FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
1. LA VELOCITà DEGLI SCIACALLI - NON ESISTE «DISAGIO» PER CHI SPARA CONTRO PERSONE INNOCENTI ED à ASSURDO DIRE CHE GRILLO POSSA GENERARE VIOLENZA
Intervento di Adriano Celentano sul "Corriere della Sera"
Il disagio sociale non giustifica le pallottole esplose contro i due servitori dello Stato. Ed è meschino e IPOCRITA da parte di certa Stampa speculare su una tragedia, per farne un'arma contro l'avversario politico. L'uomo che ha sparato non è un folle, ma solo un esibizionista che voleva risolvere il suo disagio sociale con la violenza, prodotto soprattutto dal vizio del gioco d'azzardo, anziché rimboccarsi le maniche e ricominciare da capo.
Anche questo è un LAVORO. Ed è il più NOBILE dei lavori. Ma lui, il giocatore di biliardo, «bravo con la stecca» dicono, voleva essere bravo anche con la pistola. E così quattro anni fa ne ha comprata una per allenarsi. «Non si può mai sapere, c'è sempre qualcuno da uccidere». E l'ora più adatta per il grande debutto verso il baratro non poteva che essere nel giorno in cui si sarebbe dovuto festeggiare la nascita del nuovo governo. Quale momento migliore per passare alla storia in questa di vita in cui prima o poi, anche senza pallottole, dobbiamo morire tutti. E quanto ci costa questo atto «eroico» il cui potere di annientare vive solo il tempo di premere un grilletto?
à incredibile come l'uomo riesca a bruciare la propria vita in un tempo così fulmineo. Come è altrettanto incredibile la velocità di certi SCIACALLI nel gettare fango verso chi ha generato invidia per aver fatto una campagna elettorale senza soldi, in nome di un programma altamente democratico come quello del M5S, e che al contrario di chi li accusa, ha invece generato la speranza in un mondo tutt'altro che ostile e soprattutto: CONTRO ogni genere di violenza.
Bisogna essere cretini, ma cretini non lo sono, per non capire che i toni eccessivi di Grillo, che non sempre condivido, non possono e mai potranno generare violenza. Per il semplice fatto che quei toni sono parte integrante della sua sfera comica e suonano più che altro come un modo per spezzare la tensione nei suoi comizi. Per quanto mi riguarda e per come sono stato educato non c'è «disagio» che tenga per chi spara contro persone innocenti come al bravo carabiniere Giuseppe Giangrande, la cui unica colpa era quella di difendere la sacralità della VITA.
Di cui NESSUNO (a meno che non sia già morto) può essere escluso. Sia che si tratti di operai, politici, preti o imprenditori, poiché la vita è sacra, ed è sacra anche quella degli assassini. E i nostri carabinieri lo hanno dimostrato in modo eclatante, quando si sono trovati faccia a faccia con il maldestro giocatore di proiettili. Potevano ucciderlo e non l'hanno fatto. Perché il loro lavoro è uno solo: difendere la vita. Di chiunque sia. E, se devo dirla tutta, non ho rispetto neanche per coloro che in nome di un disagio sociale, se la tolgono la vita. à pura presunzione sopprimere un qualcosa di cui tu non sei il «Padrone».
Togliersi la vita vuol dire non avere il coraggio di combattere, non avere il coraggio di chiedere scusa se hai sbagliato, non avere il coraggio di pagare il tuo debito anche con la prigione, se hai sbagliato al punto di meritartela. Infine non avere il coraggio di ricominciare da capo e rifarti una vita per dimostrare a te stesso che non sei più quello di prima, ma sei un altro. Capace di vivere secondo le regole e i principi di una convivenza civile. Togliersi la vita vuol dire fregarsene di chi ti vive accanto, madri, moglie e figli. Mi fanno incazzare i «MORTI» che lasciano un biglietto alla famiglia: «Perdonatemi ma non ce la facevo più a stare senza un lavoro».
