DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Carlo Tecce per “l’Espresso”
massimo dalema e gli straordinari successi del partito comunista cinese
Se ci fosse il Partito cinese d' Italia, in sigla Pcd' I per suggestiva rievocazione storica, qui ci sarebbe la sede, fra lettere scritte in mandarino, schermi di produzione orientale, ammennicoli di altre epoche, le riviste della Fondazione Italianieuropei, proprio di fronte all' ambasciata francese di piazza Farnese a Roma. Se ci fosse il partito cinese d' Italia, Massimo D' Alema ne sarebbe il segretario. Il segretario onorario.
Poiché il compagno D' Alema non esercita più il mestiere di politico dopo mezzo secolo e ha sancito il ritiro con una comunicazione formale al compagno Roberto Speranza che l' ha espunto dalla nomenklatura di Articolo 1. Il ministro della Salute è di fatto l' ultimo segretario della Volpe del Tavoliere, epiteto di Luigi Pintor, che esordì fra i giovani comunisti con Luigi Longo e soprattutto con Enrico Berlinguer.
roberto speranza massimo dalema
Oggi D' Alema, capigliatura marezzata di grigio, la solita affilata ironia, camicia bianca idonea alle conferenze milanesi, procaccia affari per le sue aziende e i clienti della multinazionale Ernst & Young, di cui in Italia è il principale consulente, si può dire lobbista, e opera nei Balcani e si spinge pure oltre. Anche in Cina.
Il compagno D' Alema è considerato un carissimo amico dal '78. Aveva 29 anni, indossava dolcevita di lana sotto la giacca e guidava la Federazione italiana giovani comunisti (Fgci) quando partì in missione a Pechino, su delega di Berlinguer, per riavviare il dialogo col partito comunista cinese dopo la stagione maoista.
MASSIMO DALEMA SILK ROAD FORUM
Non è più il capo dei giovani comunisti o dei democratici di sinistra o il primo ministro o il ministro degli Esteri, non più politico di incarichi seppur sempre collocato nella buca dei suggeritori di chi quegli incarichi riveste, però D' Alema viene ancora ricevuto a Pechino con i migliori onori, come capitava a Romano Prodi.
Appena sbarca in aeroporto viene prelevato dal cerimoniale di Stato e accompagnato negli alloggi riservati agli illustri ospiti della Repubblica popolare cinese. Ha le credenziali adatte per decifrare, con sguardo benevolo su Pechino, la competizione fra Usa e Cina che investe l' Italia: «Finché i cinesi erano la fabbrica del mondo, offrivano prodotti a basso prezzo e utilizzavano la liquidità in eccesso per comprare il debito degli americani, nessuno si lamentava.
Poi hanno lasciato riposare un po' le braccia, la manifattura, e si sono concentrati sul cervello, le nuove tecnologia, l' innovazione digitale, e allora li hanno spaventati: Washington non può perdere l' egemonia in quel settore che muove il pianeta e il futuro. I pericoli per lo spionaggio con le connessioni internet in 5G, che vengono agitati in Italia e altrove nel continente, c' entrano poco».
Però in tre anni l' Italia è passata dalla mania - si ricordi il simbolico memorandum per la nuova Via della seta - alla fobia per il regime di Xi Jinping. Il governo gialloverde di Giuseppe Conte (giugno 2018/agosto 2019) era assai accogliente con le imprese cinesi che si insinuavano nel mercato italiano del 5G come la famosa Huawei e la ancora più temuta Zte, la coppia poi messa al bando negli Stati Uniti dal presidente repubblicano Donald Trump.
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I voli da Roma o Milano verso Pechino erano frequentati assiduamente dai parlamentari e addirittura da influenti ministri, per esempio Luigi Di Maio (Sviluppo Economico), Giovanni Tria (Tesoro), Gian Marco Centinaio (Agricoltura). Anche il premier Conte decollò.
