DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL…
Francesca Schianchi per "la Stampa"
Fino a sera si susseguono le riunioni. Prima tra democratici, per tentare (invano) di convincere i renziani a ritirare i loro emendamenti o perlomeno a condividere quelli di altri compagni di partito da loro considerati indigeribili («non li condividiamo, non li votiamo, e non ritiriamo i nostri», respinge al mittente la proposta il fedelissimo del sindaco di Firenze Matteo Richetti). Poi tra i relatori di maggioranza, per cercare un accordo sugli emendamenti, che in alcuni casi propongono cose molto diverse.
Prima ancora, lunedì sera, c'era stato un incontro con il ministro delle riforme Quagliariello, «stiamo cercando di limare le differenze», spiega il senso dell'incontro il relatore del Pd Emanuele Fiano. Grande attivismo attorno al ddl sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti in esame alla Commissione Affari costituzionali della Camera, che però rischia di non arrivare in Aula venerdì, come era stato previsto. Non bastava, a rallentare il percorso, la fatica di trovare punti di mediazione: ieri la fiducia sul decreto del fare ha pure bloccato il lavoro delle Commissioni e impedito l'esame dei 150 emendamenti presentati.
«Non perderemo un minuto e chiederemo di attivare le procedure di urgenza», assicura il democratico Davide Zoggia. Allo stop ferragostano mancano ormai meno di venti giorni, e la volontà dichiarata, dopo aver richiesto un supplemento di tempo per l'esame in Commissione, era quella di approvare il testo in Aula prima.
«Penso che ce la faremo a licenziare il provvedimento prima della pausa estiva: penso sia doveroso», si mostra ottimista il relatore Fiano. Anche perché altrimenti il premier Enrico Letta si è già detto disponibile a intervenire per decreto, deciso a voler evitare che il provvedimento finisca nel dimenticatoio: ancora ieri ha messo fretta ai partiti, ribadendo su Twitter che «non faremo passi indietro sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Il ddl che abbiamo presentato è una buona riforma. Perché bloccarlo?».
Almeno a parole, nessuno lo vuole bloccare. Ma, certo, tutti vogliono poter incidere sul testo. Ieri, i membri della Commissione Affari costituzionali del Pd si sono riuniti: la richiesta, quella di presentarsi con una posizione unitaria, solo con emendamenti condivisi. «Ma come? Sugli F35 si può votare in maniera diversa e qui no? Il punto di caduta massimo è questo, per cui abbiamo presentato una serie di emendamenti tutti insieme, e tre solo noi renziani.
Abbiamo raggiunto l'accordo sull'80% delle questioni, ma i nostri tre emendamenti qualificanti non li ritiriamo», sbotta la renziana Maria Elena Boschi, che insieme agli altri due deputati in quota sindaco di Firenze ha proposto di cancellare la possibilità di dare sedi ai partiti o spazi in tv. E che non è disposta a votare altri emendamenti di alcuni bersaniani: «Come quello sul cofinanziamento, o quello che propone un 2x1000 ponderato», elenca Richetti.
Distanti su alcuni punti le posizioni col Pdl, motivo per cui ieri sera Fiano e la relatrice degli azzurri Gelmini erano riuniti, presente anche il montiano Balduzzi, «facciamo un lavoro sereno sugli emendamenti», racconta lui. Il 2x1000 il Pdl lo toglierebbe, il Pd lo aumenterebbe al 2,5. Diversi i punti di vista sullo Statuto dei partiti. E poi i democratici vorrebbero un tetto alle donazioni di 100mila euro, che i pidiellini fisserebbero più in alto. Una corsa per trovare l'accordo. Oggi l'Ufficio di presidenza definirà i tempi di avanzata del testo.
Enrico Letta fabrizio saccomanni direttore big x FINANZIAMENTO PUBBLICO images SOLDI AI PARTITI
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