DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
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L’estate è finita e si porta via anche l’entusiasmo nel partito democratico americano. La candidatura last minute di Kamala Harris, che ha ringalluzzito la base dem a suon di meme e risate sguaiate, è stata una ventata d’aria fresca rispetto al clima viziato da Rsa che si respirava appena un mese e mezzo fa. Eppure, nonostante la “luna di miele” e i sondaggi che certificano un ribaltone (la vicepresidente sarebbe avanti di almeno 3 punti percentuali), la vittoria non è data affatto per scontata.
Con il sistema elettorale americano, notoriamente anti-democratico (si può vincere anche prendendo meno voti dell’avversario), il rischio di un ritorno di Trump alla Casa Bianca non è affatto scongiurato. Come spiega bene il politologo Roberto D’Alimonte (articolo a seguire), “negli Usa gli elettori non scelgono direttamente il presidente. L’elezione avviene stato per stato. Tranne che nel Nebraska e nel Maine, in ciascuno stato tutti i seggi vengono assegnati al candidato che ottiene un voto più degli altri. Vince chi prende 270 seggi […]. Dunque è il collegio l’istituzione decisiva per l’elezione del presidente. […] Ma all’interno del collegio non tutti gli stati sono decisivi”.
Del resto, la storia insegna: nel 2016 Hillary Clinton, data avanti in tutte le rilevazioni, comprese quelle dell’osannato (dai dem) Nate Silver, perse le elezioni, pur avendo tre milioni di voti in più (Trump ottenne 304 grandi elettori contro i 227 dell’ex first lady). Se Hillary avesse vinto in tre Stati, Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, sarebbe diventata presidente. “Se Biden avesse perso in questi tre stati, pur vincendo in Georgia e Arizona, non sarebbe diventato presidente. Molto probabilmente chi vincerà in questi tre stati sarà presidente il prossimo novembre”, scrive ancora D’Alimonte.
IL TRUMP-OLINO DI KAMALA - VIGNETTA BY GIANNELLI
La partita tra Kamala e Trump, insomma, è ancora apertissima, e a essere decisivi per la scelta sul prossimo inquilino della Casa Bianca saranno dunque i dibattiti presidenziali: il primo, sarà tra meno di una settimana, il 10 settembre, su Abc. Prendete i popcorn.
PERCHÉ TRUMP PUÒ VINCERE ANCORA
Estratto dell’articolo di Roberto D'Alimonte per www.cise.luiss.it - 18 marzo 2024
[…] Gli Usa sono un sistema presidenziale ma a differenza di altri sistemi presidenziali gli elettori non scelgono direttamente il presidente. È all’interno del collegio elettorale che si decide l’elezione.
I 538 seggi di questo collegio sono divisi tra i 50 stati più il distretto di Columbia sostanzialmente in base alla popolazione. L’elezione avviene stato per stato. Tranne che nel Nebraska e nel Maine, in ciascuno stato tutti i seggi vengono assegnati al candidato che ottiene un voto più degli altri. Vince chi prende 270 seggi.
comizio di donald trump dentro una gabbia anti proiettile
Si può diventare presidente, come è stato il caso di Trump nel 2016 e di Bush nel 2000, senza avere la maggioranza del voto popolare ma solo la maggioranza dei voti nel collegio elettorale. Dunque è il collegio l’istituzione decisiva per l’elezione del presidente.
È qui dentro che va cercata una parte della spiegazione della vittoria di Trump nel 2016, della sua sconfitta nel 2020 e di una sua possibile vittoria nel 2024. Ma all’interno del collegio non tutti gli stati sono decisivi.
kamala harris intervistata dalla cnn
Una delle caratteristiche rilevanti della politica americana è che, nel tempo e soprattutto negli ultimi trenta anni, il partito democratico e quello repubblicano hanno messo solidi radici in zone diverse del paese.
A livello di collegio elettorale questo vuol dire che molti stati sono semplicemente non competitivi. In molti stati prevalgono i repubblicani, in altri i democratici. Poi ci sono pochi stati dove non prevale nessuno: sono gli ‘swing states’, gli stati ballerini.
conferenza stampa di donald trump a bedminster 2
Come si vede nella mappa delle ultime quattro elezioni presidenziali gli stati della costa occidentale e quelli del Nord-Est (gli stati del New England) sono gli stati blu, il colore del partito democratico. Gli stati del Sud e la grande maggioranza di quelli che si collocano tra il fiume Mississippi e la costa occidentale sono rossi, il colore del partito repubblicano. Negli ultimi anni questa suddivisione è rimasta straordinariamente stabile.
I cambiamenti sono stati pochi. A ovest del Mississippi, solo l’Arizona ha cambiato colore nelle ultime quattro elezioni. Nel Sud, la Florida è passata nel campo degli stati rossi mentre in Georgia e in North Carolina il partito democratico ha cominciato ad erodere il vantaggio storico dei repubblicani. Non è un caso che Biden abbia vinto in Georgia nel 2020, ma per pochissimi voti
conferenza stampa di donald trump a bedminster 4
Dal conteggio restano fuori gli stati di quella che una volta era la rust belt, il cuore industriale del paese. Sono gli stati del Mid-West: Pennsylvania, Ohio, Michigan, Wisconsin, Minnesota, Indiana, Illinois.
Una volta erano una delle roccaforti del partito democratico. Oggi non è più così. Buona parte della classe operaia ha abbandonato il partito democratico. Non diversamente da quanto è successo in Europa i ceti colpiti dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione si sono spostati a destra. Oggi solo il Minnesota e l’Illinois possono essere considerati stati democratici. Gli altri o sono diventati stati rossi, come l’Ohio e l’Indiana, o sono diventati stati ballerini come Pennsylvania, Michigan e Wisconsin.
Ed è proprio in questi tre stati che si sono decise le elezioni del 2016 a favore di Trump e quelle del 2020 a favore di Biden. Se Hillary Clinton avesse vinto in questi tre stati sarebbe diventata presidente. Se Biden avesse perso in questi tre stati, pur vincendo in Georgia e Arizona, non sarebbe diventato presidente. Molto probabilmente chi vincerà in questi tre stati sarà presidente il prossimo novembre.
donald trump bacia kamala harris immagine fake generata dall ia
È tale l’equilibrio tra democratici e repubblicani all’interno del collegio elettorale che il suo funzionamento è diventato una specie di roulette. Infatti le ultime due elezioni sono state decise da pochissimi voti.
Nel 2016 Trump ha vinto in Michigan, Wisconsin e Pennsylvania con uno scarto di meno dell’1%. Complessivamente sono stati 77.744 voti su 136,6 milioni a fare la differenza. Nel 2020 circa 44.000 (su oltre 150 milioni) in Wisconsin, Arizona e Georgia hanno deciso l’elezione a favore di Biden. Senza questi voti, e quindi senza questi stati, Biden non sarebbe oggi alla Casa Bianca. Di questi tempi la pallina della roulette è la metafora che più si addice alle elezioni americane. O per dirla in inglese, sono ‘the roll of the dice’. […]
DONALD TRUMP SUDATO DONALD TRUMP CERONEKAMALA HARRIS E TIM WALZ DONALD TRUMP COME DONALD DUCK kamala harris e tim walz - convention nazionale democratica chicago donald trump kamala harris immagine fake generata dall ia
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