E COSÌ RE GIORGIO, ALLA FIN FINE, L’HA AVUTA VINTA SULLA PROCURA DI PALERMO - PIÙ CHE UN VINCITORE (FRANCESCO LO VOI), QUI PERÒ C’È UNO SCONFITTO: GUIDO LO FORTE, L’UOMO CHE PIÙ INCARNAVA LA LINEA GIUDIZIARIA D’ASSALTO SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA

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1. DAGOREPORT

giorgio napolitanogiorgio napolitano

E così re Giorgio, alla fin fine, l’ha avuta vinta sulla procura di Palermo. Dei tre candidati alla successione di Messineo – ossia Lo Forte, Lari e Lo Voi – alla fine ha vinto il candidato di Napolitano, Francesco Lo Voi, che è da ieri sera il nuovo capo della procura. Più che un vincitore, attenzione, qui però c’è uno sconfitto: Guido Lo Forte, procuratore a Messina. L’uomo che più incarnava, agli occhi del re che sta sul Colle, la linea giudiziaria d’assalto sulla trattativa Stato-mafia.

 

A favore di Lo Voi, e dunque contro Lo Forte e contro Sergio Lari, procuratore di Caltanissetta, si erano dichiarati sfacciatamente fin dall’inizio, nel Csm, i membri laici del centrodestra. Ma anche nel centrosinistra Lo Voi aveva trovato appoggi eccellenti, soprattutto tra le fila dell’antimafia storica, tra coloro che non hanno mai amato troppo Giancarlo Caselli e il suo vice. Persino la presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi, si è schierata per l’avversario di Lo Forte. Il veto del Colle ha fatto il resto.

 

2. SCOSSA ALLA PROCURA DI PALERMO, ELETTO LO VOI

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera

 

FRANCESCO LO VOIFRANCESCO LO VOI

Lo strappo si consuma alle 19.32, l’ora della secondo scrutinio. Il Consiglio superiore della magistratura ha nominato procuratore di Palermo il candidato più giovane, quello senza esperienze di incarichi direttivi o semidirettivi. Con 13 voti è stato scelto Francesco Lo Voi, 57 anni d’età e 33 di carriera, attuale rappresentante italiano a Eurojust; 7 sono andati a Sergio Lari, procuratore di Caltanissetta, e 5 a Guido Lo Forte, procuratore di Messina. 
 

Una decisione che ha spaccato in tre l’organo di autogoverno dei giudici, e finirà per pesare non solo sul futuro dell’ufficio giudiziario più importante d’Italia (così l’ha definito il vice-presidente del Csm Legnini) ma anche su quello del Consiglio. Le due correnti più rappresentative, la sinistra di Area e i centristi di Unità per la costituzione, sono rimaste ciascuna sulla propria posizione, perdendo entrambe e facendo così prevalere il candidato della corrente minoritaria e più conservatrice (Magistratura indipendente), con l’appoggio di tutti i consiglieri «laici». Ha vinto la linea di rottura con la precedente gestione della Procura, rispetto alla continuità. 
 

Tutto s’è consumato in quattro ore di dibattito teso, dagli accenti gravi e forieri di nuove polemiche, dopo giorni di trattative riservate e veti incrociati. Ancora una volta, come accade da decenni, al centro della disputa era il cosiddetto «palazzo dei veleni», in cui arriverà un procuratore non certo delegittimato, ma nemmeno sostenuto dal voto unanime (o quasi) auspicato da Legnini e buona parte dei «laici». 
 

Ha vinto Lo Voi, magistrato esperto e stimato da tutti (anche da chi non l’ha votato), che però nella sua carriera, oltre a non aver mai guidato un ufficio inquirente, ha svolto indagini come pubblico ministero per soli sette anni, dal 1990 al 1997: proprio alla Procura di Palermo, nel periodo caldo culminato con le stragi del ‘92 e le successive grandi inchieste su mafia e politica, con le centinaia di ergastoli inflitti a boss e gregari di Cosa nostra e con la cattura dei grandi latitanti.

GUIDO LO FORTE GUIDO LO FORTE

 

Prima ha fatto il giudice (circostanza che ne determina una «maggiore cultura della giurisdizione» rispetto agli altri candidati, ha dichiarato la relatrice Alberti Casellati, nonostante da parlamentare di Forza Italia abbia sempre sostenuto la separazione delle carriere tra giudici e pm) poi è passato alle Procure generali. È stato anche al Csm (come Lari), e dal 2010 è componente di Eurojust, l’organismo di coordinamento delle indagini transnazionali. 
 

Gli altri due candidati avevano maggiore esperienza, soprattutto in tema di indagini e guida di Procure antimafia. Ma contro Lari ha pesato l’indisponibilità di Unicost (lui è di Area, e a Palermo quella corrente ha già espresso il procuratore generale), che se fosse arrivata avrebbe spostato anche i voti dei «laici» di centro-sinistra, facendolo prevalere. 
Il consigliere Fanfani l’ha detto pubblicamente, per spiegare l’astensione al primo scrutinio, ma non è accaduto.

 

Contro Lo Forte invece, sul quale Area era pronta a indirizzare le proprie preferenze, ha inciso il veto dei «laici»: è stato indicato espressamente dall’ex pm Antonio Ingroia come uno dei padri del processo sulla presunta trattativa fra lo Stato e la mafia, che tante polemiche ha suscitato e continua a suscitare; il che — si mormora da tempo nei corridoi — non ha favorito il gradimento del presidente della Repubblica, che è pure presidente del Csm, e ha reso indisponibili a votarlo i consiglieri scelti dal Parlamento (l’ha detto ancora Fanfani, sebbene non pubblicamente, mentre Legnini ha smentito «qualunque condizionamento esterno»). 

 

LA SEDE DELLA PROCURA DI PALERMO LA SEDE DELLA PROCURA DI PALERMO

Per questo è presumibile che lo strappo interno al Csm si trasferisca nella Procura palermitana, dove Lo Voi può rimanere per i prossimi otto anni con un tratto di discontinuità che rischia di essere vissuto — dai pm del processo sulla trattativa e da chi ne sostiene le posizioni — come volontà di «normalizzazione». Tuttavia la parola «trattativa» non è mai stata pronunciata nel dibattito al Csm, né è sembrata essere nei pensieri di chi chiedeva di scegliere uno degli altri candidati. 


Il problema è la diversità di «titoli», come si dice. «Per rispetto a tutti i pm antimafia d’Italia non possiamo preferire chi ha fatto la propria carriera al “calduccio” a chi è esposto quotidianamente», ha spiegato il consigliere Ardituro, di Area, pur sottolineando anche lui le eccellenti doti del magistrato Lo Voi. Che alla fine ha vinto raccogliendo la metà dei voti disponibili.