gianni de michelis

DAGO-RICORDO DI GIANNI DE MICHELIS: UNA VITA SPERICOLATA DA AVANZO DI BALERA A STATISTA. NON C'È DA STUPIRSI SE AL MOMENTO DEL SUO SILENTE ADDIO IL TEMPO ONESTO ROVESCIASSE LA CLESSIDRA DELLA STORIA. AGLI ALBORI DI MANI PULITE, CRONISTI&CORTIGIANI CHE AVREBBERO BARATTATO LA REPUTAZIONE, LA CARRIERA E LA MOGLIE PUR DI PARTECIPARE ALLE FESTE IN MASCHERA O ALLE RIUNIONI DELL’ASPEN INSTITUTE DA LUI ORGANIZZATE, L’ICONA POP DELLA POLITICA ANNI '80 VIENE PRIMA SFREGIATA E POI RIMOSSA DAL TEMPIO DELLA GLORIA DEI MEDIA DEL POTERE

 

Dagonota

 

gianni de michelis in fabbrica

Da avanzo di balera a statista. Non c’è da stupirsi se al momento del suo silente addio il tempo onesto rovesciasse la clessidra della storia per restituire a Gianni De Michelis l’onore perduto negli anni di Tangentopoli. E la stessa dignità (e intelligenza) dissipate negli anni tragici del post terrorismo.

 

Quando nella kermesse ballerina di Villa Ada a Roma - grazie all’assessore comunista Renato Nicolini, malvisto nel suo stesso partito – una generazione passa di colpo dalla politica totalizzante all’hully gullY, facendo pace con il suo passato e scoprendosi fatta d’individui ciascuno con il proprio look.

gianni de michelis bettino craxi

 

Ma al giovane ministro socialista, tra i pochi politici a cogliere quel salto sociale e generazionale, non sono perdonati né i suoi capelli lunghi unti (l’onto del signore per i veneziani) né quel suo sbarco in discoteca con tanto di libro-saggio, “Dove andiamo a ballare questa sera?”, edito dalla Mondadori targata dal duo De Benedetti-Scalfari. E non dal Cavalier Berlusconi come qualcuno sui media ha lasciato intendere poi.

 

gianni de michelis balla

Con le croniste accorse nel tempio ballerino di Bibi Ballandi (a far numero anche le “Cacao meravigliao” dell’arboriana tv “Indietro tutta”), che sgomitavano per un posto a tavola alla cena di gala al “Paradiso” di Gianni Fabbri (da poco vedovo della figlia di Licio Gelli morta in un incidente automobilistico).

 

Una gara con tanto di colpi bassi per potersi attovagliare tra il finanziere Francesco Micheli e il ministro dello Spettacolo, Franco Carraro. Lì accompagnato dalla moglie Sandra e da Andrea Manzella, capo della segreteria di Ciriaco De Mita, neo presidente del Consiglio. E tutti con gli occhi puntati al insù nell’attesa che da un elicottero sbarcasse pure l’Ingegnere.

gianni de michelis andreotti mitterrand

 

“Peccato che Carlo abbia mancato l’appuntamento, l’indomani mi avrebbe chiamato l’Avvocato per invitarmi a colazione a Torino”, si lasciò scappare vanesio l’avanzo di balera godendo della rivalità tra Agnelli e De Benedetti. Ciccio ballerino incuriosiva anche Enrico Cuccia, che doveva trattare con il ministro delle Partecipazioni statali in carica la privatizzazione di Mediobanca.

 

 Gianni era un interlocutore poco propenso a piegare la schiena di fronte ai voleri dello Gnomo di via Filodrammatici. Insomma, pure di giorno Gianni faceva “ballare” i Poteri Forti (Romiti, Gardini, boiardi di stato, banchieri, intellettuali come Umberto Eco e Furio Colombo, ambasciatori…) che avevano mandato a memoria il numero telefonico del portiere del romano “Plaza”, Gigino Esposito, per poter fissare un appuntamento con De Michelis.  

 

gianni de michelis balla.

Dieci anni dopo, agli albori di Mani pulite, Cronisti&Cortigiani e “leccaculi” che avrebbero barattato la propria reputazione, la carriera e forse la moglie pur di partecipare alle feste in maschera a Palazzo Malipiero Barnabò (o alle riunioni dell’Aspen institute) - entrambe curate e animate dal “Falstaff venetienne” -, il ministro-Doge che andava a letto “a l’heure du lattier” (Le Monde), l’icona pop della politica anni Ottanta viene prima sfregiata e poi rimossa dal tempio della gloria dei media del potere.

 

gianni de michelis con i metalmeccanici di pomigliano

Più che icona, De Michelis in realtà era soltanto un rappresentante di un “potere fantoccio o di cartapesta” (Ferdinando Adornato). Uno dei tanti “guitti” della Razza Cafona, che aveva governato, nel bene o nel male, il Paese. I nuovi idoli della Rivoluzione italiana (Paolino Mieli) sono adesso il giudice Antonio Di Pietro, che frequentava la peggiore cricca di socialisti milanesi e i giustizieri televisivi, Gianfranco Funari e Michele Santoro.

 

“Miti, protagonisti e soubrette di un’Italia che declina”, metterà nero su bianco Giampiero Mughini nel suo raro e onesto libro su quella tragica stagione (4.525 persone arrestate, 25.400 avvisi di garanzia, oltre mille politici indagati, alcuni suicidi eccellenti) dal titolo “Un disastro chiamato seconda Repubblica” (Mondadori).    

 

GIANNI DE MICHELIS BETTINO CRAXI GIULIO DI DONATO

Già, da Bandiera rossa al “Bandiera Gialla” De Michelis  si è sempre caricato dei pericoli di far convivere Ragione&Fantasia, Pubblico&Privato ben prima dell’arrivo dei social media. A chi gli rimproverava a volte di rischiare il ridicolo per la sua condotta pubblica dirompente Gianni, ministro delle Partecipazioni statali, una volta rispose così: ”Con tutto quello che perde Finsider niente è abbastanza ridicolo”. 

 

Del resto anche il filosofo, Hanna Arendt, metteva in guardia sui rischi di essere “coperti di ridicolo” per quei politici che nella loro attività affrontano la complessa storia del conflitto, assai antico, tra verità e politica. E, aggiunge la Arendt, “la semplificazione e la denuncia morale non sarebbero di alcun aiuto” a mettere fine alla disputa (infinita).

GIANNI DE MICHELIS

 

Ps: Cesare De Michelis, editore della Marsilio e fratello minore di Gianni, prima di morire lo scorso agosto ci ha lasciato uno straordinario libricino dal titolo “Cronache familiari” che meglio di qualsiasi saggio e necrologio forse può aiutarci a capire in quale ambiente culturale possa nascere la scintilla civile della passione politica a dispetto degli stessi genitori.

 

“A loro (Noemi e Turno ndr) – scrive Cesare – toccò poi di assistere al tracollo di Gianni, rimasero proprio senza parole (…) Il papà cercava conforto chiedendo conferma ai fratelli che il suo Gianni non era senza scampo, che aveva agito secondo coscienza, che, insomma, lui non doveva provare vergogna. La mamma – prosegue Cesare – si sfogava diversamente, si rivolgeva a lui, anche assente, continuando una predica ininterrotta (…) imprecando contro la sua leggerezza, mescolando passato e presente, pubblico e privato, in una geremiade sconsolata…”. 

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Gianni De Michelis Gianni De Michelis