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IL TENTATIVO DI DAVIDE CASALEGGIO DI DETTARE LE REGOLE AL M5S CON IL MANIFESTO "CONTROVENTO" (LIMITE DI DUE MANDATI, GLI ELETTI VALUTATI DALLA BASE, OBBLIGO DI FORMAZIONE SU ROUSSEAU) E' STATO ACCOLTO COME UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA DAI VERTICI GRILLINI: "MA LE CARICHE IN ROUSSEAU CHI LE DECIDE?" - VITO CRIMI HA CHIESTO A CASALEGGIO: "FACCI UNA PROPOSTA COMMERCIALE PER LA SOLA FUNZIONALITÀ DEL VOTO" E SI E' SENTITO RISPONDERE: "LA TUA NOMINA È SCADUTA, NON SEI PIÙ IL CAPO, VOGLIO PARLARE CON CHI HA I TITOLI PER UNA MEDIAZIONE"
Annalisa Cuzzocrea per "la Repubblica"
BEPPE GRILLO DAVIDE CASALEGGIO
Dice «uno non vale l'altro», Davide Casaleggio. E subito, il castello di sabbia della democrazia diretta purché sia pare sgretolarsi per mano del suo difensore più accanito.
Del più ortodosso tra gli ortodossi, di colui che ha continuato a ripetere - mano a mano che cambiavano - che le regole decise dal padre dovevano essere sacre, intoccabili, immutabili per l'eternità.
Mentre recita, insieme alla socia in Rousseau Enrica Sabatini, gli undici punti del suo "manifesto controVento", il manager - che si paragona al Pericle di «noi qui ad Atene facciamo così» - parla come non avesse avuto alcun ruolo nel M5S degli ultimi dieci anni.
beppe grillo davide casaleggio giuseppe conte 3
Di cui è invece stato uno dei padroni assoluti, e per lungo tempo. Secondo il documento, lanciato in pompa magna con una diretta video online, i quesiti da sottoporre alla base non devono essere capziosi o servire solo per ratificare scelte già prese (è successo sempre, ma la cosa sembra dar fastidio solo adesso).
Casaleggio e Sabatini elencano regole di ingaggio che non sono altro che condizioni da porre ai 5 stelle: il limite dei mandati; la necessità che gli eletti facciano i "recall", che siano cioè periodicamente valutati dalla base; l'obbligo di formazione continua (su Rousseau, ça va sans dire ); la piramide che deve essere rovesciata e a decidere devono essere gli attivisti in modo partecipato, quindi non solo dicendo sì a decisioni già prese (anche qui, sempre fatto. Fino a invalidare intere votazioni, come fecero Grillo e Casaleggio quando la base aveva inopinatamente chiesto di cancellare il reato di clandestinità. O quando a Genova aveva vinto la candidata Marika Cassimatis contro la preferita di allora, Alice Salvatore).
beppe grillo davide casaleggio 9
La sintesi pare essere: dobbiamo tornare a contare anche noi. Chiede trasparenza sulle nomine, Casaleggio. Anche quelle, vorrebbe si decidessero su Rousseau. Sull' intera operazione, però, i dirigenti M5S fanno calare un assoluto silenzio. Una sfilza di no comment pubblici, che in privato diventano espressioni come: «Sarà guerra», «Faremo da soli». O domande: «Ma le cariche in Rousseau chi le decide?». Tagliente, Roberta Lombardi sbotta in chat: «Gianroberto credeva nella politica fatta senza soldi, è un peccato vedere che c' è chi vuole fare business con Rousseau».
DAVIDE CASALEGGIO E ALESSANDRO DI BATTISTA
L' aria è talmente avvelenata che martedì si è consumata l'ultima lite. Giuseppe Conte - che ha l'onere di riscrivere daccapo le regole del Movimento - ha lasciato la pratica più spinosa al comitato di Garanzia. Il reggente Vito Crimi ha quindi chiesto a Casaleggio: «Facci una proposta commerciale per la sola funzionalità del voto». Per sentirsi rispondere: «La tua nomina è scaduta, non sei più il capo, voglio parlare con chi ha i titoli per una mediazione». E insomma, non se n'è fatto nulla.
«Serve un accordo di partnership, non un contratto di servizio», dice Sabatini. Difficile che ci sia, a queste condizioni. L'ex consigliera di Pescara parla di «onorare gli impegni presi», chiede in pratica che i dirigenti rinuncino a ricandidarsi, ma la rivoluzione è fatta anche per evitare uno scenario simile. Impossibile le diano retta, anche se Conte qualcosa dovrà inventarsi perché il Movimento 2050 non appaia come uno dei tanti partiti a lungo vituperati.
Tra i vecchi insulti riposti nell'armadio, c'erano quelli di Grillo contro Enrico Letta («capitan Findus», «nipote di professione»). Tutto dimenticato, almeno a giudicare dalle reazioni più che positive all'idea che possa essere l'ex premier a guidare il Pd in questa nuova fase. Letta è stato negli ultimi due anni uno dei più convinti assertori della necessità di un'intesa con i 5 stelle.
Ne ha sempre rispettato i riti. E ha, visto dal punto di vista dei grillini, le stimmate di chi è stato tradito da Matteo Renzi, che ne ha preso il posto a Palazzo Chigi. Forse per questo, anni fa, Alessandro Di Battista confidava: «In realtà Gianroberto Casaleggio diceva che Letta è una persona in gamba. Era l'unico del Pd che gli piacesse». Anche Conte, dimenticato Zingaretti, è già pronto a lavorare con chi potrebbe salvare la scelta dell'alleanza strategica con il Pd. Quindi, il suo futuro politico.
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