NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
Emanuele Lauria e Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
Un patto con l' Udc per porre le basi di un partito di Conte che sia un contenitore di moderati di ispirazione cattolica, europeista e liberale, una costola italiana del Ppe. Così il premier vuole superare la prova della fiducia in parlamento tentando di porre, contemporaneamente, le basi per il suo nuovo soggetto politico. L'obiettivo è questo, ed è più ampio della costituzione di un gruppo di Responsabili provenienti da Italia Viva o da frange dell' opposizione, che pure non è ancora centrato.
I contatti fra l' inquilino di Palazzo Chigi e gli esponenti del vecchio Scudocrociato sono in corso, malgrado le smentite. Il segretario Lorenzo Cesa ufficialmente dice di non essere interessato, ribadisce la fedeltà al centrodestra ma non nasconde «la preoccupazione per il Paese». Cesa ne ha parlato anche ai leader delle forze di opposizione che per dissuaderlo pare abbiano anche promesso all' Udc la candidatura a sindaco in una delle grandi città al voto nelle prossime amministrative.
Ma tutti gli scenari restano aperti, come lascia intendere Paola Binetti, una dei tre senatori dell' Udc nel gruppo di Forza Italia: «Se Conte apre ai nostri valori è possibile pensare a una nostra presenza al governo». E altri, vicini a lei, sottolineano come le gerarchie vaticane e il mondo dell' associazionismo spingano l'Udc verso l' abbraccio con Conte. Se matrimonio dovesse essere, la data potrebbe essere quella di lunedì, quando si riunirà la segreteria politica del partito. Di certo, in ballo ci sono anche posti di governo, e in particolare il ministero della Famiglia (ma non solo).
Un problema non di poco conto, visto che anche gli altri parlamentari che tentano di unirsi in un gruppo di Responsabili sotto le insegne del Maie - il Movimento degli italiani all' estero che ha aggiunto "Italia 2023" alla propria dicitura - sono pronti a chiedere una rappresentanza nell' esecutivo.
La coperta che Conte dovrebbe offrire rischia di essere corta. E i numeri non sono certi: se si escludono i 18 senatori di Italia Viva, Conte al Senato parte da 151 voti. Ne mancano almeno dieci, dunque: nel pallottoliere di Palazzo Chigi ce ne stanno due o tre di Italia Viva (Nencini in primis), due di Forza Italia (si parla di Stabile e Minuto), un paio di ex grillini come Lello Ciampolillo e Mario Giarrusso.
E poi ci sarebbero tre senatori a vita che non partecipano frequentemente al voto: Renzo Piano, Carlo Rubbia e Liliana Segre. I tre innesti dell' Udc assicurerebbero un ulteriore puntello. Ma il rischio è quello di arrivare alla maggioranza assoluta d' un soffio o addirittura di centrare solo una maggioranza relativa. Ciò basterebbe per governare in una fase così difficile? Sono i timori di Pd e M5S. Renzi, in questo quadro, vuole riaprire la partita. Come?
Smascherando la fragilità del sostegno al premier con un'astensione tattica, premessa per il tentativo di riannodare i fili di un dialogo che si è interrotto con il ritiro delle ministre Bellanova e Bonetti. «Abbiamo sempre detto di essere disponibili a discutere senza veti e senza impiccarsi a nomi», ha detto il leader di Italia Viva in serata. Ma Conte tiene il punto e anche dem e grillini non hanno intenzione, almeno formalmente, di riaprire le porte all'ex sindaco di Firenze.
Anche se la sola prospettiva di una riappacificazione fra Conte e Renzi finisce per far indispettire Clemente Mastella, simbolo dei Responsabili: «Nessuno pensi di recuperare il dialogo con Renzi alle nostre spalle. Attenti cari Conte e Zingaretti, lunedì potreste avere sorprese. Siamo responsabili ma non fessi». Sarà un week-end decisivo, sotto gli occhi del Capo dello Stato che continua a chiedere, per il prosieguo dell' esperienza di governo, numeri sicuri e una maggioranza omogenea. Condizioni che ancora non ci sono.
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