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DAGOREPORT - SERVIZI E SERVIZIETTI: IL CASO ALMASRI E' UN “ATTACCO POLITICO” ALLA TRUMPIANA MELONI?…
BONINO VA MALINO - IL CONTENITORE “+EUROPA” RESTA SOTTO IL 3%, COMPLICE LA CAMPAGNA ELETTORALE SUICIDA IN CUI SI MINACCIAVA IL RITORNO DELL’IMU SULLA PRIMA CASA E NUOVE STANGATE IVA - ORA I SUOI VOTI POTREBBERO FINIRE AL PD
Marcello Mancini per “la Verità”
La super europeista prova a gonfiare i muscoli per mettersi in proprio. Secondo i primi exit poll, Più Europa, il partito guidato da Emma Bonino, oscilla a cavallo della soglia di sbarramento, fra il 2 e il 4%. Cioè tutto e nulla. Quindi è ancora sospesa fra la possibilità di conquistare seggi e il rischio di dover andare invece a ingrossare il corpaccione dei dem, cioè il partito più forte della coalizione, se restasse sotto il 3%. Il dettaglio non è indifferente.
La differenza è fra portare acqua per alimentare gratis il partito renziano (che ne avrebbe bisogno) o giocarsi in proprio le carte, con un gruppo che riporti in parlamento i temi e i valori del Partito radicale e magari metta quei voti a disposizione di una maggioranza non di centrosinistra. I dem si sono accorti quasi subito che la lista Più Europa poteva essere un elemento guastatore e non servire la causa renziana.
Emma Bonino aveva già cominciato a correre per conto suo, era uscita dalla riserva indiana dove si era confinata negli ultimi anni, complice anche la malattia, riacquistando la ieratica dimensione di leader al di sopra di tutti e candidabile a tutto. E le sono scivolati addosso gli schizzi di veleno che una certa opinione pubblica, che aveva annusato il pericolo del ritorno, le ha spruzzato sull’immagine istituzionalmente immacolata, protagonista di una camaleontica carriera .
Nella notte non è ancora confermato che il Pd abbia sottovalutato la forza di questa donna minuta, carica di esperienza politica in Italia, due volte ministro, e in Europa, che ultimamente ha incassato anche le parole di elogio di papa Francesco. Matteo Renzi pensava di poterla sfruttare, invece c’è ancora la possibilità che sia stata lei a sfruttare Renzi.
Con la tenacia che le deriva dalle battaglie radicali condotte insieme a Marco Pannella, dal quale, oltretutto, è stata spesso divisa: lei appartiene all’ala pragmatica, quella disposta a sporcarsi le mani con le istituzioni, anche governando, poco in linea con l’ortodossia pannelliana.
A conti parzialmente fatti, forse gli sono mancati proprio i voti degli attivisti di questo fronte, il Partito radicale nonviolento transnazionale e transpartito che non ha mai gradito la svolta europeista della Bonino e ha dato indicazione di non votarla. Come previsto, hanno invece trovato rifugio nel grembo protettore della leader radicale, tutti quelli che non se la sono sentita di turarsi il naso e votare il Pd renziano, cioè i dem che avrebbero scelto il Pd solo se non ci fosse stato Renzi, né i laici socialisti di Insieme o i post alfaniani di Beatrice Lorenzin, pur non volendo rinnegare i propri sentimenti di centrosinistra.
Nel guscio di Più Europa si è riparato anche quel gruppo di cattolici moderati confusi, che si è sentito garantito, nelle dissonanze sui temi dei diritti civili e del femminismo con la radicale Bonino, dalla presenza del rassicurante ex democristiano Bruno Tabacci.
E probabilmente s’è buttato con la Bonino qualche scontento di Liberi e uguali, visto il risultato al di sotto delle aspettative, e di Potere al popolo. L’oscillazione fra il 2 e il 4% non consente nemmeno di capire se la Bonino, forte della sua storia, della recente riacquisita popolarità e del bottino elettorale, può diventare una risorsa nel caso sia necessario sbloccare nomine complicate.
Silvio Berlusconi l’aveva già indicata alla guida dell’assemblea del Senato, e non si sa se era soltanto un mondo per blandirla nell’ipotesi di un eventuale sostegno a un governo del centrodestra o il lancio vero di una candidatura, che a naso coagulerebbe parecchi consensi.
Di sicuro la Bonino, nei confronti di Renzi, non ha debiti di riconoscenza. E lei, tanto per chiarire le cose, gli ha già fatto sapere che sarebbe meglio «Paolo Gentiloni per un bis», perché lui non lo conosce troppo bene. Se Emma Bonino era una «riserva» della Repubblica, potrebbe essere rigenerata da una fresca legittimazione popolare. Dunque pronta, se qualcuno facesse il suo nome, a diventare una nobile scappatoia, nel caso non si trovi una soluzione per un governo.
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