In quel momento vorrei tanto parlare col morto e dirgli: «Ma tu per chi lavoravi quando non eri disoccupato? Lavoravi per il bene della tua famiglia e per lo scambio reciproco d'Amore fra te, tua moglie e i tuoi figli o lavoravi solo per te stesso? Perché se lavoravi per l'affetto che i tuoi nutrivano per te, uccidendoti è come se avessi ucciso anche loro senza una ragione. Proprio come ha fatto il giocatore di biliardo. E allora cosa devo pensare? Che a te non te n'é mai fregato niente della tua famiglia. Hai solo pensato a te stesso dando sfogo al tuo sfrenato egoismo».
Questo vorrei dire e tante altre cose vorrei dire a coloro che anche solo per un attimo sfiorano l'oscuro pensiero di suicidarsi, o peggio ancora di suicidare gli altri. L'altro ieri quando in televisione è apparsa la cara Martina e parlava del suo carabiniere preferito e di quanto è fiera di esserne la figlia, non sono riuscito a trattenere le lacrime. Le sue parole così struggenti su quel viso giovane e bello, devo dire, mi hanno fatto riflettere su tante cose. Mi domandavo se quelli che sparano e uccidono si siano mai commossi per qualche cosa.
Probabilmente no. Pregherò per il padre di Martina, che non rimanga paralizzato e guarisca presto. Una preghiera che sarebbe bello fare in tanti! Chissà , magari il miracolo è già avvenuto e noi non lo sappiamo...
2. PER PREITI NÃ MANDANTI NÃ COMPLICI IL GIALLO DELLA BORSA NASCOSTA FUORI CASA
Maria Elena Vincenzi per "la Repubblica"
Esclusi mandanti e complici. Per la procura di Roma Luigi Preiti, il piastrellista di 49 anni che domenica ha sparato a due carabinieri in servizio davanti a Palazzo Chigi, ha fatto tutto da solo. Al momento non ci sono elementi che possano far pensare che qualcuno lo abbia aiutato. Nessuna traccia di chiamata nelle 24 ore precedenti. Nessuna traccia di un qualche compagno di viaggio. Parole che sono state confermate anche dal ministro del-l'Interno, Angelino Alfano, intervenuto ieri al Senato, per la prima volta dopo il giuramento: «Non risulta alcun contatto di Preiti con ambienti eversivi. Ha agito da solo, mi sento di tranquillizzare l'opinione pubblica».
Eppure i dubbi restano. Resta il giallo sulla borsa, resta il problema del telefonino intestato a un cingalese, resta il mistero dell'arma e delle munizioni e quello sul movente.
HA SPARATO PER UCCIDERE
Per il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il pm Antonella Nespola che hanno chiesto la convalida del suo arresto, il 49enne ha compiuto «atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte, non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla sua volontà ». Per gli inquirenti non aveva alcuni pensiero suicida, voleva solo uccidere.
Per questo i magistrati gli contestano il tentato omicidio plurimo «per avere con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso esploso sette colpi di arma da fuoco a distanza ravvicinata e ad altezza uomo, ferendo così al collo il carabiniere brigadiere Giuseppe Giangrande e alla gamba l'appuntato Francesco Negri, mentre tentava di sottrarsi al fuoco dietro un riparo, e al giubbotto operativo di tela il vicebrigadiere Marco Delio Murrighile che lo stava affrontando».
Accuse che potrebbero addirittura portare Preiti all'ergastolo: ha sparato da pochi centimetri, dalle immagini sembra al massimo mezzo metro, dritto in faccia al brigadiere Giuseppe Giangrande. Ed è solo un caso se il militare non è morto. A queste vanno aggiunte le contestazioni per il porto e detenzione di armi illegali e munizioni. Le pallottole che Preiti aveva con sé, spiegano i pm nella richiesta di convalida, erano 21: sette esplose contro i carabinieri, tre trovate a terra, tre in tasca e nove nella borsa. E su questi reperti, così come sulla pistola e sul materiale di pulizia trovato nella sacca, i pm hanno disposto accertamenti.
USCITO A MANI VUOTE
Resta un mistero, quello della borsa. I suoi familiari, infatti, hanno messo a verbale che la mattina della sua partenza (per il viaggio aveva chiesto 300 euro a un amico con la scusa di dover salire al Nord per trovare il figlio), Preiti era uscito di casa senza niente. A mani vuote. Eppure, le prime immagini che lo riprendono diretto verso Roma, quelle nella stazione di Gioia Tauro, lo mostrano con la borsa in mano. Dove teneva la valigia con i suoi effetti personali, con la pistola e le munizioni? La ha deliberatamente nascosta ai suoi parenti? L'aveva nascosta da solo? O qualcuno gliel'ha data prima della sua partenza?
