I BURO-SAURI DELLA BUROCRAZIA - NON C’È SPOIL SYSTEM CHE TENGA: VINCENZO FORTUNATO, CAPO DI GABINETTO DI TREMONTI, È RIMASTO AL SUO POSTO ANCHE COL NUOVO GOVERNO, E CON LUI LA MAGGIOR PARTE DELLA BURO-CASTA – MOAVERO, TERZI DI SANT’AGATA, CANCELLIERI, L’AMMIRAGLIO DI PAOLA, ETC.: BUONA PARTE DEL CONTROLLO DEL SISTEMA NON È PASSATA DI MANO NONOSTANTE UN GOVERNO VENUTO DA LONTANO CHE NON MANCA DI SOTTOLINEARE LA SUA DIVERSITÀ - COME IL VATTANI JUNIOR E’ DIVENTATO CONSOLE GENERALE A OSAKA…

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1 - C'ERA UNA VOLTA LO SPOIL SYSTEM
Denise Pardo per "l'Espresso"

Certo non è più come nei momenti di gloria di qualche mese fa. Allora quando Vincenzo Fortunato, capo di gabinetto di Giulio Tremonti (per due volte, ma anche di Domenico Siniscalco e perfino di Antonio Di Pietro alle Infrastrutture, triplo salto carpiato burocratico con avvitamento), arrivava a Palazzo Chigi non salutava nessuno, oltrepassava la prima stanza, quella dove stazionano i capi delle segreterie tecniche, i portavoce e i capi di gabinetto di rango ben inferiore al suo e si fermava solo davanti alla porta della sala del Consiglio dei ministri, il sancta sanctorum di pochissimi eletti.

Ora, quella marcia trionfale e feroce e quella postazione sono diventate di colpo proibite. Ora, tocca mescolarsi alla plebe burocratica, cercare di fare il simpatico e non gli riesce benissimo. Non è più il ministro ombra dell'Economia. In compenso il governo post-berlusconiano non lo ha spostato - e un pezzo dell'establishment non ha apprezzato: è rimasto capo di gabinetto, questa volta di Mario Monti che ha l'interim dell'Economia.

Anche al tempo del governo dell'emergenza, la Casta canta. Buona parte della gran burocrazia ha tenuto le posizioni e non è andata a casa. Buona parte del controllo del sistema non è passata di mano nonostante un governo venuto da lontano che non manca di sottolineare la sua diversità. Innovazione nella continuità, fanno sapere dalla presidenza del Consiglio. Continuità nell'innovazione, ha detto qualcun altro notando che molti neo ministri, tecnici, universitari, sapientoni o meglio alieni, non avrebbero saputo dove mettere le mani.

Lo spoil system al tempo del governo Monti, una vera pacchia. Da una parte, molto (troppo?) soft: ancora Ercole Incalza, manager delle Ferrovie dei tempi di Lorenzo Necci, in uno dei ministeri, quello dei Trasporti, finiti nella mani di Corrado Passera? Dall'altra, è successo qualcosa di più. Le poltrone più alte all'alta burocrazia. La burocrazia, e non in un caso isolato, finalmente al potere, quel potere alla luce del sole: non più Mazarini ma - era ora - sovrani: "I politici passano", aveva detto Monti nel discorso alla Camera dei deputati, "i professori restano". I grand commis, secondo loro deliziosamente spiritosi, amano ricordare che i ministri evaporano e i direttori generali restano. Che dire adesso che alcuni di loro sono addirittura diventati ministri?

La casta dei grand commis italiani canta e va. Un ammiraglio Giampaolo di Paola, ex capo di gabinetto del ministro della Difesa Carlo Scognamiglio (centrodestra) e del suo successore Sergio Mattarella (centrosinistra), è diventato il capo dello stesso dicastero. Un diplomatico, l'ambasciatore Giulio Terzi è stato nominato ministro degli Esteri, quasi unico della sua specie. Il più alto burocrate europeo Enzo Moavero Milanesi, capo di gabinetto di Monti alla Concorrenza, vice segretario della Commissione Ue, giudice di primo grado alla Corte dell'Unione europea in Lussemburgo, è stato designato ministro dell'Europa.

