DAGOREPORT – TOH! S’È APPANNATA L’EMINENZA AZZURRINA - IL VENTO DEL POTERE E' CAMBIATO PER GIANNI…
Renato Benedetto per il “Corriere della Sera”
E alla fine non rimase nessuno. Gli strali lanciati lunedì da Gino Strada contro il Movimento sanciscono la fine del Pantheon grillino delle origini. Quello scolpito con i clic sulle pagine del blog di Grillo nel 2013, quando il Movimento, fresco di esordio in Aula, chiamò la base a scegliere i più degni candidati per il Quirinale. Tra i preferiti dei 5 Stelle Milena Gabanelli, Gino Strada, Gustavo Zagrebelsky, Gian Carlo Caselli, Emma Bonino, Romano Prodi. Tutti, nel percorso che ha portato il Movimento dai meet-up a Palazzo Chigi, hanno espresso le loro riserve.
Ultimo, appunto, il fondatore di Emergency. Che lunedì, su Radio Capital, è sbottato: «Quando si è governati da una banda dove la metà sono fascisti e l' altra metà co…ni non c' è una grande prospettiva». E se Strada ha dato a Salvini del «razzistello», è facile capire a quale socio di governo tocchi la parte del «c...».
Zagrebelsky, in piena era gialloverde, ha lanciato un appello alla «resistenza civile», dopo aver bocciato, da professore, la base dell' intesa di governo: «Il contratto tedesco sembra una tesi di dottorato, quello italiano un compito di terza media». Caselli, bollando in un' intervista all' Huffington come «opportunista» la «politica dei due forni» usata da M5S per arrivare a Palazzo Chigi, ha rimarcato la differenza con il 2013, «i tempi dei grillini ruspanti, autentici...».
D' altronde la più votata di allora, Milena Gabanelli (che, come Strada, rifiutò l'«offerta») un mese dopo le Quirinarie già faceva il pelo al blog che l' aveva acclamata: «Dove vanno i soldi del sito?», chiedeva su Report scatenando ire tra i grillini. E così fino a oggi (tra le ultime polemiche, quando richiamò i 5 Stelle che avevano tagliato, a uso propagandistico, un' inchiesta di Dataroom: «Si chiama manipolazione, è scorretta»).
Romano Prodi su M5S e governo ha lanciato allarmi a più riprese. Mentre per Emma Bonino valgono, oltre alle parole rivolte ai 5 Stelle («Il Parlamento ridotto a una farsa non è un trofeo»), le lacrime versate in Aula nella lunga notte in cui il Senato disse sì alla Manovra. Dopotutto, lo stesso Grillo, che nel Pantheon ricopre il ruolo di «elevato» e di origine di tutto, dall' Ilva alle grandi opere, non ha certo lesinato stoccate ai suoi.
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