colosseo renzi franceschini

FUORI I NOMI! COLOSSEO CHIUSO, FRANCESCHINI CHIEDE I NOMI DEI LAVORATORI CHE SI SONO RIUNITI IN ASSEMBLEA E ACCUSA I SINDACATI: SAPEVANO CHE I FONDI SAREBBERO STATI SBLOCCATI (MA I SINDACATI SMENTISCONO)

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Tommaso Rodano per il “Fatto Quotidiano”

 

COLOSSEO CHIUSO PER ASSEMBLEACOLOSSEO CHIUSO PER ASSEMBLEA

Lunedì mattina, una circolare interna fa capolino nelle sedi della Soprintendenza di Roma: si chiede la comunicazione urgente dei nominativi dei partecipanti all’assemblea sindacale di venerdì scorso.

 

Quella del grande scandalo, secondo la vulgata politico-mediatica che si è alimentata grazie alle immagini dei turisti in coda fuori dal Colosseo chiuso. In seguito a quell’assemblea di tre ore, comunicata e autorizzata con largo anticipo, Dario Franceschini e Matteo Renzi hanno messo mano al diritto di sciopero nel settore dei Beni Culturali, applicando per decreto anche ai musei e ai poli archeologici la disciplina dei servizi pubblici essenziali (come ospedali e scuole).

 

Dopo la sfuriata, passato il fine settimana, arriva questa lettera, firmata dal soprintendente Francesco Prosperetti: i nomi di chi si è riunito in assemblea (attenzione: assemblea, non sciopero) devono essere comunicati urgentemente (la scadenza era mezzogiorno), pena il rischio di una sanzione disciplinare.

 

FRANCESCHINI TWEET COLOSSEOFRANCESCHINI TWEET COLOSSEO

Una misura che per i lavoratori, dopo la condanna mediatica senza processo di questi giorni, suona come un’ulteriore sgarbo. “È una nota interna che chiede di comunicare il nome di chi era in assemblea venerdì – conferma Claudio Meloni della Cgil – . Una richiesta legittima, per carità, ma piuttosto antipatica nei modi, per così dire.

 

Ogni lavoratore ha diritto a 10 ore di assemblea ogni anno. Gli impiegati del Mibact hanno un badge, con il quale si digita un codice specifico per ottenere il permesso sindacale. Di fatto non ci sarebbe stato bisogno di chiedere i nomi, perché si possono ottenere semplicemente consultando la schermata dei badge. Non siamo sorpresi, ma infastiditi: rientra tutto in questo clima in cui si vuole mortificare chi lavora”.

 

COLOSSEO CHIUSO PER ASSEMBLEACOLOSSEO CHIUSO PER ASSEMBLEA

Dalla Soprintendenza capitolina si prova a ridimensionare il peso della circolare. È un atto legale, sottolineano, e privo di qualsiasi intento persecutorio: un modo per avere un’idea precisa sull’entità della partecipazione all’assemblea che ha bloccato per qualche ora i siti archeologici più famosi di Roma. Se così fosse, però, sarebbe bastato ottenere informazioni sul numero dei lavoratori, invece di chiedere il loro nome. La spiegazione è un’altra: la fretta e i toni ultimativi non dipendono tanto dalla Soprintendenza quanto dai vertici del ministero dei Beni Culturali.

 

LA Richiesta di Franceschini è la redazione di “un rapporto urgente” sui fatti di venerdì. Alla base delle priorità dei vertici del Mibact, di nuovo, non c’è la sostanza dei fatti (un’assemblea di tre ore, nella quale si chiedeva lo sblocco di una parte del salario dei lavoratori scomparsa dalle loro buste paga da circa un anno), quanto la pressione mediatica che ha gonfiato la vicenda.

dario franceschinidario franceschini

 

Per la relazione, quindi, serve subito una sorta di schedatura di chi si è preso quelle tre ore di permesso. Franceschini, nel frattempo, è tornato pubblicamente all’attacco di chi ha avuto l’ardire di chiedere la retribuzione del proprio lavoro. Prima all’Aria che tira, su La7, e poi con una lunga nota diffusa dal Mibact. Il ministro accusa i sindacati: erano già a conoscenza del fatto che i fondi per pagare gli straordinari sarebbero stati sbloccati prima dell’assemblea di venerdì.

COLOSSEO COLOSSEO

 

Una circostanza smentita dagli stessi sindacati e anche dalle ricostruzioni che arrivano proprio dalla Soprintendenza capitolina: lo sblocco sarebbe arrivato proprio venerdì pomeriggio, poche ore dopo “i fatti del Colosseo” e poche ore prima che Renzi e Franceschini presentassero il decreto sui musei, trasformandoli in servizi pubblici essenziali. E le risorse non sarebbero state resi disponibili prima di un confronto tra Renzi e il ministro delle Finanze, Pier Carlo Padoan.

dario franceschini foto lapressedario franceschini foto lapresse