1. IL CAZZONE VA ALLA GUERRA: FAR FUORI LA BANDA BINDI RINGALLUZZITA DAL VOTO LIGURE 2. QUELLA PARTE DEL PD CHE RENZI NON CONTROLLA HA UN SEGUITO ELETTORALE CHE OGGI RAGGIUNGE CON FATICA IL 10%, MA DOMANI, SE FOSSE GUIDATA DA UN LEADER RICONOSCIUTO, POTREBBE ANCHE CRESCERE, RECUPERANDO GLI ELETTORI DI SINISTRA RIMASTI A CASA

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Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”

RENZI RENZI

 

Indossata la mimetica - facendo arrabbiare chi ha perso un figlio che la divisa non la indossava per gioco ma per difendere il nostro Paese - Matteo Renzi pare deciso a dar battaglia contro la minoranza interna del Pd. I giornali di ieri traboccavano infatti di frasi guerresche. Per sintetizzare lo stato d’animo del presidente del Consiglio dopo la sconfitta elettorale, i principali quotidiani scrivevano di una prossima resa dei conti all’interno del partito.

 

orsini e renzi alla play station in attesa della batosta elettoraleorsini e renzi alla play station in attesa della batosta elettorale

Del resto, nonostante le frasi rassicuranti della prima ora con cui l’entourage renziano pareva accreditare soddisfazione per il risultato di domenica, è evidente che alle regionali qualche cosa non ha funzionato. E ancor più evidente è che il gruppetto della sinistra interna considerato fino a ieri soltanto un fastidioso intralcio in realtà, se sottovalutato, è in grado di fare molto male al governo.

 

Accantonate dunque le frasi di rito destinate a giornali e tv, tipo il calcolo delle regioni conquistate da quando Renzi è segretario, resta la realtà dei fatti, che volendo essere sintetici può essere rappresentata da due concetti. Primo: il capo del governo non controlla una parte del proprio partito. Secondo: quella parte del Pd che Renzi non controlla ha un seguito elettorale che certamente oggi raggiunge con fatica il dieci per cento, ma domani, se fosse guidata da un leader riconosciuto, potrebbe anche crescere, recuperando gli elettori di sinistra che sono rimasti a casa. Un dieci e più che verrebbe sottratto alla maggioranza di governo.

RENZI AFGHANISTANRENZI AFGHANISTAN

 

L’idea che prima o poi potesse nascere qualche cosa a sinistra del Pd era messa in conto dallo stesso premier, ma forse Renzi non aveva immaginato che quei voti sottratti al Pd potessero metterlo in così grave difficoltà. Forse pensava che l’emorragia sul fronte mancino sarebbe stata compensata da una trasfusione di voti sul lato destro. Invece, l’elettorato centrista o non ha votato o ha votato altrove: di sicuro non ha messo la croce sul nome del presidente del Consiglio e su quello dei suoi candidati.

 

Risultato: alla conta mancano due milioni di voti. Tantissimi se si pensa che sono stati lasciati per strada in un solo anno. Tuttavia, a ben vedere, avrebbero potuto essere ancor di più. Vi immaginate che cosa sarebbe successo in Toscana, Umbria e Marche se l’area dello scontento che in Liguria è stata rappresentata da Luca Pastorino avesse deciso di trovarsi un candidato e correre da sola?

 

matteo renzi e berlusconi 0aa87941matteo renzi e berlusconi 0aa87941

E provate a pensare se - come è stato nella rossissima regione umbra - il centrodestra non si fosse diviso, con la Lega assieme a Fratelli d’Italia da una parte e Forza Italia e i suoi alleati dall’altra. Probabilmente altre roccaforti oltre alla Liguria sarebbero cadute e oggi non staremmo parlando di resa dei conti dentro il Pd, ma di resa di Renzi, il quale sarebbe messo con le spalle al muro, senza una maggioranza per continuare a governare da solo. Fino dal giorno in cui si è insediato a Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio ha sempre fatto tesoro dell’esperienza di Giulio Andreotti, usando la vecchia teoria dei due forni.

 

matteo renzi e agnese landini al voto a pontassieve   9matteo renzi e agnese landini al voto a pontassieve 9

Quando gli è convenuto ha stretto un patto con Berlusconi, cuocendo con Forza Italia il pane delle riforme. Ma quando la situazione gli è parsa cambiare verso, Renzi ha cotto le michette nel forno della sinistra. Una strategia perfetta da un certo punto di vista. Peccato che ora entrambi i forni siano chiusi, sia quello di sinistra che quello di destra, e il fornaio di Firenze non pare avere alternative se non di cambiare stile.

 

Che cosa farà dunque? Si rassegnerà e tornerà sui propri passi, firmando un patto di legislatura con l’uno e l’altro dei proprietari dei forni o reagirà a modo suo, andando ad uno scontro che potrebbe finire anche male per lui e per il Paese, trascinato verso nuove elezioni e nuovi scontri?

 

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Di certo, siamo nella seconda fase della vita politica di Renzi. Con le elezioni regionali non solo si è scoperto che la luna di miele del premier con gli italiani è finita, ma si è conclusa anche la stagione dell’uomo solo al comando ed è andato in pezzi il mito dell’invincibilità del presidente del Consiglio.

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L’uomo baciato dalla fortuna, colui che in pochi anni ha bruciato tutte le tappe, passando da segretario provinciale della Margherita a capo del governo, andando alla resa dei conti potrebbe giocare al tutto per tutto. Ma quella con la divisa potrebbe essere l’ultima sua battaglia.