
JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA…
Giannino Della Frattina per "Il Giornale.it"
C'è grande fermento (e tormento) nell'area cattolica del Pdl. E so¬prattutto nell'ala ciellina, quel braccio più secolare che ha scel¬to l'impegno politico all'ombra del berlusconismo.
Un univer¬so, quello di Comunione e libera¬zione, sull'orlo di un big bang do¬po la discesa in campo di Silvio Berlusconi che invece di calma¬re le acque ha eccitato gli animi.
Così come ha scaldato il mondo cattolico l'intervista al Corriere del cardinale Angelo Bagnasco, il presidente della Cei che difen¬de il premier dimissionario Ma¬rio Monti.
Benzina su un fuoco che arde¬va da tempo, soprattutto tra gli eredi di don Giussani divisi tra un leader in declino come Ro¬berto Formigoni azzoppato da¬gli assalti giudiziari e la necessi¬tà di trovare nuovi condottieri. Non è solo una questione di pol¬trone, ma trattandosi comun¬que di ex democristiani e politici di professione, di questo anche si tratta.
Perché un big del parti¬to che ha partecipato agli ultimi vertici, tra cui quello convocato domenica scorsa da Silvio Berlu¬sconi nella sua residenza mila¬nese di via Rovani con Angelino Alfano e i colonnelli lombardi del Pdl, racconta l'irritazione di Formigoni che si starebbe ren¬dendo conto che per lui la strada verso il parlamento si fa acciden¬tata. Ancor più dopo che ieri Ber¬lusconi ha detto che «solo il 10 per cento dei candidati sarà pre¬so dai nostri attuali parlamenta¬ri». Una sforbiciata mortale per la pattuglia ciellina su cui Formigoni lavorava da tempo e i cui no¬mi, oltre al suo, sono tra gli altri quelli di Maurizio Lupi, Mario Mauro, Raffaello Vignali e Rena¬to Farina.
Messi dal Celeste sul piatto della trattativa per convin¬cere Gabriele Albertini a ritirare la sua candidatura alle elezioni regionali in Lombardia e lascian¬do così spazio a Roberto Maroni che in cambio riporterebbe la Le¬ga nell'alveo del centrodestra al¬le politiche. Una trattativa che sembrava a buon punto, fino a che la ridiscesa in campo di Ber¬lusconi ha ma¬ndato per aria i mi¬nuetti da vecchia politica. Furio¬sa la reazione dei ciellini che per bocca di Mauro, capogruppo del Pdl al Parlamento europeo, hanno messo nel mirino Berlu¬sconi.
Dalla cui candidatura a premier con relativa sfiducia al governo dei tecnici, ieri Mauro ha preso le distanze. «Spero che a un momento di follia vera e propria - ha tuonato da Strasburgo - ¬segua un periodo di as¬sunzione di responsabilità ». Quanto a Berlusconi, Mauro ha ricordato che «abbiamo idee di¬verse ma gli stessi elettori». Ec¬co perché è importante sottoli¬neare che «per me il Pdl esiste se si riconosce, come previsto nel suo statuto, nei principi del Ppe». Se questo non è più vero, «allora non mi riconosco in quel partito». Il Ppe, dunque.
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