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TRINCEA A 5 STELLE - LA CRISI DEL CAMPIDOGLIO PREOCCUPA IL M5S, DI MAIO PREDICA “REALISMO” E RIVELA: “MI SONO COMPRATO UN GIUBBOTTO ANTIPROIETTILE” - POI APRE: SE DOVESSE AVVIARSI IL DIBATTITO SULLA MODIFICA DELL' ITALICUM, I GRUPPI M5S DOVREBBERO «PARTECIPARE DA PROTAGONISTI» AL PROCESSO DI STESURA DI UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE

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Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

 

DI MAIODI MAIO

Forse non la immaginava così lunga e pericolosa, la strada che dal Campidoglio porta a Palazzo Chigi. Però Di Maio è convinto che la «falsa partenza» nella Capitale si rivelerà per il Movimento «il primo passo verso una nuova era». La crisi romana - nell' analisi del dirigente a cinque stelle - è stata la conseguenza di un insieme di errori di valutazione, di problemi di affiatamento, che sono il prezzo pagato da una forza inesperta, finita peraltro nell'«inferno» di una macchina amministrativa «dove non si sa chi sia il buono e chi il cattivo».

 

E al caos del Campidoglio si è aggiunto il caos nel Movimento, dove c' era troppa gente intorno alla Raggi, troppe sovrastrutture: «Tutti dicevano di voler dare una mano al sindaco, ma in realtà tutti volevano fare il sindaco». Liberato il primo cittadino dalle ingerenze esterne e interne, è giunto il momento di amministrare la città.

 

GRILLO - DI BATTISTA - DI MAIOGRILLO - DI BATTISTA - DI MAIO

Perché se M5S vuole arrivare a Roma deve passare da Roma, sebbene Di Maio sostenga che - per quanto la Capitale rappresenti «la cartina di tornasole delle nostre capacità» - al dunque gli italiani chiedono una cosa al Movimento: qual è l' idea di Paese che ci proponete? È una domanda di governo, e la risposta non può arrivare attraverso un approccio radicale ai problemi: «Serve realismo». La crisi romana - secondo il vicepresidente della Camera - aiuterà a far passare questa linea nei Cinquestelle, perché proprio la falsa partenza non solo «ha obbligato tutti noi a un bagno di umiltà», ma ha dimostrato anche come l' idea che tutto sia semplice e che tutto si possa fare subito «non regge alla prova dei fatti».

 

È chiaro dove passa la linea di frattura, quale sia il tema dello scontro in atto dentro M5S. Tuttavia Di Maio non sembra avere dubbi sull' esito del confronto e sull' approdo a una «nuova era», che porterà a un «nuovo approccio politico» del Movimento. Non si può sempre sparare a zero su ogni cosa, non si può pensare di cambiare un Paese in qualche mese: «I processi hanno bisogno di tempi lunghi. E avere questa idea di trasformazione non vuol dire diventare trasformisti». Così dicendo l' interprete dell' ala istituzionale di M5S dà corpo a un disegno che sarebbe condiviso da Grillo e Di Battista.

DI MAIO DI BATTISTA GRILLODI MAIO DI BATTISTA GRILLO

 

Perché, certo, non si perderà il contatto con la base ma questo «approccio nuovo» servirà «ad esplorare mondi nuovi», consentirà di parlare e di farsi capire da quella massa di elettori catalogati come moderati che oggi «sono timorosi» rispetto al Movimento. È una «prova di crescita» che varrà nel Paese e che verrà testata persino nel Palazzo. Per Di Maio infatti non c' è dubbio che se M5S vuole andare al governo deve dimostrare di saper dialogare, di essere aperto al confronto, capace di misurarsi con altri progetti politici.

La parola compromesso resta tabù, così come resta nel codice genetico del Movimento la vocazione alla solitudine: «Non ci alleiamo con nessuno». Che però è diverso dal non parlare con nessuno.

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E allora, se per esempio in Parlamento dovesse avviarsi il dibattito sulla modifica dell' Italicum, i gruppi Cinquestelle dovrebbero «partecipare da protagonisti» al processo di stesura di una nuova legge elettorale. Se così fosse, sarebbe una rivoluzione copernicana per chi nel 2013 volle lo streaming dell' incontro con Bersani, in modo da far sapere in diretta che il Movimento non avrebbe dato sostegno a nessuno. Quella era l' epoca del «non possumus», la massima espressione del radicalismo grillino. Quell' epoca finirebbe se vincesse l' ala «realista», e su questo Di Maio è pronto ad andare fino in fondo, sfruttando proprio la crisi di Roma che tra i Cinquestelle è stata usata per affossare il suo progetto e le sue ambizioni.

 

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«Voglio portare il Movimento al governo dell' Italia», ha detto ieri in piazza, come a ribadire che non farà passi indietro rispetto al suo obiettivo, come a sottolineare di avere alle sue spalle anche Grillo. È vero che solo qualche sera prima, e sempre in piazza, Di Maio aveva dovuto fare pubblica ammenda per gli errori commessi nella gestione capitolina, in un clima che ricordava i processi stalinisti: «Meglio scusarsi in piazza. Almeno qui c' erano testimoni», ha detto scendendo dal palco. E dietro il sorriso si celava il dispiacere per quella fuga di documenti offerti alla stampa «da chi voleva azzopparmi».

 

Ma se fosse vero che per Grillo «Luigi non si tocca», se fosse vero che «Dibba è al mio fianco», allora la battaglia per «una nuova era» potrebbe rivelarsi vincente nel Movimento. Cambiare la natura dei Cinquestelle è la sfida che si incarica di portare avanti Di Maio per arrivare a Roma dopo aver vinto a Roma. Mica facile. Non a caso il vicepresidente della Camera si è attrezzato: «Mi sono comprato un giubbino antiproiettile».

GRILLO E DI MAIOGRILLO E DI MAIO