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Paolo Biondani per "l'Espresso"
Potrebbe sostituire Silvio alla guida del partito. Ma anche la figlia del Cavaliere risulta titolare di società nei paradisi fiscali
Di padre in figlia. Mentre ferve il dibattito politico sull'ipotesi che Silvio Berlusconi possa lanciare la figlia Marina alla guida di Forza Italia, dalle carte del processo Mediaset salta fuori che il padre avrebbe già trasmesso alla sua primogenita il vizio delle offshore. Intestando proprio a lei una parte di quel tesoro nascosto all'estero che è alla base della condanna definitiva per frode fiscale del miliardario di Arcore.
La sorpresa è documentata nelle carte giudiziarie che ricostruiscono la storia di un gruppo di società offshore rimaste segrete per più di un decennio. La traccia più vistosa porta a una villa da sogno alle Bermuda, frequentata più volte dall'ex premier e da sua figlia. I documenti ora pubblici, confermati dalle ammissioni di due avvocati internazionali del gruppo Fininvest-Mediaset, descrivono quella residenza caraibica come un regalo «riservato» di papà Silvio alla sua primogenita, indicata come la vera proprietaria, dietro lo schermo di una delle tante offshore.
à una storia che parte da lontano, ma spiega molto del presente. Con un inizio che sembra quasi una provocazione anticipata ai danni della divorziata più ricca e vilipesa d'Italia.
Milano, 15 dicembre 1990: Silvio Berlusconi sposa l'attrice Veronica Lario. Testimone del marito è un politico, Bettino Craxi, sostenitore dichiarato delle tv dell'amico (e beneficiario non dichiarato di tangenti offshore).
Per Marina e Piersilvio Berlusconi, nati dal primo matrimonio, le seconde nozze del padre creano un problema: fino a quel giorno sapevano di dover dividere eventuali lasciti, dalle donazioni presenti all'eredità futura, con gli altri tre figli che Silvio aveva già avuto da Veronica, ma da quel 15 dicembre una fetta di torta spetta alla nuova moglie. Dunque, come evitare malumori tra le due famiglie?
Le carte del processo Mediaset offrono una risposta logica, rapida ed invisibile: Silvio Berlusconi ha risolto tutto alla vigilia delle nozze, affidando il caso a un avvocato inglese, David Mills. Proprio lui, il mago dell'evasione internazionale che è stato giudicato colpevole (condanna in primo e secondo grado, prescrizione in Cassazione grazie alla legge ex Cirielli, ma con obbligo di risarcire i danni) di essersi fatto corrompere da Berlusconi per testimoniare il falso in due tribunali italiani.
E nascondere che ben 64 offshore, da lui create per gestire fondi neri sottratti al fisco italiano dal gruppo Fininvest-Mediaset (in totale, un miliardo e cento milioni di euro), erano «di proprietà personale di Silvio Berlusconi».
Tra le prove a carico dell'ex premier, c'è anche quell'incarico familiare, confessato da Mills solo nel 2004: «Lo scopo era destinare una parte del patrimonio privato di Silvio Berlusconi ai figli del suo primo matrimonio: mi si chiedeva di costruire due veicoli societari per i diritti televisivi e destinare i profitti a Marina e Piersilvio. E si voleva che questa struttura rimanesse riservata».
L'ammissione di Mills è una conferma dell'accusa, perché solo il vero padrone di un tesoro offshore può chiedere di intestarne una parte ai figli. Fatto sta che l'avvocato crea davvero «due trust» (società fiduciarie, che servono appunto a nascondere i veri proprietari) nel paradiso fiscale di Guernsey: quello della primogenita si chiama "Muesta". Sull'atto costitutivo, stipulato a Londra nello studio Mills, c'è la firma di Marina Berlusconi, sopra una data che parla da sola: 14 dicembre 1990, vigilia del matrimonio tra Silvio e Veronica.
