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BYE BYE EUROPE - MERKEL E HOLLANDE RESPINGONO LE PRETESE DI RIFORMA DI CAMERON SU IMMIGRAZIONE E SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE - LA “BREXIT” SI AVVICINA: IL 47% DEI BRITANNICI È FAVOREVOLE A USCIRE DALL’UNIONE EUROPEA

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Andrea Bonanni per “la Repubblica”

 

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Il filetto di cerva deve essere risultato particolarmente indigesto al premier britannico David Cameron, che ieri alla cena del vertice europeo ha cercato di convincere gli altri leader a cedere sulle sue richieste di riforma della Ue. Non gli è andata bene. Mentre l’ultimo sondaggio del Daily Telegraph rivela che il 47 per cento dei britannici sono favorevoli a uscire dall’Unione e solo il 38 per cento vogliono restare in Europa, il leader conservatore si è scontrato con un gentile quanto unanime rifiuto dei colleghi ad accettare la più cruciale delle sue proposte, quella su cui ha costruito la sua recente vittoria elettorale.

 

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Cameron ha promesso ai suoi elettori di mettere un freno all’immigrazione di lavoratori che arrivano in Gran Bretagna dall’Est europeo. Ed ora vorrebbe varare una legge che sospenda l’erogazione dei sussidi di disoccupazione agli stranieri per i primi quattro anni di residenza nel Regno Unito, limitando a sei mesi il permesso di soggiorno se non si trova un posto di lavoro.

 

La norma va contro due principi cardine dell’ordinamento europeo: quello che vieta qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità, e quello che sancisce la libertà di circolazione delle persone su tutto il territorio Ue. Nelle settimane che hanno preceduto il vertice, i diplomatici britannici e i funzionari europei hanno dissezionato il problema da tutti gli angoli per cercare una scappatoia. Ma il responso del servizio giuridico è stato irremovibile: una norma di questo genere non è accettabile e sarebbe bocciata senza scampo dalla Corte di Giustizia europea. La totalità degli altri Stati membri condivide questa interpretazione.

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Sulle altre richieste di Cameron, per la verità abbastanza generiche, il Consiglio europeo si è dimostrato molto disponibile. Tutti ormai accettano il principio che la Ue funziona a due velocità, con un nucleo più integrato che condivide la moneta unica, e una fascia più esterna che vuole restare fuori dall’euro e che non aderisce al principio di «una sempre crescente integrazione» sancito dai Trattati.

 

Le rivendicazioni britanniche di una riforma delle politiche europee e di un miglioramento della competitività non suscitano obiezioni e anzi, come nel caso dell’Italia, trovano consensi entusiastici. Sull’idea che le regole finanziarie decise per la zona euro non vadano ad intaccare i privilegi della City di Londra si può trattare. Nessuno, almeno apertamente, si augura una secessione britannica dall’Unione europea. Tutti vorrebbero aiutare Cameron concedendogli un successo negoziale agli occhi della sua opinione pubblica. «L’importante è che il Regno Unito continui a rimanere nella Ue», ha confermato Matteo Renzi all’apertura dei lavori.

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Ma la normativa anti-immigrati, che è il provvedimento cruciale con cui Cameron spera di ribaltare i sondaggi favorevoli ad un “Brexit”, continua a suscitare un coro di no. «Non possiamo rinunciare ai principi fondamentali per tenere la Gran Bretagna nella Ue», ha spiegato la cancelliera Merkel. «Non è accettabile rimettere in discussione le fondamenta degli accordi europei», le ha fatto eco il presidente francese Hollande.

 

«Non possiamo ammettere discriminazione contro i nostri cittadini», ha detto la presidente lituana, Dalia Grybauskaite. La discussione di ieri si è conclusa senza decisioni concrete, previste per il vertice europeo di febbraio prossimo. Ma se vorrà far credere agli elettori di aver ottenuto una vittoria a Bruxelles, Cameron dovrà accettare una marcia indietro almeno parziale sulla questione immigrati.

 

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«La Commissione è pronta a cercare altre opzioni rispetto a quella proposta dal premier britannico. Sono convinto che alla fine troveremo una soluzione a questa questione fortemente mediatizzata», ha tranquillizzato il presidente dell’esecutivo comunitario Jean-Claude Juncker con il suo abituale sarcasmo.

 

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