Anna Maria Cancellieri, prefetto a Vicenza, Brescia, Catania, Genova, commissario a Parma e a Bologna, si è insediata al Viminale. Una salamandra della burocrazia, il consigliere di Stato e presidente di sezione Filippo Patroni Griffi si è trasformato nel ministro della Pubblica amministrazione (ex Funzione pubblica). E la "mente economica" dell'amministrazione, il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, è stato promosso vice dello stesso Monti al ministero dell'Economia.

Lo spoil system al contrario. Il suggeritore al posto dell'attore. Nell'esperimento di governo più marziano che c'è, sarà stato per un patto stretto con il sistema, sarà stata una conditio sine qua non, ma nel vuoto della politica e per colpa dei politici vuoti, prospera e gode come mai una classe di burocrati di lunghissimo corso e di lunghissima conservazione.
Per esempio il direttore generale del ministero dell'Ambiente Corrado Clini si è auto-messo in aspettativa visto il suo nuovo status di ministro di se stesso.

Come capo di gabinetto ha chiamato Lucrezio Caro Monticelli, consigliere di Stato e presidente di sezione, ex capo del legislativo dell'ex ministro verde Edoardo Ronchi, ex capo di gabinetto del pidiellino Maurizio Sacconi al Welfare. Al suo posto con Elsa Fornero voilà Francesco Tomasone, ex capo di gabinetto del Pd Cesare Damiano (Cgil-Fiom) ministro nel secondo governo Prodi.

Che valzer, che minuetti! È un civil servant, è ovvio! Così alle Politiche Agricole, dove il direttore generale Mario Catania si è trasformato anche lui in auto-ministro, è approdato come capo di gabinetto Michele Corradino, consigliere di Stato e ci mancherebbe, e soprattutto di esperienza: già al fianco del prodiano Giulio Santagata, ex ministro per l'Attuazione del programma, e di Stefania Prestigiacomo, ministro dell'Ambiente berlusconiana.

Ben misero curriculum di fronte a un fuoriclasse, a un venerato maestro del ramo: il ministro Patroni Griffi è stato capo ufficio legislativo della Funzione pubblica al tempo di: Sabino Cassese, Giovanni Motzo, Franco Bassanini, Franco Frattini (nei governi Ciampi, Dini, Prodi, D'Alema, Amato) e capo di gabinetto di Amato e di Renato Brunetta di cui ha preso il posto.

Spoil system? No, porte girevoli. Ecco installato bello comodo Roberto Garofoli, neo capo gabinetto (indovinate un po': è consigliere di Stato), ex responsabile dell'ufficio legislativo degli Esteri di D'Alema, curatore con Amato del volume sull'amministrazione pubblica "I tre assi" (D'Alema, Amato, Patroni Griffi, per caso?).

Al ministero dell'Interno, una conferma, il capo di gabinetto Giuseppe Procaccini già scelto da Roberto Maroni, e tre gran ritorni. Per la Cancellieri, un trio di consiglieri: l'ex prefetto di Roma Carlo Mosca (se ne andò dopo il rifiuto di schedare con le impronte digitali i rom anche minorenni), ex capo di gabinetto di Giuseppe Pisanu e Amato, e l'ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, ex capo di gabinetto di: Giorgio Napolitano, Rosa Russo Jervolino, Enzo Bianco.

Insieme a loro, Claudio Gelati, ex commissario al Comune di Milano, ed ex capo di gabinetto di Pietro Lunardi alle Infrastrutture. Una gioia, una festa ritrovarsi di nuovo tutti insieme. Della partita, ma al ministero della Cooperazione e Integrazione, il prefetto Mario Morcone, candidato sindaco per il Pd (in un mare di polemiche) a Napoli contro Luigi De Magistris, ora capo di gabinetto di Andrea Riccardi.

Spoil system? Spoil no. System, proprio sì. Anche al ministero della Giustizia, dove dopo voci di cambiamenti e l'arrivo del capo di gabinetto, il magistrato milanese Filippo Grisolia, Paola Severino non sembra voler minare la posizione clou di Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, capo dell'Ufficio legislativo, nomina di Roberto Castelli nel 2005, sopravvissuta a Clemente Mastella, Luigi Scotti, Angelino Alfano, Francesco Nitto Palma (e amicissima dell'attuale ministro).

