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Alessandra Mammì per âmammi.blogautore.espresso.repubblica.it'
Se Sisto V avesse ragionato come la Ilaria Borletti Buitoni sottosegretario alla Cultura, non avremmo avuto la Roma Barocca, le sue piazze con obelischi, le fontane, insomma quella Grande Bellezza che fa vincere i Golden Globe e palpitare la Borletti Buitoni. La quale non distinguendo la differenza fra William Kentridge e un anonimo writer dei vagoni della metro B (che a volte sono anche interessanti ma la signora probabilmente la metro B non l'ha mai presa), boccia senza sufficiente istruttoria un interessante progetto del grande artista per i muraglioni del Tevere.
La cosa più interessante di tale progetto è che Kentridge non fa nessun graffito, semmai va michelangiolescamente (ci si perdoni il paragone) per l'arte del levare. Dissolvere la patina di smog con solventi e far emergere in negativo i suoi disegni come apparizioni lievi, fantasmi, miraggi a bordo fiume.
Triumphs and Laments, l'opera lunga 550 metri sui muraglioni tra ponte Sisto e ponte Mazzini.Un ton sur ton, un nastro, una pellicola che la città con i suoi rumori e i suoi fumi poi cancellerà di nuovo senza onere per lo Stato. Di più: "l'evento inaugurale di un processo più strutturato e duraturo di valorizzazione urbana e ambientale del fiume, un primo passo per restituire al Tevere quel ruolo di spazio pubblico e di parco fluviale che ammiriamo in tante città del mondo" come dicono ad "Artribune" i promotori Carlo Gasparrini, Rosario Pavia e Luca Zevi, soci fondatori insieme a Kristin Jones dell'associazione "Tevereterno". Che non a torto cerca di restituire alla città uno spazio potenzialmente meraviglioso ma praticamente abbandonato tranne le barbariche invasioni estive di bancarelle, porchettari e rumorosi karaoke.
E poi Kentridge è Kentridge, uno dei più completi, complessi, colti, impegnati e consapevoli intellettuali sul palcoscenico mondiale e non un qualsiasi improvvisato graffitaro. Sicché suona strano sentire da un membro del governo italiano liquidarlo velocemente in quanto "certi linguaggi culturali potrebbero trovare una loro più felice collocazione in aree cittadine che sposano meglio il contemporaneo, come le periferie". Che la Borletti Buitoni non frequenta e dunque le possiamo pure impupazzare con un writer, con Kentridge o con "forza Roma forza Lupi". Tanto per lei fa lo stesso. E' tutta arte contemporanea.
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