DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”
Una sera di metà giugno, alla Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik, il più prestigioso forum tedesco di politica estera, il consigliere diplomatico di Olaf Scholz, Jens Plötner, ha tenuto un discorso sul futuro dei rapporti con la Russia. Ma del suo ragionamento complesso, solo una frase è diventata virale sui social media e poi sui giornali, scatenando una furibonda polemica: «Con 20 Marder (i carri antiaerei promessi da Berlino all'Ucraina, ndr ) si possono riempire molte pagine di quotidiani, ma articoli su come saranno in futuro le nostre relazioni con Mosca se ne leggono pochi».
In poche ore una tempesta di fuoco, compreso quello amico, si è rovesciata su Plötner, accusato sia dall'opposizione che da esponenti del governo di riproporre il vecchio paradigma tedesco del dialogo a ogni costo con Mosca, che ha contribuito a questa situazione. Pochi dubbi che la tempistica scelta dall'ambasciatore, mentre l'esercito di Putin radeva al suolo le città del Donbass, sia stata infelice. Eppure, Plötner stava facendo il lavoro di ogni diplomatico, quello di evitare che il disastro in corso peggiori ulteriormente: crisi umanitarie, allargamento del conflitto, escalation nucleare. È stato così anche nei momenti peggiori della Guerra fredda, quando gli americani e l'Occidente non interruppero mai il filo dei contatti con Mosca.
LO STALLO
Oggi però, ogni attività diplomatica occidentale verso la Russia è ferma. Solo il presidente turco Erdogan, che come il gatto ne «La Fattoria degli Animali» sta da una parte e anche dall'altra, si dà da fare come mediatore. L'ultima volta che il cancelliere Scholz ha parlato con Putin è stata a maggio. È stato quando, nel fumo della solita retorica sull'autodifesa preventiva e le responsabilità della Nato, il leader del Cremlino si è lasciato scappare che «entrambe le parti hanno commesso degli errori». L'ennesima «finta» di un'apertura. Poi, è calato il buio, o quasi.
Esistono attualmente due soli canali di comunicazione occidentali con la Russia. Uno è quello dei vertici militari di Mosca e Washington, che tuttavia comincia e finisce nella preoccupazione di evitare un conflitto atomico dovuto a errori, malintesi o incomprensioni. L'altro è quello tedesco, che vede lo stesso Plötner tenere contatti più o meno regolari con il suo omologo al Cremlino, Yurij Ushakov. Non è chiaro chi dei suoi colleghi europei il diplomatico tedesco poi metta a parte dei colloqui. Non risulta che lo faccia con gli italiani. Insomma, per dirla con Der Spiegel , è «l'ora zero» della diplomazia.
I DILEMMI
Ed è qui che si ripropone un rovello antico, quello tra pace e giustizia, realpolitik e moralità, riflesso nel dibattito europeo e internazionale. Si può e si deve in questa fase di «guerra barbarica» parlare con Putin per cercare una pace, che comporterebbe sacrifici territoriali da parte ucraina, come sostiene Henry Kissinger? Ovvero, come dicono polacchi, baltici e nordici, è inutile cercare il dialogo con un uomo che coltiva fantasie imperiali e ha imbastito una guerra spietata sulle menzogne? O non è ancora giunto il momento per farlo ed è meglio continuare a mantenere la pressione sul Cremlino?
vladimir putin joe biden ginevra 2021
«Premesso che si negozia con gli avversari, perché con gli amici ci si parla e ci si capisce - dice l'ex ministra degli Esteri Emma Bonino - questo tipo di decisioni deve prenderle Zelensky. Noi stiamo aiutando l'Ucraina, non stiamo facendo la guerra al posto loro. E sono solo loro ad avere il diritto di dirci cosa vogliono fare, quando negoziare e quali concessioni fare. Quindi ogni contatto con Putin va condotto previe consultazioni e indicazioni da Kiev».
L'ATTESA
«È assolutamente necessario avere un canale di comunicazione, ma ci vuole una sponda», spiega uno sherpa del G7, secondo il quale l'eventuale accordo sullo sblocco dei porti ucraini potrebbe essere il segnale giusto. E aggiunge: «Lo dice anche il cancelliere Scholz che occorre un'apertura russa prima della ripresa del dialogo».
MERKEL CON PUTIN E IL CANE DI PUTIN
Più scettico è un diplomatico europeo, che segue da vicino il dossier Russia-Ucraina: «Si avverte una certa stanchezza in giro e il discorso del dialogo riprende quota. Ma parlare per parlare serve a poco in questo momento, di fronte ai nonsense di Putin. Se lo facessimo dovremmo essere chiari sul punto di caduta. Sarebbe necessario un lavoro di preparazione tutti insieme, gli Usa, gli europei e gli ucraini. E bisognerebbe farlo in modo esplicito, mettendo punti fermi come il ritorno alle linee del 23 febbraio. Non mi sembra attuale. Certo, se venisse un segnale sui porti e sul grano, potrebbe essere un punto dal quale partire».
Ancora più netto è Christoph Heusgen, ex consigliere di Angela Merkel e ora a capo della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera: «Non ha alcuna utilità oggi parlare con Putin, che ha rotto tutte le promesse, gli impegni presi, gli accordi internazionali e ha commesso crimini di guerra. Incontri e telefonate gli riconoscerebbero un ruolo e una reputazione. L'unico modo di comunicare con Mosca è attraverso gli organismi internazionali esistenti, come il Consiglio di Sicurezza dell'Onu».
Un'occasione di contatto diretto potrebbe venire dal G20 di Bali in novembre, ammesso che Putin ci vada di persona. Ma la «fuga» di Lavrov dal G20 dei ministri degli Esteri nell'isola indonesiana lo scorso fine settimana sembra dimostrarne l'improbabilità. «Il fatto che abbia passato più tempo fuori che dentro la sala della riunione - dice la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock - sottolinea che in questo momento non c'è alcuna volontà di dialogare da parte russa».
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