IL MISTERO DEL TELEFONINO
Poco chiara anche la questione del telefonino. La sim, pur essendo in uso a lui, era intestata a un cingalese. Dai tabulati emerge che Preiti, dal momento della sua partenza, non ha fatto una sola chiamata. Eppure nei giorni precedenti ce ne erano parecchie, ai suoi genitori, alla ex moglie. E sono proprio loro ad averlo chiamato dopo aver visto in televisione le immagini di Palazzo Chigi. Il che vuole dire che quello era il suo numero di telefono. E allora perché l'utenza ha un altro intestatario? C'entra qualcosa quell'uomo in questa storia?
SOLO UN GESTO ISOLATO
Non si poteva evitare quello che è successo. Così il ministro dell'Interno Alfano ha spiegato al Senato l'attentato di domenica, difendendo l'organizzazione della vigilanza. «I controlli erano stati rafforzati lungo il percorso e nelle zone adiacenti ai palazzi istituzionali. In particolare, era stato disposto il divieto di attraversamento di piazza Colonna in maniera che fosse garantito lo spazio di sicurezza per il passaggio dei ministri».
Servizi che ora sono stati rimodulati e potenziati, ha spiegato l'inquilino del Viminale, che ha chiesto pubblicamente di non «strumentalizzare un disagio sociale». Disagio al quale si è attaccata la difesa di Preti, determinata a chiedere una perizia psichiatrica, anche se i pm, nella richiesta di convalida, precisano l'assenza di qualsiasi patologia e parlano, soltanto, di «insofferenza emotiva». Stamattina l'interrogatorio di garanzia.
3. LA PISTOLA PUNTATA A MEZZO METRO DALLA TESTA DEL CARABINIERE INTORNO A LUI TURISTI E CURIOSI: ECCO IL MOMENTO IN CUI IL MANOVALE APRE IL FUOCO CONTRO I MILITARI
Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"
Finché non ha alzato il braccio per mirare alla testa del brigadiere Giangrande, nessuno tra la piccola folla colorata di turisti, curiosi e militari s'era accorto di Luigi Preiti e delle sue intenzioni. Ma al primo sparo, col carabiniere che crolla a terra e lui che continuava a fare fuoco col braccio puntato contro le altre divise, tutti cominciano a sciamare: chi correndo, chi camminando all'indietro, chi gettandosi a terra. La 7,65 impugnata dal carpentiere aspirante killer sputa altri sei proiettili in successione rapidissima, fino a scaricarsi.
L'uomo continua a tenere il braccio teso, ma probabilmente i colpi vanno più in basso di dove lui avrebbe voluto; al momento dello sparo la pistola provoca il cosiddetto «strappo» modificando la traiettoria. Così Giangrande viene centrato al collo anziché al capo, nonostante la canna della Beretta fosse a poche decine di centimetri da lui; il carabiniere scelto Negri resta ferito alle gambe, mentre tenta di ripararsi dietro la garitta che pure viene scalfita da due proiettili; il vicebrigadiere Murrighile, dopo aver tentato di andare incontro a Preiti per fermarlo, cade mentre indietreggia per un colpo al torace, che buca solo il giubbotto di servizio.
Sono passati pochi secondi, il caricatore della pistola è vuoto. Preiti non prova a riempirlo, né prova a rivolgere l'arma verso se stesso prima dell'ultimo colpo. Comincia a correre verso piazza Montecitorio, da dove era arrivato, ma riesce a percorrere meno di cinque metri: a sbarragli la strada c'è il furgone dei carabinieri, lui prova a infilarsi nella galleria di palazzo Wedekind, l'edificio che chiude la piazza, ma non ci riesce. Murrighile che s'è rialzato e gli altri intorno al furgone gli saltano addosso e lo bloccano a terra. Fine della fuga, che chissà dove sarebbe proseguita, e per quanto. E fine del film.
