RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Giuseppe Liturri per la Verità
IL PREMIER OLANDESE RUTTE CON MARIO DRAGHI
«Gli uomini fanno i progetti e gli dei sorridono». Se in questa celebre frase dello scrittore israeliano Meir Shalev provate a identificare gli uomini con Paolo Gentiloni e Mario Draghi e gli dei con i ministri delle finanze di otto Paesi «frugali», avrete la plastica rappresentazione di cosa sia in arrivo da Bruxelles nei prossimi mesi.
Ieri e avantieri si sono tenuti l'Eurogruppo e il consiglio Ecofin informale - organizzati dalla presidenza di turno slovena del Consiglio - ed è stata l'occasione per avere un'idea del «sorriso degli dei».
Che hanno assunto le sembianze di un position paper con primo firmatario il ministro delle finanze austriaco Gernot Blümel, affiancato dai suoi colleghi di altri sette Paesi (Danimarca, Lettonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Finlandia, Olanda e Svezia) che, recitando il ruolo del poliziotto cattivo (sappiamo che quello buono ha sede a Berlino), hanno passato in rassegna i soliti mantra che credevamo finiti in soffitta a marzo 2020: «I trattati obbligano gli Stati membri a evitare e ridurre il deficit eccessivo il rapporto debito/Pil troppo alto deve essere ridotto».
IL PREMIER OLANDESE RUTTE E MARIO DRAGHI
«I sogni dei Paesi del Sud di un'Europa amichevole verso il debito, stanno diventando un incubo». Così il sito Politico.eu ha commentato in anteprima questo documento. E lunghe e dotte disquisizioni di Italia, Francia e Spagna a favore di una tempestiva revisione di quelle regole? Degne al massimo di un sorriso di compassione.
Anzi, i Paesi firmatari hanno dichiarato che l'unica revisione delle regole secondo loro possibile è quella di renderle più spedite ed efficaci nella loro applicazione. Ancora più tranciante la loro posizione con riferimento al tema della coincidenza tra riattivazione del Patto di stabilità e sua revisione. «Ci vuole tempo per discutere e migliorare il quadro delle regole del governo economico e tale discussione dovrebbe anche basarsi su ampie consultazioni da parte della Commissione. La qualità è più importante della velocità».
Con buona pace di quanti, Draghi e Gentiloni in testa, si sono più volte dichiarati fermamente contrari alla riattivazione di quelle regole senza prima aver messo mano alla loro riforma.
PAOLO GENTILONI E MARIO DRAGHI
Alberto Bagnai, senatore e responsabile economico della Lega, nota: «Questa è l'ennesima asimmetria europea: l'Ue prende tempo nel riformare sé stessa mentre ci propone scadenze brucianti per risolvere problemi complessi e stratificatisi nel tempo come quelli della giustizia e della pubblica amministrazione».
E aggiunge: «Per l'ennesima volta in occasione di uno snodo cruciale del dibattito europeo manca un position paper italiano. Questo consegna il nostro Paese a una posizione di subalternità negoziale inadeguata alle sue dimensioni e al suo ruolo nel progetto europeo. Si è persa una preziosa occasione di essere proattivi e propositivi a fronte di interlocutori che, trincerandosi dietro ovvietà come la necessità di ridurre il debito, propongono la strada dell'austerità anziché quella della crescita ed eludono il tema fondamentale, che è quello di avere regole basate su dati certi e non su stime arbitrarie».
Le regole del Patto di stabilità e crescita - entrate in vigore nel 1997 e poi riformate tra 2011 e 2013 - sono solo momentaneamente e parzialmente disapplicate per effetto della clausola generale di salvaguardia attivata a marzo 2020, che però dovrebbe essere disattivata nel 2023, costringendo già a fine 2022 a redigere una legge di bilancio che rispetti il vincolo della crescita della spesa e punti al conseguimento dell'obiettivo di bilancio di medio termine che, per l'Italia, equivale a un avanzo pari al 0,5% del Pil.Il comunicato finale emesso ieri pomeriggio non ha fatto esplicitamente cenno a questo documento, ma ha ribadito l'obiettivo di una graduale riduzione dei deficit pubblici senza però mettere a rischio la ripresa. Questa insanabile contraddizione dovrebbe essere risolta, secondo i ministri, utilizzando al meglio le risorse del Next generation Eu. Cioè il nulla o quasi. Basti pensare che Spagna e Italia - gli Stati più danneggiati dalla crisi innescata dalle misure di contenimento della pandemia da Covid - pur essendo i maggiori beneficiari in cifra assoluta, quando si passa a calcolare il beneficio in rapporto al Pil retrocedono ampiamente nella classifica.
Degne di nota anche le conclusioni dell'Eurogruppo - consesso che formalmente non decide nulla ma in cui si manifestano le volontà politiche più importanti - tenutosi venerdì. Il presidente Paschal Donohoe ha fatto impallidire i roboanti comunicati dei cinegiornali dell'Istituto Luce del Ventennio affermando che solo grazie agli sforzi della Commissione gli Stati membri hanno potuto vaccinare la loro popolazione. Peccato che, ancora a fine maggio, non c'era traccia dei Paesi Ue tra quelli con la maggiore percentuale di vaccinati. Ben consapevoli che, ogni volta che c'è una crisi, aumentano le divergenze economiche nella Ue, è stata presentata una relazione tecnica della Commissione che analizza l'impatto disomogeneo del Covid sui diversi Stati e le misure per migliorare la convergenza: la solita paccottiglia di strumenti dal lato dell'offerta (tasso di partecipazione alla forza lavoro, istruzione, digitale con una spruzzata di «green») che hanno fallito per dieci anni, con il Ngeu nel ruolo di «strumento chiave».
Nelle stesse ore il ministro dell'Economia Daniele Franco ha annunciato che per il 2021 debito e deficit miglioreranno rispetto alle previsioni del Def. Un chinare il capo inspiegabile che ci spinge a chiederci quale sia la sua strategia negoziale. Osiamo sperare che essa non preveda solo il piano A. Quello degli altri.
MARIO DRAGHI DANIELE FRANCODANIELE FRANCO MARIO DRAGHI
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