A ogni taglio del nastro dei cinesi in Italia c' era un esponente del M5S a officiare la funzione mediatica: la sindaca Virginia Raggi per il palazzo di Huawei, il sottosegretario Angelo Tofalo (Difesa) per il centro di sicurezza cibernetica di Zte. Nel mentre, il viceministro professor Michele Geraci (Sviluppo Economico), cooptato dai leghisti e poi adottato dai grillini, tentava di ingaggiare al dicastero una cinese ventenne che non parlava italiano e il custode dell' ortodossia grillina Davide Casaleggio, agli eventi della Casaleggio Associati, offriva un palco ai vertici di Huawei e intensificava i suoi contatti con le società cinesi. L' apoteosi fu raggiunta con la trasferta imperiale in Italia del presidente Xi Jinping per la Via della seta.
roberto speranza massimo dalema
Il governo giallorosso di Giuseppe Conte (agosto 2019/febbraio 2021), invece, fu benedetto da Trump e si presentò con un provvedimento punitivo per Huawei e la sorella Zte. I 5Stelle rimasero in parte in armonia con Pechino, ma il Pd garantiva la più granitica fedeltà ai valori (e voleri) di Washington.
Col governo di Mario Draghi la questione neppure si pone: il comitato di Palazzo Chigi per la "golden power" - i poteri speciali in materia di sicurezza nazionale - è sempre più vigile e severo sui contratti che riguardano le infrastrutture di comunicazione e le società cinesi legate al regime e perciò ha esteso le sue capacità di intervento.
Altra annotazione: l' amministrazione democratica di Joe Biden ha rinsaldato l' alleanza europea contro gli «autocrati», citazione di Tony Blinken, il segretario di Stato, per il rispetto dei diritti umani, lo sviluppo digitale e la trasparenza sulla pandemia.
Il racconto di questo folle triennio a palazzo Farnese ha un suono diverso nelle parole di D' Alema: «Gli americani sanno che devono trattare con la Cina, ma prima di iniziare, riparati i danni di Trump, vogliono che l' Europa sia più o meno compatta alle loro spalle. Le posizioni non sono identiche. Si veda la Germania. Anche Bill Clinton assecondava gli imprenditori che cercavano di aggirare l' embargo a Cuba. Tutti tutelano interessi legittimi, tranne noi».
massimo dalema e gli straordinari successi del partito comunista cinese 1
Con più chiarezza: «Ciascuno si fa i cazzi propri, l' Italia si fa i cazzi degli altri».
D' Alema rimane perfettamente in sintonia con sé stesso. Non ha bisogno di correggersi.
Capaci di adeguarsi a qualsiasi contesto geopolitico e climatico, i M5S si sono riscoperti americani. Con qualche distinzione.
L' ex sottosegretaria Mirella Liuzzi (Sviluppo Economico) non voleva escludere i cinesi dal 5G e in dicembre al seminario di Zte era tra i principali oratori con D' Alema. Il senatore Vito Petrocelli, presidente della commissione Esteri, si è dichiarato "filocinese". Il leghista Tony Iwobi, il suo vice, ha espresso «profondo disappunto», ma nella primavera del 2019 partecipò, assieme a numerosi colleghi senatori (unici assenti Fratelli d' Italia), a un viaggio a Pechino organizzato dall' ambasciata cinese e poi racchiuse le sue emozioni in un testo per Cinaitalia esaltando il ruolo dell' Italia come tramite fra l' Africa e la Cina.
mario draghi riceve antony blinken 5
E poi c' è Giuseppe Piero Grillo, detto Beppe o anche Beppe Mao. Grillo è andato all' ambasciata cinese di Roma lo scorso 11 giugno.
Le visite note a sua eccellenza Li Junhua sono due. La prima fu nel novembre 2019. Il ministro Di Maio, che deve la sua longevità istituzionale al riscoperto entusiasmo per l' atlantismo, spiegò alla Camera che Grillo era un «esponente della società civile» e la vicenda non riguardava il governo.
La seconda, quella dell' 11 giugno, si è tenuta durante il G7 in Cornovaglia che si è schierato contro Pechino. Niente di casuale. Grillo era il messaggio. Come l' intervista a D' Alema, registrata un mese prima dalla televisione di Stato e rilanciata dai cinesi per il G7. Per l' appuntamento da Li Junhua il comico genovese aveva invitato Conte.
