RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
«Io tra qualche ora ho la conferenza stampa e poi devo presentare questa riforma in Europa quindi le cose da risolvere le lasciamo ai tecnici»: sono le quattro e mezzo della mattina di ieri quando Giuseppe Conte chiude il Consiglio dei ministri, lasciando irrisolti molti dei nodi su cui non si era trovato un accordo dopo ore e ore di riunione.
Tanto il decreto per le Semplificazioni, come è abitudine di questo governo, è stato approvato «salvo intese» e questo consentirà ai tecnici di trovare le soluzioni di mediazione possibili. E ai parlamentari di non accorciare le loro ferie perché se fosse pubblicato subito in Gazzetta ufficiale dovrebbero rientrare prima per convertirlo.
Il Consiglio è andato per le lunghe per l' abitudine del premier a vivisezionare ogni articolo (si è arreso solo dal quarantesimo in poi e ha velocizzato), ma anche perché la delegazione del Pd si è trovata di fronte ad alcune norme diverse da quelle a cui aveva dato l' ok. Insomma, quella che è andata in scena a Palazzo Chigi è stata l' ennesima puntata del braccio di ferro in corso tra i dem e Conte, giudicato dal Pd troppo accentratore e con una spiccata tendenza a decidere da solo. E, visto che la posta in gioco è di 200 miliardi, la tensione era palpabile.
Il primo punto su cui i ministri del Pd hanno stoppato Conte è stato quello che prevedeva di non fare le gare nemmeno per le opere il cui costo supera la soglia di rilevanza comunitaria. Sia Dario Franceschini che Beppe Provenzano sono intervenuti.
«Non possiamo derogare troppo, facciamolo solo per i lavori legati all' emergenza Covid», ha detto il primo. Quindi ha parlato Enzo Amendola: «Vorrei far presente che così l' Europa potrebbe aprire una procedura di infrazione contro di noi». Il premier ha resistito per un po' ma alla fine ha ceduto: sopra i 5 milioni e 200 mila euro si faranno le gare.
Una parte del Pd, comunque, resta preoccupata:«Che le semplificazioni non aprano le porte a una pericolosa deregulation», è il monito di Graziano Delrio. Al quarto comma dell' articolo 27 si è aperta un' altra discussione. Il testo prevedeva che le banche dati riversassero ciò che è in loro possesso all' agenzia per l' Italia digitale.
Cioè, a Palazzo Chigi, era il pensiero che ha attraversato gli esponenti dem. A quel punto si è inalberato Roberto Gualtieri: «Non e possibile, quelli dei contribuenti sono dati sensibili». La ministra per l' Innovazione Paola Pisano gli ha replicato: «Ma così velocizziamo i tempi di risposta dell' amministrazione».
Luciana Lamorgese, però, ha dato ragione a Gualtieri. Problema non risolto, da affidare ai tecnici che si sono già riuniti ieri. Si arriva quindi all' articolo 33. Nuovo scontro: il testo arrivato in Cdm prevedeva che fosse il Cipe a programmare e coordinare tutte le risorse (anche quelle europee e delle Regioni). Cioè, ancora una volta, Palazzo Chigi.
teresa bellanova foto di bacco (4)
Amendola è intervenuto, Provenzano è scattato sulla sedia anche perché i dem non erano stati preavvertiti. Per lui era un modo surrettizio per commissariare la programmazione delle risorse del Mezzogiorno: «Così non semplifichiamo ma complichiamo, per quanto mi riguarda il Cipe potrebbe essere abolito». A quel punto si è risentito il sottosegretario Fraccaro. Altro problema non risolto da affidare ai tecnici.
Teresa Bellanova, schierata con Conte, ha fatto però mettere a verbale la sua riserva sull' abuso di ufficio. I grillini hanno spalleggiato quasi sempre il premier. Tanto che a fine riunione un ministro dem si è lasciato sfuggire questo commento: «Ormai sono pronti a governare... anche con Berlusconi».
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