DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Vincenzo Nigro per âLa Repubblica'
Quando Matteo Renzi ieri, a Palazzo Chigi, ha chiesto semplicemente «Ma perché non abbiamo fatto ricorso ai tribunali internazionali fin dal primo momento?», qualcuno gli ha semplicemente detto la verità : «Perché l'India non accetta un arbitrato, ed è già un primo problema, e poi perché ogni altra opzione internazionale lascerebbe i due marò a New Delhi per anni e anni».
La verità è questa: lo strumento "internazionale" in questo affare non esiste, a meno di voler abbandonare i due fucilieri di Marina in India per anni e anni. Nero su bianco questa verità è stata sintetizzata così da un avvocato dello Stato: «Il ricorso all'arbitrato internazionale di carattere obbligatorio previsto dalla parte XV e dall'allegato VII dell'Unclos non è stato praticato sia per la sua prevedibile lungaggine (non
meno di quattro anni) sia per la sua natura di interpretazione della Convenzione senza possibilità di esame del caso pratico».
Questo è un passaggio (a pagina 86) del massiccio libro di "documentazione e ricerche" preparato dai Servizi studi di Camera e Senato per i parlamentari che sono volati in India il 26 gennaio. à all'interno del lungo capitolo dedicato alla "Posizione del governo italiano sul piano giudiziario".
Si spiega perché fino a oggi il governo Monti e poi quello Letta avevano scelto l'unica strada che sembrava percorribile: negare a parole la legittimità del processo indiano, ma di fatto accettarlo. Per provare ad accelerare i tempi del processo, e arrivare a una condanna veloce e tutto sommato sostenibile per l'Italia e per i marò.
Per questo il ministro degli Esteri Terzi e quello della Difesa Di Paola accelerarono la firma con l'India di un accordo per far scontare in patria la pena ai detenuti italiani condannati in India (e viceversa). Per questo Terzi non chiese solidarietà all'Onu. Per questo il governo Monti, per alleggerire il procedimento penale, trovò in un tribunale del Kerala un accordo con le famiglie dei due pescatori, pagando 120mila dollari di risarcimento, senza riconoscere colpe penali, ma di fatto ammettendo la responsabilità civile dell'incidente.
Quando però l'India ha chiesto l'applicazione della legge antiterrorismo Sua Act per processare i due marò in servizio per conto di uno Stato membro dell'Onu, l'Italia ha avuto fra le mani un ottimo strumento di propaganda.
La campagna internazionale che ne è conseguita, il coinvolgimento per la prima volta concreto della Ue e dell'Onu sulla insostenibilità di una accusa di terrorismo hanno dato un po' di ossigeno alle ragioni italiane. Ma adesso che lo spettro dell'accusa di terrorismo è caduto, per l'Italia crolla un importante strumento di internazionalizzazione e il processo indiano potrebbe riprendere il suo percorso lento e sonnacchioso.
Appena insediato, il premier Renzi assieme ai ministri Mogherini e Pinotti (il ministro dell'Interno Alfano si è già sfilato dalla partita) ha ricevuto in eredità un caso complesso. Senza minaccia di accuse di terrorismo, la possibilità per Renzi di trovare solidarietà internazionale contro un gigante economico come l'India si riduce a livello di pacche sulle spalle.
Per questo ieri nel suo comunicato Palazzo Chigi ha confermato che di appoggio internazionale c'è bisogno, anche se tutti hanno capito che l'Italia si prepara a una "internazionalizzazione" di facciata al Tribunale del mare di Amburgo. Ma è una mossa con poche speranze. Un giudice per i due marò c'è, e rimane a New Delhi.
TERZI E MARO Massimiliano Latorre e Salvatore Girone renzi monti RENZI E LETTAMOGHERINI E ALFANO FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE PINOTTI ANDREA ORLANDO BEATRICE LORENZIN IN SENATO FOTO LAPRESSE
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