Quei due trust, che Mills aveva tenuto nascosti ai pm di Tangentopoli insieme ad altre offshore segretissime, sono stati scoperti solo con il nuovo processo Mediaset. Quando ha potuto analizzare i conti esteri, la stessa Procura di Milano ha chiesto l'archiviazione di ogni accusa per Marina e Piersilvio Berlusconi: i due trust erano intestati a loro, ma come «meri prestanome», perché in realtà è il padre che ha continuato a gestire tutti i soldi. Cosa ne abbia fatto, resta un mistero italiano.
L'unica certezza è che Silvio Berlusconi, mentre crollava il sistema di Tangentopoli e si affermava Forza Italia, poteva contare su un enorme serbatoio di nero: solo tra il 1991 e il 1996 il suo tesoriere svizzero, un banchiere della Arner, gli ha smistato «oltre 52 milioni di euro in contanti» verso destinatari ignoti.
La pista che porta alle Bermuda parte da una stranezza: il trust di Marina è rimasto attivo per buona parte degli anni '90, con tanto di spese: che senso aveva pagare i gestori di un salvadanaio estero che il padre teneva vuoto? E qui le carte giudiziarie mostrano una grossa differenza tra i due figli. Piersilvio, appena ventenne, si limita a firmare il suo trust, ma da allora non compare più in nessun paradiso fiscale. Marina Berlusconi invece ha almeno una offshore con un vero patrimonio estero.
Si chiama Bridgestone Properties Limited ed è una delle società costruite proprio da Mills, tra gli anni '80 e '90, per nascondere il nero creato dalla Fininvest. Questa Bridgestone era già citata nei vecchi atti di Mani Pulite: secondo i pm, serviva a scaricare sull'azienda le spese della villa, un'accusa poi rasa al suolo dalla legge che ha annientato il reato di falso in bilancio. Ora però, nel nuovo processo, i giudici hanno potuto ricostruire la reale proprietà di quella offshore.
La svolta arriva nel 2003, quando i magistrati scoprono che Mills, sette anni prima, aveva sottratto alle perquisizioni le carte delle offshore più segrete, tra cui la Bridgestone. Scoperto il depistaggio, i pm gli chiedono a chi appartiene. A quel punto Mills ammette: «Bridgestone Limited è la società che aveva acquistato la villa di Silvio Berlusconi alle Bermuda e un'imbarcazione. So che la società apparteneva a Marina Berlusconi. E ne ho avuto conferma quando ho consegnato le carte di Bridgestone all'avvocato Maurizio Cohen di Montecarlo, che mi disse che le avrebbe consegnate a Marina Berlusconi».
La villa si chiama Blue Horizons: Marina ne figurava come semplice inquilina, stando alla versione scritta nei contratti esteri da lei firmati nel 2002 e 2003. Nel 2004 però i pm interrogano anche il suo avvocato Maurizio Cohen, che conferma tutto: «Ricordo di aver ricevuto nel 1999 o 2000, mi sembra dall'avvocato Mills, il dossier concernente la proprietà Blue Horizons, che è una villa alle Bermuda».
E a chi appartiene quella villa? Cohen, in francese, risponde sicuro: «Marina Berlusconi ha il godimento esclusivo della proprietà e lei stessa mi ha indicato che è registrata come proprietaria nei registri fondiari delle Bermuda. Mi ha detto che ne è diventata proprietaria per donazione».
Ogni volta che scoppia l'emergenza indagini, però, Marina sembra quasi finire sotto tutela. Nel 1996, quando Mills fa sparire le offshore segrete, la primogenita di Berlusconi si presenta nel suo studio di Londra, «pochi giorni dopo la perquisizione», ma «accompaganata da Giovanni Acampora», l'avvocato poi condannato per la maxi-corruzione giudiziaria del caso Mondadori. E nel 2000 a chi vengono spedite le carte della villa che scotta? Da Montecarlo, risponde l'avvocato Cohen: «Al signor Spinelli, l'amministratore dei beni della famiglia Berlusconi».
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