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Fausto Carioti per "Libero"
Sogno o incubo che sia, pare giunto alla fine. Ascesa, trionfo e declino del movimento a Cinque Stelle si sono consumati tra le amministrative del maggio 2012 e quelle dei giorni scorsi: tredici mesi appena. Con il commediografo Guglielmo Giannini, inventore del Fronte dell'Uomo qualunque, meteora che attraversò il cielo italiano tra il 1946 e il '48, Beppe Grillo non sembra avere in comune solo la retorica della «folla» e dei «cittadini» contro l'élite politica, ma anche la velocità della parabola.
Quella del M5S è ormai in piena fase discendente e solo l'ennesimo regalo ad opera dei partiti (ovviamente sempre possibile, visti i personaggi) può invertirne la direzione. Non è detto che per Grillo sia una brutta notizia. Non è la morte del Movimento Cinque Stelle, che continuerà ad esistere fuori dal Parlamento e - malgrado tutto quello che potranno fare i suoi parlamentari - all'interno di esso.
Ma è la fine del «trend positivo», per usare le parole di Nanni Moretti, o della «spinta propulsiva della rivoluzione», per dirla con Enrico Berlinguer. Solo tre mesi fa Grillo si permetteva di dire al settimanale Time: «Vogliamo il 100% del Parlamento, non il 20% o 25% o 30%». E davanti a tale proposito nessuno lo incolpava di essersi mangiato i funghetti allucinogeni: lo accusavano - da destra e da sinistra - di essere un antidemocratico, non un pazzo irrealista. Lo prendevano sul serio.
Ecco, oggi non è più così. Grillo non potrebbe ripetere una frase simile restando credibile. Il 25,6 di voti preso a febbraio dai grillini ha già il sapore del massimo storico, dell'evento irripetibile. I sondaggi iniziano a flettere sotto al 20%, e sono sin troppo generosi rispetto ai risultati del voto amministrativo. Alle Comunali romane il M5S è passato dal 28,5% delle politiche al 12,8%. Peggio assai in Sicilia, dove alle politiche i grillini avevano preso oltre un terzo dei voti.
«Era plausibile attendersi un consolidamento del partito di Grillo e la conquista di molte città », scrive il Centro studi elettorali della Luiss. «E invece dopo l'onda inarrestabile delle regionali e delle politiche è arrivata la risacca delle comunali: il Movimento è sostanzialmente scomparso dall'Isola, portando a casa solo il ballottaggio di Ragusa. Per il resto, si riduce ad un misero 3,8%, con una perdita di quasi 173.000 voti e 30 punti rispetto alle politiche».
I motivi sono evidenti. La qualità del materiale inviato in Parlamento è scadente, al punto da far sembrare geni della politica i«nominati » dei partiti. Il simbolo è l'ex capogruppo Roberta Lombardi, che ignorava persino gli articoli della Costituzione che regolano l'elezione del presidente della Repubblica. Chi si aspettava una forza d'urto compatta capace di ribaltare il Parlamento ed esporne i vizi è rimasto deluso: i parlamentari a Cinque Stelle sono stati capaci di litigare tra di loro e con i fondatori del movimento su tutto, dall'elezione del presidente della Repubblica alla cresta sulla diaria.
I vertici hanno risposto allestendo processi per i dissidenti, come quello che dovrebbe portare all'espulsione della senatrice Adele Gambaro. Confermando così, allo stesso tempo, di avere imbarcato personaggi inaffidabili e di essere stalinisti in miniatura.
L'improvvisazione diventa evidente nel modo in cui sono stati adottati, e poco dopo ripudiati e insultati, personaggi come Stefano Rodotà e Milena Gabanelli. I grillini pagano pegno persino quando sono coerenti: chi li aveva appoggiati nella convinzione che si buttassero a sinistra - come le avanguardie "intellettuali" Fiorella Mannoia e Jacopo Fo - non ha perdonato il trattamento riservato al Pd.
Il Movimento Cinque Stelle si avvia così a diventare un "normale" partito antisistema, che quando gli va bene ottiene il 12% dei voti e quando gli va male sta sul 5%. Percentuali rispettabili, ma niente a che vedere con la conquista del primo posto, per non parlare di quel 100% vagheggiato dal comico.
Al quale - secondo una delle "letture" che girano di questi tempi in Transatlantico - il ridimensionamento tutto sommato andrebbe bene. Meglio una squadra piccola, formata da personaggi affidabili, che un esercito scomposto di parlamentari, alcuni dei quali convinti persino di poter brillare di luce propria, senza capire che sono stati mandati lì solo per riflettere quella del capo.
BEPPEGRILLO Beppe Grillo ROBERTA LOMBARDI Stefano Rodota MILENA GABANELLI NELLA REDAZIONE DI REPORT FOTO LUCIANO VITI PER SETTE deputati grilliniGRILLINI
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