DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
da rainews24.it
La causa della morte di Stefano Cucchi, per univoco convergere dei dati anamnestico clinici e delle risultanze anatomopatologiche, va identificata in una sindrome da inanizione". E' quanto scrivono i periti incaricati dalla terza corte di assise di Roma di stabilire le cause della morte di Stefano Cucchi, deceduto il 21 ottobre del 2009 nel reparto giudiziario dell'ospedale Sandro Pertini a pochi giorni dal suo arresto. Per il decesso sono sotto processo 12 persone tra medici, infermieri e agenti di polizia penitenziaria.
"Con il termine di morte per inanizione - scrivono i periti - si indica una sindrome sostenuta da mancanza (o grande carenza) di alimenti e liquidi". "In questo contesto - si legge nella relazione di 190 pagine - pare anche inutile perdersi in discussioni sulla causa ultima del decesso. Se vale a dire - scrivono ancora i periti nominati dalla corte di assise - esso sia da ricondursi terminalmente ad un disturbo del ritmo cardiaco, piuttosto che della funzionalità cerebrale, trattandosi di ipotesi entrambe valide ed ugualmente sostenibili.
Questo anche in considerazione del fatto che il decesso (vuoi per causa ultima cardiaca, vuoi per causa ultima cerebrale) intervenne nelle prime ore della mattinata del 22 ottobre quando, quanto meno a partire da due-tre giorni prima, già si era instaurato il catabolismo proteico, indice come abbiamo visto sopra di una prognosi a breve sicuramente infausta".
"Il quadro traumatico osservato si accorda sia con un'aggressione, sia con una caduta accidentale, è' vi sono elementi che facciano propendere per l'una piuttosto che per l'altra dinamica lesiva". E' quanto scrivono i sei periti nominati dalla terza corte d'assise di Roma per stabilire le cause della morte di Stefano Cucchi. "I riscontri clinici riferibili alle lesioni - concludono i periti - risalgono al pomeriggio del 16 ottobre 2009 e non contrastano con un'epoca di produzione di poco anteriore".
Doveva essere trasferito in terapia intensiva
"In mani esperte l'allarme rosso era in atto con gli esami del 19 ottobre 2009 e che da questo momento Cucchi, per avere un trattamento appropriato, doveva essere trasferito in una struttura di terapia intensiva". Lo dicono i sei periti incaricati dalla terza corte d'assise di Roma di stabilire le cause della morte di Stefano Cucchi, in un documento depositato questa mattina in cancelleria. "Un trasferimento ed un trattamento immediato - rilevano gli esperti riferendosi al personale sanitario che ha avuto in cura Cucchi - avrebbero probabilmente ancora consentito di recuperare il paziente. E' intuibile che se il trasferimento del paziente fosse stato rimandato le di lui possibilità di sopravvivenza si sarebbero proporzionalmente e progressivamente ridotte, fino a raggiungere livelli molto bassi in data 20 ottobre ed ad annullarsi in data 21 ottobre". Per la morte di Cucchi sono imputati tre agenti della polizia penitenziaria e nove tra medici e infermieri dell'ospedale Sandro Pertini.
I medici ne determinarono il decesso
"Nel caso di Stefano Cucchi i medici del reparto di medicina protetta dell'ospedale Sandro Pertini non si sono mai resi conto di essere (e fin dall'inizio) di fronte ad un caso di malnutrizione importante, quindi non si sono curati di monitorare il paziente sotto questo profilo, ne' hanno chiesto l'intervento di nutrizionisti (o altri specialisti in materia) e, non trattando il paziente in maniera adeguata, ne hanno determinato il decesso". Lo scrivono i sei periti incaricati dalla terza corte d'assise di stabilire la causa del decesso di Stefano Cucchi in un documento di 190 pagine depositato questa mattina.
"Tutti i sanitari del reparto di medicina protetta del Pertini - precisano gli esperti - ebbero una condotta colposa, a titolo di imperizia, sia di negligenza quando non di mancata osservanza di disposizioni comportamentali codificate". "La sera del 17 ottobre 2009 Stefano Cucchi - si legge nella relazione - presentava uno stato di denutrizione importante che, di fronte alla di lui manifesta volonta' di digiunare e di astenersi dal cibo, doveva immediatamente allertare i medici curanti. Anche pochi giorni di ulteriore astensione da alimenti e liquidi costituivano rischio concreto di un irreversibile aggravamento delle di lui condizioni. Il pericolo di vita del paziente si rende poi manifesto il 19 ottobre: in questo momento un trattamento terapeutico appropriato avrebbe consentito probabilmente il recupero di Cucchi".
Gli infermieri non hanno condizionato il decesso
Per quanto riguarda la condotta dei tre infermieri della struttura protetta dell'ospedale Sandro Pertini, imputati per la morte di Stefano Cucchi, i periti incaricati dalla terza corte d'assise sottolineano che non ne ha "in alcun modo condizionato il decesso". "E' da ribadire - dicono i periti dell'università di Milano - che gli infermieri segnalano gli eventi; certo vi sono criticità nel controllo della diuresi e di alcuni controlli di parametri clinici di base, non sempre condotti, ne' eseguiti con regolarità ; ma disporre tipo e frequenza dei controlli e' compito del medico, non dell'infermiere". A carico degli infermieri quindi "non si individuano profili di responsabilità professionale che abbiano influito in qualche modo sulla evoluzione della patologia di Stefano Cucchi e che quindi ne abbiano in alcun modo condizionato il decesso''
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