Un girotondo: è un bene (il governo deve pensare allo straordinario non all'ordinario, dicono gli annoiati), è un male (i grand commis fanno i loro giochi, si deplora), un disastro i casi di burocrati ascesi ai vertici ministeriali (si sostiene: i politici dovrebbero essere una sintesi, gli insider rappresentano giochi di potere interni; si racconta che la Farnesina dopo la nomina di Terzi sia spaccata in due fazioni).

Intanto il ministro per gli Affari regionali, Turismo e Sport Piero Gnudi ha acchiappato come capo di gabinetto Riccardo Carpino, ex di Raffaele Fitto. Corrado Passera ha assoldato il consigliere di Stato e presidente di sezione, Mario Torsello, ex consigliere giuridico di Amato e poi di Sandro Bondi ai Beni culturali dove regna Salvo Nastasi, capo di gabinetto e dg, sempre più potente dopo aver visto passare la cinquina Urbani-Buttiglione-Rutelli-Bondi-Galan: ora è la volta di Lorenzo Ornaghi. Sarà tombola?
Un tipetto quasi naïf se confrontato con un portento del sistema: Antonio Catricalà, sottosegretario alla presidenza come il maestro e idolo Gianni Letta.

Consigliere di Stato e presidente di sezione pure lui, capo di gabinetto di Antonio Maccanico, poi alla corte di Dini e Frattini, dopo segretario generale di Palazzo Chigi nominato da Silvio Berlusconi, e infine mediatico presidente dell'Antitrust, è per molti la sentinella del precedente governo, l'acrobata istituzionale, il capo di un sistema tricamerale. Per esempio, all'Istruzione come capo di gabinetto del ministro Francesco Profumo si è appena insediato Luigi Fiorentino: è l'ex vice capo di gabinetto di Ciampi e Amato, e soprattutto l'ex segretario generale dell'Antitrust del caro amico Catricalà. Cos'è? Una giostra?

Il professore che ha scansato una politica ingombrante, e già non pare vero, non è andato oltre nel rinnovare e nel tagliare legami, non tutti, non proprio esaltanti. Oddio, Monti non è San Gennaro. Il suo è un incarico a tempo. E l'obiettivo primario è un altro. È stato il senatore americano William Marcy nell'Ottocento a difendere la regola dello spoil system, a sostenere che il bottino spetti ai vincitori. Ma, a onor di Monti, questa volta non è chiaro quale sia il bottino e soprattutto chi siano i vincitori.

2 - FARNESINA AD PERSONAM
Da "l'Espresso"

Inopportunità politica? Maleducazione istituzionale? Nella vicenda del fascio rock Mario Vattani, figlio dell'onnipotente ambasciatore Umberto e console generale a Osaka, c'è una storia tutta italiana di promozioni, favori e conflitti d'interessi. Lo dimostrano almeno due episodi in cui, pur di agevolare la carriera di Vattani jr., sono state cambiate norme e disposizioni. Ad personam. La normativa della Farnesina prevedeva per esempio che il Consolato generale di Osaka dovesse essere diretto da un funzionario con la qualifica di Consigliere (tale era, peraltro, l'uscente).

Dopo due bandi per l'incarico andati deserti, perché nessuno voleva andare nella città giapponese, ecco presentarsi Mario Vattani. Si sapeva però che lo stesso sarebbe stato promosso a breve Ministro Plenipotenziario, carica superiore che gli avrebbe impedito lo sbarco a Osaka, terra di elezione e di asilo di neofascisti italiani e non solo. Così il direttore del personale e il segretario generale Massolo convinsero il ministro Frattini a cambiare la normativa in modo da concedere Osaka al neo ministro Vattani jr. E non era il primo favore ad personam.

Qualche tempo prima, infatti, per promuoverlo più rapidamente consigliere d'ambasciata, fu modificata la norma che fissava in cinque anni il periodo minimo di permanenza nel grado di consigliere di legazione per il passaggio al grado successivo. Gli anni necessari diventarono quattro e Vattani jr. salì di grado. Così andavano le cose alla Farnesina sotto l'impero dei Vattani. E oggi, durante il regno Terzi di Santagata? Pochi giorni e lo sapremo

 

 

VINCENZO FORTUNATO Ercole Incalza Di PaolaCANCELLIERIFilippo Patroni GriffiBRUNO VESPA E AUGUSTA IANNINI SALVO NASTASIMARIO VATTANI ANGELO MELLONE