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Tomaso Montanari e Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano"
La parola più presente è "omissioni". La cifra più evidente recita 600.000 euro, denari che secondo la Corte dei conti il sottosegretario ai Beni culturali Roberto Cecchi dovrà restituire integralmente allo Stato per l'acquisto del presunto Cristo ligneo di Michelangelo, crocifisso che da sacro, si è rapidamente trasformato in profano. Nella richiesta di rinvio a giudizio per Cecchi parole dure e la sensazione che patrimonio storico-artistico e paesaggio della nazione siano nei guai.
"L'architetto Cecchi quale responsabile del procedimento e del provvedimento ha omesso di compiere un'istruttoria completa, omettendo indagini sulla storia e provenienza del bene e omettendo di acquisire un più ampio riscontro critico sull'attribuibilità dell'opera (...), nonché ha omesso di motivare (...) il corretto impiego delle risorse del bilancio ministeriale".
La procura Regionale del Lazio della Corte dei conti descrive il "super-tecnico-a-prova-di-bomba" al quale è stato affidato il tutoraggio del ministro Lorenzo Ornaghi, a digiuno, per così dire, di Beni culturali. Ed è una descrizione impietosa. L'atto di citazione che manda a processo Cecchi, la soprintendente di Firenze Cristina Acidini, e i quattro membri del Comitato tecnico-scientifico presieduto da Marisa Dalai Emiliani non si risparmia niente. "Nulla è stato rinvenuto circa la storia e provenienza del crocifisso" si legge e "non è stato avviato il confronto tra gli studiosi".
E "se tale elementare precauzione fosse stata adottata, sicuramente l'amministrazione" avrebbe scoperto che l'Ente Cassa di Risparmio di Firenze aveva rinunciato all'acquisto del legnetto abusivamente associato al nome di Michelangelo. E poi, su quali basi Cecchi ha fissato la cifra sborsata dalle casse dello Stato? "La spesa pubblica sostenuta per l'acquisto del crocifisso ha una dimensione economica irragionevole che, quindi, rappresenta un danno per il pubblico erario". Ma quanto vale il Crocifisso? Interpellato dai magistrati contabili, Donald Johnston (responsabile internazionale dellascultura per Christie's) l'ha stimato in 85.000 euro.
Il che vuol dire che Cecchi e i suoi coimputati avrebbero gettato dalla finestra 3.165.000 euro dei cittadini italiani. Ma la riga forse più dirompente dell'atto di citazione è quella che constata, in modo asciutto, che "attualmente il crocifisso è collocato in magazzino e non fruibile al pubblico". Un'opera esibita davanti al Papa e al capo dello Stato ora condannata alla solitudine di un deposito.
Con quanta autorevolezza Cecchi potrà occuparsi dei rapporti tra pubblico e privato (a proposito del Colosseo, mettiamo)? Come farà a prendere decisioni sul cruciale Polo museale fiorentino, retto da una sua coimputata, la Acidini? Come farà a gestire le finanze del Mibac a cui è accusato di aver fatto perdere milioni? Con quale serenità potrà pensare all'interesse di tutti, dovendo contemporaneamente difendere il proprio in tribunale? La palla è al ministro Ornaghi. Dovrà battere un colpo. Se esiste.
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