L' ex premier, incautamente, aveva accettato. Poi la notizia è trapelata, pare dalla stessa ambasciata, per la troppa foga di segnalare un successo agli esigenti superiori di Pechino, e Conte si è defilato. Grillo si è offeso e da lì si è generato il ruvido duello personale.
massimo dalema e gli straordinari successi del partito comunista cinese 2
Quando c' era Barack Obama alla Casa Bianca e gli americani e i britannici studiavano il fenomeno grillino, Beppe Grillo si affacciava a villa Taverna dall' ambasciatore David Thorne. All' improvviso tre anni fa, come successo con i computer, che prima li sfasciava e poi li ha venerati, ha sposato le cause e le tesi cinesi sul 5G e persino sulla repressione degli uiguri.
Il blog di Grillo veicola, senza filtri, la propaganda del regime cinese e lo fa utilizzando testi di accademici vicini a Pechino o già pubblicati sul Global Times, una sorta di versione inglese del Quotidiano del popolo, l' organo ufficiale del partito comunista cinese. Questo livello di rapporti con la Cina non se lo può permettere Conte, che ha l' ambizione di ricoprire cariche politiche e istituzionali.
E l' ex premier, se lo ritiene, sugli esteri può sempre chiedere il parere di D' Alema, un vecchio amico di famiglia. Il compagno Massimo, in Puglia a occuparsi di comunicazione per il partito, negli anni Ottanta incontrò Nicola Conte, il papà di Giuseppe, segretario comunale a San Giovanni Rotondo, il paese (non natale) di Padre Pio nel foggiano.
DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE
E poi D' Alema ha un' antica simpatia per l' avvocato Guido Alpa, il mentore di Conte, che firmerà un articolo sulla riforma della giustizia su Italianieuropei. Proprio questa consuetudine con Conte nonché con Domenico Arcuri di Invitalia, ex commissario alla pandemia, ha sollevato polemiche sul coinvolgimento di D' Alema in una commessa di respiratori polmonari cinesi, alcuni sospesi perché sprovvisti di marchi a norma, acquistati dalla Protezione civile nel marzo 2020.
Dalema Vespa e Conte a Vinitaly
La versione ufficiale di D' Alema: «In virtù delle mie buone relazioni internazionali coi cinesi, mi è stato chiesto», ha detto al Corriere, «di dare una mano a recuperare dei ventilatori. Il problema era che lo Stato italiano poteva pagare alla consegna mentre i cinesi chiedevano che si saldasse al momento dell' ordine.
Un' associazione internazionale, di cui faccio parte, si fece carico di comprare questi ventilatori per conto del governo italiano, anticipando di fatto i soldi». L' associazione si chiama Silk Road Cities Alliance, un consorzio, uno strumento geopolitico del governo cinese. D' Alema è nel gruppo dei presidenti e nel direttivo. La notizia, tra le altre, è che l' ex premier sia riuscito a convincere i suoi referenti cinesi a reperire ciò che l' Italia cercava e sborsare l' anticipo di circa 2 milioni di euro.
La Silk Road Cities Alliance annovera tra i suoi marchi la cantina la Madeleine, l' azienda agricola di D' Alema in Umbria. Però l' intuizione geniale l' ex capo della Fgci l' ha avuta con la società Silk Road Wines di cui è amministratore unico e le cui quote sono divise fra i suoi figli, il fondo lussemburghese Amana e la famiglia dell' enologo Riccardo Cotarella. Silk Road Wines offre un servizio di uvaggio su misura.
Come le camicie. Il cliente, spesso un distributore, acquista una grossa partita di vino creato per l' occasione, che poi viene etichettata e imbottigliata a piacere. Per un dirigente di un' azienda della ristorazione cinese, Cotarella ha studiato un vino adatto a piatti con salse molXto piccanti: base di Merlot, per un retrogusto dolce, tagliato con un altro rosso più corposo.
Jiang Zemin, Hu Jintao e Xi Jinping, il compagno D' Alema rivendica con orgoglio il primato di aver conosciuto dal '93 tre presidenti della Repubblica popolare cinese e già vent' anni fa di aver mediato l' ingresso di assicurazioni Generali in terra comunista. Ha il vezzo di congedarsi con un monito: «La Cina è un interlocutore necessario. Inevitabile».
Anche per gli astemi.
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