à stata una telecamera piazzata sul palazzo di Montecitorio lungo via dell'Impresa, la stradina stretta dove s'affaccia il portone d'accesso alla residenza del presidente della Camera, a immortalare le immagini della tentata strage. Che giuridicamente la Procura di Roma ha tradotto nell'imputazione di triplice tentato omicidio.
La prova che Preiti voleva uccidere, per i pubblici ministeri, sta proprio nel filmato girato da quella piccola telecamera, alla quale l'uomo non aveva evidentemente fatto caso; o forse non se n'è curato, preoccupato solo dal portare a termine il «gesto eclatante» di cui ha parlato nel primo interrogatorio, e che secondo l'accusa altro non era che la volontà di ammazzare. Perché altrimenti non si mira alla testa della vittima da meno di un metro di distanza, come si vede abbastanza chiaramente nel filmato.
Il difensore di Preiti, l'avvocato d'ufficio Raimondo Paparatti, sostiene che il suo assistito non aveva l'«intenzione omicida» contestata dai pm. Ieri è andato a incontrarlo in carcere, e all'uscita ha spiegato: «Voleva colpire i politici, poi viste le transenne e le forze dell'ordine ha perso la testa. Ha perfino immaginato di sentire la voce della madre e ha sparato, ma giura che non voleva uccidere. à molto provato psicologicamente, è molto dispiaciuto, continua a chiedere notizie sulle condizioni dei carabinieri feriti e si augura che possano guarire il prima possibile».
L'accenno alle voce della madre che gli rimbombava nella testa sembra il presupposto di un'istanza di perizia psichiatrica confermata dallo stesso difensore: «Le condizioni di Preiti sono tali da indurci a chiederla; è necessario accertare le sue condizioni al momento del fatto, e solo l'indagine medico-legale potrà dare le risposte».
La Procura s'è già detta contraria, anche perché in passato l'indagato non ha mai sofferto di alcuna malattia psichica. Di recente era depresso per le vicissitudini familiari e la disoccupazione «da lui attribuita all'attuale situazione politica»; di qui l'azione premeditata contro i nuovi ministri, che poi s'è concretizzata contro i carabinieri. Ma tutto è avvenuto in perfetta lucidità , insiste l'accusa.
Per gli inquirenti e gli investigatori dell'Arma quell'uomo era perfettamente in grado di intendere e di volere, come dimostrano gli altri tasselli dell'indagine ricostruiti finora. Che seppure non hanno sciolto tutti i dubbi, per adesso confermano l'ipotesi di un'azione tanto sconsiderata quanto solitaria. Preiti voleva compierla senza essere disturbato e senza lasciare tracce della sua presenza, se da mezzogiorno di sabato 27 non ha risposto alle telefonate del padre e quando è arrivato in piazza Colonna aveva il cellulare spento.
Né tra sabato e domenica risulterebbero altre chiamate, in entrata o in uscita. I soldi per il viaggio li ha ricevuti in prestito da un amico, tale Giuseppe, che ha confermato di avergli consegnato 300 euro il 24 aprile. Preiti gli aveva detto che doveva partire per incontrare il figlio. Invece è andato a sparare sotto i palazzi del potere, ripreso da una telecamera che ora è diventata il principale atto d'accusa contro di lui.
PREITI PRENDE IL TRENO A GIOIA TAUROPREITI SPARA CONTRO I CARABINIERI DAVANTI PALAZZO CHIGILUIGI PREITI CON ALCUNI AMICI DEL BILIARDOMOGLIE DI LUIGI PREITIarcangelo preiti fratello di luigi foto lapresse LUIGI PREITI L ATTENTATORE DI PALAZZO CHIGIluigi preiti full CARABINIERE FERITO DALLA SPARATORIA A PALAZZO CHIGI L AUTORE DELLA SPARATORIA A PALAZZO CHIGIL AUTORE DELLA SPARATORIA A PALAZZO CHIGIDOPO LA SPARATORIA A PALAZZO CHIGIDOPO LA SPARATORIA A PALAZZO CHIGICARABINIERE FERITO DALLA SPARATORIA A PALAZZO CHIGI MARTINA GIANGRANDEGIUSEPPE GIANGRANDEMARTINA GIANGRANDEALFANO GIURA AL QUIRINALE CON LETTA E NAPOLITANO
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