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CON IL COLPO A SORPRESA INFLITTO A TEHERAN, TRUMP HA DIMOSTRATO DI ESSERE PRONTO ALLA GUERRA E MANDATO UN AVVISO ANCHE A CINA E RUSSIA – BILL EMMOTT: “È INVEROSIMILE ADESSO CHE LA CINA POSSA CONFIDARE CHE TRUMP NON INTERVERREBBE, SE PECHINO DOVESSE TENTARE DI INVADERE O ASSEDIARE TAIWAN: ADESSO SA DI DOVER PRENDERE SUL SERIO LA MINACCIA DI UN INTERVENTO MILITARE DEGLI STATI UNITI" – LA DIPENDENZA RECIPROCA TRA IL TYCOON E NETANYAHU E L’EUROPA CHE “NON È SOLA, MA DOVRÀ ESSERE AUTOSUFFICIENTE”…
Testo di Bill Emmott pubblicato da La stampa
Per la potenza americana e per Donald Trump è stata una buona settimana. L’attacco all’Iran ordinato da quest’ultimo è stato contro ogni aspettativa una dimostrazione di successo della potenza americana, soprattutto perché ha intimidito l’Iran al punto da sconsigliare una rappresaglia immediata.
L’accordo dei Paesi della Nato per fissare al 5 per cento del Pil l’obiettivo di spesa per la Difesa equivale a un successo politico ulteriore per Trump, soprattutto perché il Segretario generale della Nato Mark Rutte lo ha reso umoristicamente più interessante dando a Trump del “daddy” (papà). Nel fine settimana a Mar-a-Lago si festeggerà con hamburger e Coca Cola.
Il successo dei bombardamenti di Trump in Iran non si misura in termini di distruzione o meno del programma di armi nucleari di Teheran con bombe anti-bunker americane. Trump dice che è così. Il leader supremo iraniano, l’ayatollah Ali Hosseini Khameini, dice che non è così. Noi possiamo sicuramente affermare che stanno mentendo entrambi.
XI JINPING - DONALD TRUMP - VLADIMIR PUTIN
Quasi sicuramente, a giudicare dalle foto satellitari e dalle informazioni dell’intelligence americana e di quella israeliana, i tre grandi impianti nucleari bombardati sono stati messi fuori uso nel senso che occorreranno tempo e molti soldi per ricostruirli e rimetterli in attività. In ogni caso, l’intelligence israeliana crede anche che l’Iran sia ancora in possesso di una quantità non meglio precisata di uranio arricchito e di un numero sconosciuto di infrastrutture segrete. Qualsiasi cosa potranno dire Trump e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, gli israeliani sanno che, qualora volesse riprendere il suo programma nucleare, Teheran potrebbe farlo, anche se con una spesa considerevole.
La vera domanda non è se il programma nucleare sia stato distrutto. Le vere domande riguardano se la volontà politica dell’Iran di sviluppare armi nucleari sia stata azzerata dalla disponibilità dell’America a combattere al fianco di Israele; e se la leadership politica israeliana sia ora disposta ad aspettare e cercare di valutare le intenzioni dell’Iran o se invece potrebbe cercare di rinnovare i propri attacchi in risposta a qualsiasi segnale, anche minimo, di ripresa dei programma nucleare o di quello missilistico.
Sicuramente, Trump adesso ha un vantaggio sul Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dato che i bombardamenti americani gli hanno fatto un grosso favore. Ma il vantaggio funziona in entrambe le direzioni: convincendo Trump che il bombardamento valeva il rischio, Netanyahu ha dato al presidente americano una grande vittoria politica e, all’indomani della guerra dei 12 giorni (per adesso), sarà l’intelligence israeliana ad avere un ruolo fondamentale nel far conoscere il comportamento e le intenzioni dell’Iran.
VLADIMIR PUTIN DONALD TRUMP XI JINPING - MATRIOSKE
Di conseguenza, per il momento Trump e Netanyahu sono in un rapporto di dipendenza reciproca. Trump potrebbe sperare di riuscire a esercitare pressioni su Netanyahu per fargli porre fine agli attacchi contro Gaza e di trovare un modo per riportare Israele, Arabia Saudita, Egitto e Paesi del Golfo di nuovo a un tavolo per trovare una soluzione a lungo termine a quel conflitto. Se però Netanyahu riterrà che un cessate-il-fuoco a Gaza non è nel suo interesse, ha a sua disposizione gli strumenti per poter resistere alle pressioni americane.
(…)
In conseguenza della decisione di Trump di bombardare l’Iran, un grosso risultato è che l’idea che il presidente degli Stati Uniti sia restio a correre rischi e ami semplicemente fare accordi si è dimostrata imprecisa. Sì, a Trump piace fare accordi e non gli piace rischiare, ma il presidente è pronto a ricorrere all’azione militare quando ne vede l’occasione o la necessità. È inverosimile adesso che la Cina possa confidare che Trump non interverrebbe, se Pechino dovesse tentare di invadere o assediare Taiwan: adesso sa di dover prendere sul serio la minaccia di un intervento militare degli Stati Uniti sotto la presidenza di Trump.
XI JINPING VLADIMIR PUTIN DONALD TRUMP - ILLUSTRAZIONE THE NEW YORK TIMES
Sarebbe ottimistico pensare che il successo in Iran possa incoraggiare Trump a intervenire in maniera importante al fianco dell’Ucraina contro la Russia di Vladimir Putin. Naturalmente, questo è quanto sperano i membri europei della Nato ed è ciò per cui ha esercitato pressioni il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy quando ha parlato con il presidente americano al summit della Nato del 25 giugno, e per cui ha chiesto di poter acquistare altri sistemi missilistici difensivi americani e altre armi.
Eppure, proprio come si è visto che l’America può dar vita a esiti politici a lungo termine in modo limitato, nei cinque mesi della presidenza Trump abbiamo visto che la sua soglia dell’attenzione e il suo impegno a sostegno di cause specifiche sono altrettanto limitati. Per quanto spesso gli europei si abbassino a chiamarlo “daddy”, questo non cambierà la realtà: i Paesi europei non potranno fare affidamento sull’America e dovranno proteggersi.
L’importanza del nuovo obiettivo di spesa del 5 per cento per i Paesi della Nato non è quel numero, di per sé insignificante. Perfino l’America al momento spende soltanto il 3,5 per cento del suo Pil e difficilmente raggiungerà il 5 per cento, tenuto conto del suo deficit fiscale e del suo debito pubblico. L’importanza di questa decisione risiede nel fatto che numerosi governi europei, guidati da Germania, Francia e Regno Unito, si sono impegnati esplicitamente a creare le loro difese e a portarle a un livello in cui non dovranno più dipendere dall’America.
benjamin netanyahu e donald trump nello studio ovale
Sotto l’Amministrazione Trump, l’America sarà spesso ostile, soprattutto in ambito commerciale, e un’Europa fiduciosa e determinata dovrà opporle resistenza. A prescindere dai successi che la potenza americana ha conseguito questa settimana, non è possibile fare affidamento sugli Stati Uniti e la loro influenza a lungo termine è in ogni caso limitata. L’Europa non è sola, ma dovrà essere autosufficiente.
BENJAMIN NETANYAHU AL MURO DEL PIANTO PREGA PER TRUMP DOPO L ATTACCO AMERICANO ALL IRAN
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