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1. UN QUIRINALE PREOCCUPATO DALL' IMMAGINE INTERNAZIONALE
Massimo Franco per il Corriere della Sera
Non è un altolà al voto anticipato. Ma lo è senz' altro a una riforma elettorale frettolosa e pasticciata, e ad una interpretazione minimalista e liquidatoria del governo di Paolo Gentiloni. Di certo, l' impostazione del capo dello Stato, Sergio Mattarella, stride con la faciloneria con la quale vertice del Pd, Lega e M5S cercano di forzare verso le urne. Dopo il referendum del 4 dicembre si potevano sciogliere le Camere. Nel momento in cui è stata scelta un' altra strada, però, l' idea di fare rientrare le elezioni dalla finestra appare a dir poco azzardata.
E non soltanto perché bisogna aspettare la sentenza della Corte costituzionale. La decisione del 24 gennaio sull' Italicum sarà il punto di partenza. Poi, bisognerà che il Parlamento trovi una soluzione che non crei contraddizioni e coinvolga «il più possibile» il Parlamento. E comunque, la riforma elettorale sarà solo uno dei temi con i quali l' esecutivo dovrà misurarsi. C' è l' esigenza di un governo «nella pienezza delle sue funzioni»,ha avvertito il presidente della Repubblica: anche per gli impegni internazionali dell' Italia.
A fine marzo, nella capitale, si celebreranno i sessant' anni dei Trattati di Roma. E a fine maggio, a Taormina, si svolgerà la riunione del G 7, con la presidenza italiana. Infilare tra un appuntamento e l' altro le elezioni, o ripiombare in una campagna elettorale, in teoria è possibile. Come non è da escludersi che qualche imprevisto faccia precipitare la situazione. Ma per il Quirinale la strada è questa. Incrocia e contraddice l' insistenza con la quale si continua a dire che il governo non può durare fino all' estate. E mette a nudo i limiti della tesi di una riforma-lampo.
La descrizione che Mattarella fa del futuro sistema prevede «leggi elettorali che non siano, come oggi, l'una fortemente maggioritaria e l' altra assolutamente proporzionale, ma siano omogenee e non inconciliabili». Significa additare una trattativa approfondita, paziente; e che tenga conto di una Costituzione «inalterata da amare e da rispettare». Non si capisce bene se nella «strategia della fretta» ci sia soltanto il tatticismo di chi vuole far sapere all' opinione pubblica di essere pronto al voto. O se ci sia anche l' assillo di impedire che l' esecutivo decolli e riesca a lavorare.
Il «grazie» a Renzi detto ieri da Mattarella nel suo discorso alle alte cariche dello Stato appare netto e sincero. Altrimenti non sarebbe nata una compagine condizionata pesantemente dal vecchio equilibrio. Ma la continuità finisce qui. L' impressione è che sia cominciata una fase diversa, riconosciuta come tale anche da una «maggioranza silenziosa» del Pd che non contraddice la strategia della fretta. Semplicemente, tende a rallentarla, convinta che il partito debba ricalibrare i propri tempi, senza sognare rivincite a breve termine su un referendum dall' esito indiscutibile.
2. MATTARELLA: PRIMA O POI SI VOTERA’
Ugo Magri per la Stampa
RUTELLI FRANCESCHINI MATTARELLA GENTILONI
Non sarà Mattarella a mettersi di traverso sulle elezioni, a impedire che l' Italia dica la sua. Anzi, l' inquilino del Colle pare molto convinto della necessità di un check. Occorrerà presto controllare se questo Parlamento eletto nel 2013 con il «Porcellum» rispecchia ancora la volontà del popolo sovrano; e verificare se, dopo l'esito referendario, sia venuto meno l'«allineamento» (vocabolo scelto con cura dal Presidente) tra gli eletti e gli elettori.
Qualche dubbio al Quirinale sussiste. Per cui nel suo discorso davanti alle alte cariche, con Gentiloni in prima fila, Mattarella lancia anzitutto un appello, «basta odio», la dialettica politica ritorni nell' alveo del reciproco rispetto, «c' è assoluto bisogno di un clima più sereno»; quindi certifica che siamo ormai agli sgoccioli della legislatura, «ci troviamo nella fase conclusiva con un orizzonte di elezioni». Ma elezioni quando?
SUPERARE LA CONFUSIONE
La data, fa intendere Mattarella, dipenderà dalle forze politiche. Perché saranno loro a staccare la spina al governo, il giorno che lo riterranno opportuno. Non dovranno fare altro che negare la fiducia a Gentiloni, e il Capo dello Stato ne prenderà atto sciogliendo le Camere. Così vuole la Costituzione del 1948 rimasta in vigore per volontà degli italiani in «netta maggioranza». Chi ha voluto conservare queste regole, è il sottinteso, non può contestarle. Per parte sua, il Presidente pone un solo robusto paletto: si vada alle urne con una legge elettorale che permetta «esiti chiari». Che faccia capire chi ha vinto e chi ha perso.
Dunque non lasci «margini di incertezza nelle regole che presidiano il momento fondamentale della vita democratica». Attualmente regna una grande confusione. Abbiamo leggi diverse alla Camera e al Senato, «l' una fortemente maggioritaria e l' altra assolutamente proporzionale». È necessario, ripete il Capo dello Stato, «che siano omogenee e non inconciliabili» tra loro, altrimenti dopo le prossime elezioni ci ritroveremmo nuovamente nel caos. Né deve trattarsi di un meccanismo raffazzonato, magari in fretta e furia sulla base di quanto deciderà la Consulta, perché servono leggi «pienamente operative».
Meglio ancora sarebbe se si registrasse un consenso «più ampio di quello della maggioranza di governo». Però si tratta di un «augurio», di un «auspicio»: non è che Mattarella starà con la pistola puntata.
SCADENZE MONDIALI
Poi ci sono gli impegni internazionali. Alle alte cariche il Presidente ne rammenta un paio che mettono in gioco, spiega, «il ruolo e il prestigio dell' Italia». A fine marzo si celebrerà a Roma la ricorrenza dei Trattati Ue, con un vertice europeo molto importante per decidere le strategie comuni; a fine maggio, nel summit di Taormina, avremo la presidenza del G7 centrato sull' immigrazione.
Sarebbe bene, lascia intendere Mattarella, che a questi appuntamenti vi arrivasse un governo in carica. Ma se si sfoglia il calendario alla luce di questi appuntamenti, nulla vieta che le elezioni politiche possano tenersi prima dell' estate o al massimo subito dopo. L' orizzonte temporale del voto, come traspare dal discorso presidenziale, non sembra superare, realisticamente, l' autunno. A patto che i partiti, tutti quanti, facciano i compiti in fretta.
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