DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"
ELISABETTA BELLONI - FRANCO GABRIELLI
«C'è una ragion di Stato che impone di chiudere subito la vicenda». Parlò di «ragion di Stato» il ministro della Difesa la notte in cui prese quota la candidatura di Elisabetta Belloni al Colle. Era l'ultima notte di quei «giorni travagliati». A colloquio con il leader del Pd Enrico Letta, Lorenzo Guerini urlò come mai gli era capitato prima, perché «non si doveva arrivare dove si è arrivati», perché «non si doveva inserire il nome del capo del Dis nella rosa per il Quirinale», perché «va tenuto conto della delicatezza del suo ruolo», perché «non si possono tenere in fibrillazione gli apparati della sicurezza».
E per quanto sorpreso dalla «coda bislacca» della trattativa sul capo dello Stato, il ministro dem pose soprattutto l'accento sulla «ragion di Stato». Ed è proprio seguendo la logica della «ragion di Stato» che ieri il Copasir ha dato prova di un ritrovato senso delle istituzioni, se è vero che - durante l'audizione della responsabile dei Servizi segreti - i membri del Comitato per la sicurezza della Repubblica si sono concentrati sulla crisi ucraina e non hanno posto domande sulla questione quirinalizia che l'ha coinvolta.
Lo avevano fatto anche il giorno prima con il ministro degli Esteri, che pure era stato parte dell'affaire opponendosi alle modalità con cui la Belloni era stata infilata nel tritacarne dei quirinabili. È stato un segno di resipiscenza (quasi di riscatto) del Parlamento, dopo la sbornia di una settimana surreale che - per effetto di mediazioni senza soluzioni - avrebbe infine portato alla rielezione di Sergio Mattarella.
LUIGI DI MAIO E ELISABETTA BELLONI A PRANZO
In quei giorni, a detta di Matteo Salvini, il nome della Belloni «mi venne proposto da Enrico Letta e Giuseppe Conte», che a sua volta inserì tra i promotori della candidatura «anche Roberto Speranza». Nel Palazzo non sono ancora certi su chi sia stata la mente del progetto, diciamo, ma è agli atti la reazione immediata di quanti lo hanno combattuto: dalla maggioranza del Pd a Forza Italia, da un pezzo di M5S ai centristi di ogni latitudine, dalla senatrice di sinistra Loredana De Petris a Matteo Renzi che disse «l'Italia non è l'Egitto».
E tutti insieme, per «ragion di Stato», evitarono di dar corso a una polemica che - come rileva Guerini - sarebbe stata «dannosa verso l'immagine di strutture così importanti e delicate»: «L'improvvisazione di quei giorni ha già fatto abbastanza danni. La politica deve avere l'intelligenza di non trascinare nell'agone persone e istituzioni che vanno tutelate nell'interesse del Paese».
Una risposta indiretta a chi ha continuato a sostenere che sia stata «un'occasione persa non portare una donna al Colle», o a chi ha provato a giustificarsi spiegando come non ci fossero «norme di legge» che ne impedissero l'elezione. Ma ci sarà un motivo se il sottosegretario con delega ai Servizi è dovuto intervenire due volte in pochi giorni, per dire che «su certe cose non si può giocare».
ELISABETTA BELLONI LUIGI DI MAIO
Anche ieri, e sempre per «ragion di Stato», Franco Gabrielli è stato costretto a rompere il riserbo che pure attiene al suo incarico: un fatto senza precedenti, perché non ha precedenti quanto è avvenuto. Preoccupato di preservare il Dis, oltre che la persona posta al suo vertice, si è presentato a Porta a Porta per ribadire «la mia fiducia personale e quella di Mario Draghi» verso Belloni.
E siccome in Transatlantico si erano sparse voci sul fatto che il capo del Dis avesse messo a disposizione il suo mandato, ha affermato che «non è mai stata in discussione la sua rimozione». Di più. Gabrielli ha offerto una ricostruzione dell'ultima notte della corsa al Colle.
Ha raccontato di essere stato «informato» dalla responsabile dei Servizi e di aver seguito «passo passo» la storia, rivelando che «l'ambasciatrice da grande servitrice dello Stato» ha vissuto gli eventi «con molto fastidio e con particolare partecipazione emotiva»: «Lei è stata vittima di questa vicenda. E ora bisogna imparare dagli errori».
SERGIO MATTARELLA FRANCO GABRIELLI
Per decrittare l'ultimo passaggio, viene utile l'intervista che Gabrielli aveva concesso giorni fa a Zapping : per il futuro «credo sia opportuna una limitazione dell'elettorato passivo per tutte le cariche che hanno un ruolo così importante». Era una regola non scritta della politica, che un gioco irresponsabile costringerà a trasformare in norma di legge. Per «ragion di Stato».
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