DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
1 - CENE E NOMINE, ALTA TENSIONE M5S NEL MIRINO IL RUOLO DI BONAFEDE
Estratto dell’articolo di Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
Davide Casaleggio elude le domande sul suo incontro con Luca Lanzalone, la sera prima dell'arresto dell'ex presidente Acea, con un risolino nervoso. « Volete sapere di una cena... incredibilmente » . […] E nella notte incontra Luigi Di Maio per concordare una reazione comune davanti a una vicenda che colpisce al cuore il Movimento, mostrandone opacità e fragilità.
LUIGI DI MAIO ALFONSO BONAFEDE
[…] Che Lanzalone non fosse un consulente qualsiasi che passava lì per caso, come la narrazione del Movimento vorrebbe far credere adesso, è provato dalle telefonate ripetute ai parlamentari cui era stato affidato il dossier "nomine" nelle partecipate di Stato (in primis Stefano Buffagni e Laura Castelli), dalla sua frequente presenza al comitato elettorale di Luigi Di Maio nei giorni precedenti le elezioni, dal fatto che a lui fosse stata affidata la stesura del nuovo statuto del Movimento 5 stelle e - a giudicare dalla paura diffusa tra gli eletti M5S - dai molti omissis di cui sono disseminate le carte della procura di Roma.
Per questo, l'ala ortodossa del Movimento - che non dimentica che nell' inchiesta sono finiti anche due candidati agli uninominali romani - ha deciso di farsi sentire. Con le parole della capogruppo in regione Lazio Roberta Lombardi, che ha chiesto una reazione ai vertici, attaccando di fatto il neoministro della Giustizia Bonafede.
[…] Anche per queste rimostranze interne, Di Maio tenta di passare al contrattacco. Ieri ha annunciato di aver dato mandato ai ministri competenti di mettere a punto una nuova legge sulla trasparenza delle donazioni di privati ai partiti e alle fondazioni. […]
2 - M5S, TRA SGAMBETTI E INVIDIE NON SCATTA IL MUTUO SOCCORSO
Mario Ajello per “il Messaggero”
C'era una volta la geometrica potenza dello Tsunami Tour grillino. Ora c'è la rassegnata impotenza M5S davanti allo Tsunami Stadium. E si salvi chi può. Ognuno va per sé, e tutti contro tutti, al tempo della tempesta che investe i pentastellati. E come nella Tempesta scespiriana ognuno di loro, Di Maio, la Raggi e gli altri, sembra sprofondato in questo mood che non è certo all' insegna del mutuo soccorso: «Ora i miei incantesimi si sono spenti, la forza che possiedo è solo mia, ed è poca». Perciò la Raggi parla come parla: «Io non c'entro».
paola taverna io nun so un politicoooo
Perciò Di Maio si appella all' intervento dei provibiri, per allontanare da sé tutto il fango, senza calcolare che il capo di questo tribunale delle coscienze M5S è il ministro Fraccaro, che è coinvolto nella vicenda stadio ed era spesso presente alle riunioni, come ha raccontato l'ex assessore Berdini, che si sentiva commissariato perché non in linea con il movimento.
Dove ora è tutto un ribollire di rabbie, al punto che Di Maio per non scottarsi non le ha volute toccare, disertando l'assemblea dei parlamentari l'altra sera, e il numero due di M5S, l'invidiato Bonafede, diventato Guardasigilli, fedelissimo di Giggino, è l'obiettivo su cui tutti sparano - la Lombardi o uno come Sibilia, sia pure non apertis verbis - per colpire il capo politico. E questa è la classica situazione che richiede l'intervento del garante. E infatti tutti aspettano (intasato il centralino dell' Hotel Forum di chiamate) l’arrivo di Beppe a Roma.
Il quale oggi potrebbe partecipare all'evento pubblicitario della fondazione Rousseau di Casaleggio, che è a sua volta è qui: ma sfugge, nel senso che non vuole parlare dello stadio anche se andava a cena, e più volte, con Parnasi e gli altri ed era interessatissimo a Tor di Valle. Ma molti perfino di Grillo dubitano ormai. E lo fanno così: «Il garante è il garante. Ma quanto può garantire sulla correttezza dell' operazione, lui che di Lanzalone è stato lo scopritore?».
GLI ELETTI
Perfino tra i fedelissimi di Di Maio c' è agitazione. Ci sono quelli, come Coltorti, figura competente, pezzo grosso come altri eletti nei collegi uninominali, ministro quasi fatto ma poi escluso in favore di Toninelli non proprio un tecnico delle Infrastrutture, che rimasti senza riconoscimenti parlamentari né ministeriali si sfogano: «Non ci hanno valorizzato, è stata premiata solo la vechia guardia».
Chiedono «collegialità» al solipsista Di Maio e ora che infuria lo Tsunami Stadium la chiedono ancora di più. Mentre intorno a loro e a tutti, nel trionfo dello scaricabarile, risuonano parole inaudite nel modo grillino. «Sono parte lesa» (Raggi). «Chi sbaglia paga» (Di Maio).
«No alla giustizia sommaria». «A mia insaputa». «Accanimento mediatico». E perfino, sotto sotto, «giustizia ad orologeria». Non può crollare un regime, perché quello grillo-leghista regime non è, e se lo fosse sarebbe appena cominciato. Ma espressioni così rientrano nel più classico dei deja vu, somigliano - in maniera per ora meno drammatica rispetto al 92-93, ma bisognerà vedere gli sviluppi della cosa - a quelle della fine della Prima Repubblica.
Si procede in ordine sparso, come allora, perché divisi si può sperare che il nemico interno possa scivolare e tu no. E c' è chi guarda a San Francisco, dove dimora il Dibba, nella speranza del ritorno di Savonarola che mette a posto tutto. E lui, come al solito, s' è messo nella posizione più comoda.
Babbo Dibba il panamericano è l' icona lontana ma incombente (tramite video). La parte governista di M5S è isolata (e tutt' altro che internamente compatta), la parte movimentista non può rivendicare la propria purezza perché comunque, per tattica e per convenienza, non si è messa contro i vertici e il nuovo Ingrao (si fa per dire, ossia Roberto Fico, ingessato nel ruolo istituzionale) e i suoi fedeli vorrebbero, per dirla alla De André, sentirsi assolti ma sono pur sempre coinvolti. Ora si tratta per tutti di recuperare la purezza antropologica perduta.
E' una parola. Ma la parola non può più essere legalità.
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