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Franco Bechis per "Libero"
Un testimone viene chiamato a deporre in gran segreto dai magistrati un sabato pomeriggio. Parla quattro ore, e i pm scelgono di sintetizzare la deposizione in appena sei paginette. Il verbale viene secretato. Tre giorni dopo è su tutti i giornali. In Italia succede una settimana sì e l'altra pure. I magistrati che interrogavano per altro erano i pm di Napoli, Vincenzo Piscitelli e John Woodcock. Il trattamento è assicurato: gran riserbo come è accaduto con P3, P4 , caso Lavitola-Tarantini. Solo che questa volta a vedere in mano agli strilloni dopo poche ore il suo verbale segreto non è un testimone qualsiasi.
à toccato a un magistrato puntuto come il pm di Bari, Eugenia Pontassuglia, non a un Silvio Berlusconi qualsiasi. E lei alla pena del contrappasso ha deciso di non soggiacere affatto. Anzi, ha fatto fuoco e fiamme contro la violazione del segreto istruttorio. Prima di tutto perché con quel verbale intercettato a spezzoni, manco fosse una telefonata di un Lavitola, le hanno fatto lanciare accuse al suo procuratore capo, Antonio Laudati, che non si era mai sognata di fare.
«Mai in nessun passaggio», ha chiarito ieri il magistrato pugliese, «ho messo in discussione l'operato del procuratore Laudati e quello del collega Ciro Angelills, così come, invece, appare a chi, non leggendo l'intero verbale, si affida a ciò che viene pubblicato».
Che poi è la sorta di pressoché tutti i testimoni e gli imputati italiani. à la giustizia bellezza, e deve essere amaro per un magistrato provarla un giorno sulla sua pelle. La Pontassuglia, non si può darle torto, ha espresso «profondo rammarico per vedere pubblicate parti dell'interrogatorio che ho reso sabato scorso, 17 settembre, come persona informata dei fatti ai colleghi di Lecce e Napoli, e che avrebbero dovuto rimanere segreti». Avrebbero, appunto.
Ma interrogatori e verbali volano come Jumbo in quel fantastico sistema di posta pneumatica fra procure e giornali che fa morire di invidia l'amministratore di Poste italiane, Massimo Sarmi. Altra stoccata della magistrata intercettata: «senza volere entrare nel merito dell'inchiesta, è bene ribadire che la deposizione è durata circa quattro ore ed è stata sintetizzata in sole sei pagine di verbale. La stessa non è stata registrata e il verbalizzante non ha ritenuto di riportarla con la formula "domanda e risposta"».
Verrebbe voglia di citare vecchi proverbi: chi di verbale ferisce... Ma non sarebbe giusto nei confronti della Pontassuglia.
La pena del contrappasso sarebbe il minimo per magistrati alla Woodcock: costretti ai riflettori tutti i suoi imputati, capitasse lo stesso a parti invertite, non avrebbe diritto di replica. La pm di Bari invece è stata esemplare proprio nella sua inchiesta più delicata. Nel caso Tarantini-escort certo la procura non ha tirato al risparmio quando si è trattato di intercettare colloqui e utenze telefoniche. Sembrano che le intercettazioni fossero più di 100 mila. Tutte però fra il 2008 e il 2009.
E non ne è uscita una per più di due anni. Pratica- mente mai accaduto. Non solo: la Pontassuglia si è ascoltata in gran segreto le intercettazioni e ha deciso di non farne trascrivere più della metà , altra scelta che non viene fatta quasi mai. Ma- gari c'erano spezzoni di gran gossip che avrebbero fatto titolo di prima pagina, ma non essendo utili ai profili penali dell'inchiesta non sono stati nemmeno sbobinati per non fare cadere in tentazione nessuno.
Più che comprensibile la rabbia dopo tanta cura professionale, nel leggersi il suo verbalino distorto secondo gli interessi di chi l'ha passato ai giornali. Dispiace per lei, ma forse questa volta con un magistrato vittima c'è anche il rischio che sia fatta giustizia. Magari se ne occuperà il Csm e non seppellirà la pratica sotto le polverose e dimenticate pile che riguardano altre comunissime vittime della violazione del segreto istruttorio.
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