FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Carlo Bertini per “la Stampa”
Lo scontro è alla luce del sole, Bersani dichiara guerra aperta a Renzi non presentandosi oggi al partito, «non ci penso proprio ad andare», boicottando l’invito del premier ai gruppi parlamentari a discutere di Rai, fisco e scuola. Come lui si regoleranno Gianni Cuperlo e il correntone ex Ds guidato da Roberto Speranza (che invece sarà presente). «Mi inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto», dice sprezzante Bersani.
Che bolla come incostituzionale il jobs act perché «pone il lavoratore in un rapporto di forza pre anni ’70» e lancia un avvertimento destinato a creare sconquassi, visto il seguito di cui ancora gode tra le truppe l’ex segretario: «Se non cambia il testo della legge elettorale, io l’Italicum non lo voto. Anche perché il combinato disposto con la riforma costituzionale rompe l’equilibrio democratico».
Renzi ribatte colpo su colpo. «Qualcuno ha nostalgia dei “caminetti” ristretti vecchia maniera: noi siamo per il confronto, sempre aperto e inclusivo». E ancora: «Tutte le principali decisioni di questi 15 mesi sono state discusse e votate negli organismi di partito: dal Jobs Act fino alle riforme costituzionali e alla legge elettorale». Insomma «abbiamo troppo da fare per perdere tempo in polemiche sterili».
Ma dietro queste bordate si cela una durissima lotta di potere per i ruoli chiave dei gruppi parlamentari: gruppi che di qui in avanti, rotto il patto del Nazareno, dovranno costituire il punto di forza del premier e non un calderone in continua ebollizione. E dunque anche la carica di capogruppo di Speranza, così come le presidenze di commissione, saranno messe in discussione.
il presepe de noantri vespa e maria elena boschi
E l’Aventino della minoranza costituirà un precedente per far esplodere la questione. La manovra a tenaglia è costruita ad arte, lo scopo è quello di ribaltare gli equilibri del Pd in Parlamento e l’arma sarà un nuovo megacorrentone: che nascerà dalla fusione tra le due correnti filo renziane in costruzione: quella del cerchio più stretto che fa capo a Lotti e alla Boschi, che oltre alla cinquantina di renziani della prima ora si sta allargando a nuovi innesti; e quella larga e multicolore capitanata da Guerini e Delrio, con Richetti come punta di lancia: una componente che comprende gli ex Dc di marca renziana, veltroniani, bindiani e anche numerosi franceschiniani in ordine sparso.
E l’obiettivo di questa manovra - non dichiarato ma svelato da chi ci sta lavorando - sarà anche quello di ridistribuire cariche di potere vero, quelle delle presidenze delle commissioni che tra due mesi andranno rinnovate, potendo rivedere una serie di nomine ad hoc scalzando i bersaniani dai posti di comando.
E quindi al colore di Civati «non vado, ho judo», si contrappone la stilettata del renziano Andrea Marcucci: «Se Renzi non coinvolge il gruppo parlamentare del Pd fa di testa sua, se lo coinvolge comunque sbaglia. Qualcuno nella minoranza vorrebbe ribaltare il voto delle primarie. Non si può fare». Ecco poi cosa dicono i pasdaran renziani: «Da tempo si diceva di coinvolgere prima i parlamentari sulle leggi che poi vanno in consiglio dei ministri, per evitare di correggere i testi poi in Direzione. E convocando i gruppi, Matteo evidenzia che altri non lo hanno fatto...».
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