.
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