DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Federico Rampini per la Repubblica
Vladimir Putin ordinò personalmente ai suoi di "sconfiggere o almeno danneggiare Hillary Clinton, ed aiutare l'elezione del suo oppositore Donald Trump". È il contenuto di un rapporto speciale della Cia, top secret, consegnato a Barack Obama nell'agosto 2016 con la raccomandazione che lo leggessero solo il presidente e un ristretto gruppo di alti consiglieri. Lo rivela oggi il Washington Post, in un nuovo scoop sul Russiagate. Mentre continua l'inchiesta su questo scandalo, affidata all'ex capo dell'Fbi Robert Mueller, la rivelazione sul ruolo diretto di Putin è una novità rilevante.
Nel rapporto che fu consegnato a Obama viene documentato per la prima volta dall'intelligence americana un intervento personale del presidente russo con istruzioni così dettagliate per interferire nella campagna elettorale. La materia era così scottante che quel rapporto top secret venne trattato con gli stessi protocolli di sicurezza usati nei preparativi del raid contro Osama Bin Laden, spiega il Washington Post.
Fu solo cinque mesi dopo, a fine dicembre e quando ormai stava per lasciare la Casa Bianca al suo successore, che Obama varò una ritorsione: abbastanza modesta peraltro, poiché si trattava dell'espulsione di 35 diplomatici russi e della chiusura di due palazzi da loro usati. Un po' poco per quello che il reportage definisce "il crimine politico del secolo, un attacco alla democrazia americana destabilizzante, senza precedenti, e coronato dal successo".
Il prezzo che Mosca ha pagato per quelle azioni non è certo proporzionale al danno arrecato. Eppure il capo dello staff di Obama, Denis McDonough, sostiene che il presidente giudicò subito quella vicenda come "un attacco al cuore del nostro sistema". Diversi collaboratori dell'ex presidente ora sembrano convinti che la reazione non fu affatto adeguata alla gravità dell'attacco.
Anche se il reportage si dilunga sui tormenti interni alla Casa Bianca obamiana, le novità di questo scoop del Washington Post sono sostanzialmente due: il coinvolgimento personale di Putin; e il pentimento ex-post dei vertici dell'Amministrazione passata per non avere inflitto alla Russia un castigo adeguato.
Su quest'ultimo punto è comprensibile il rammarico: forse delle sanzioni più immediate e pesanti, ed una denuncia più forte presso l'opinione pubblica, avrebbero potuto cambiare le sorti del voto accentuando nell'opinione pubblica l'allarme per il legame Putin-Trump. Ma queste sono ormai recriminazioni ex post.
Più interessante è capire quanto il rapporto della Cia possa influire sull'inchiesta in corso, quella che Mueller dovrà concludere con un suo rapporto da consegnare al Dipartimento di Giustizia e al Congresso. Più appare evidente l'intento di Putin di cambiare il corso dell'elezione americana, più questo potrebbe influire sull'andamento dell'inchiesta e sulla reazione del Congresso. Nel frattempo, forse non a caso, Trump ha ripreso a dare segni d'insofferenza verso l'inchiesta e verso i suoi stessi collaboratori che ne sono i referenti, a cominciare dagli attuali vertici del Dipartimento di Giustizia.
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