DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Amedeo La Mattina per “la Stampa”
Berlusconi scarica Parisi per uscire dall' isolamento. A forza di giocare su più tavoli, si è trovato solo con mezzo partito in rivolta e Salvini lanciato sulle onde impetuose del lepenismo trumpista. Il vento della rabbia che stanno cavalcando Lega e Fdi ha afflosciato le bandiere di Fi, di un partito che in buona parte non ha mai accettato Parisi.
Lo stesso Berlusconi avrebbe voluto nominarlo coordinatore nazionale. L' ex candidato di Milano ha sempre rifiutato di farsi arruolare. «Invece di allargare, mettere pace e dialogare con Salvini - è stata la considerazione del Cavaliere - si è messo a litigare con tutti».
«È vero che Salvini non è facilmente gestibile e ci mette del suo per non andare d'accordo con gli altri, ma anche Parisi ha commesso degli errori, prendendo a schiaffi tutto il gruppo dirigente di Fi e dicendo a Padova che con "quella gente lì", con quelli che stavano a Firenze, non vuole averci a che fare. Con Matteo e Giorgia dobbiamo per forza averci a che fare. Almeno fino a quando non siamo sicuri che vinca il No e ci siamo tolti di mezzo l'Italicum».
Berlusconi è pragmatico: se si voterà con l'Italicum, Fi sarà costretta a perpetuare l'alleanza di centrodestra. Se cambieranno le regole elettorali e si andrà verso un sistema proporzionale. Allora le cose potranno cambiare: ognuno giocherà da solo. Fino a quando il polverone non si sarà diradato, nessuna rottura e Parisi deve adeguarsi. È questa la spiegazione che viene data ad Arcore. È questo il senso delle sue parole a Radio anch' io. «Parisi sta cercando di avere un ruolo nel centrodestra, ma avendo questa posizione di contrasto con Salvini credo che questo ruolo non possa averlo».
Fin qui siamo al pragmatismo. Poi nel partito ci sono altre letture. A parte quelle sgomente e senza parole di coloro che hanno sostenuto apertamente Parisi, viene sottolineato l'isolamento e la debolezza del leader azzurro. Fi non ha più i voti per dettare legge nel centrodestra.
Salvini lo ha detto chiaro e tondo: «Berlusconi non decide chi è il leader e chi il candidato premier». Allora il Cavaliere ha dovuto prender atto di non avere più in mano tutte le carte del mazzo. Ha capito che la rottura con la Lega comporterebbe la scissione di una parte del partito. Giovanni Toti glielo ha detto senza infingimenti l'altra sera a Villa San Martino.
MATTEO SALVINI E STEFANO PARISI
Poi gli errori di Parisi hanno fatto il resto, raccontano gli azzurri anche quelli più ben disposti all'ex ad di Fastweb, compreso il fatto che si sarebbe mostrato «arrogante» con lo stesso Silvio. Oltre al fatto che Parisi non ha portato tutte quelle facce ed energie nuove che si pensava.
Allora meglio tenersi la vecchia famiglia e salire con forza sul carro del possibile vincitore, su quel No che nei sondaggi dello stesso Berlusconi si starebbe consolidando e addirittura crescendo. Il 5 dicembre il Cavaliere potrebbe dire di essere saldamente tra i vincitori, con lo scalpo di Parisi in mano.
Salvini è soddisfatto. «È il momento del coraggio, delle scelte di osare. La scelta di Trump è stata una grande lezione di democrazia. Non vedo l' ora che sia il 5, quando saranno i cittadini a scegliere, non certo questo o quel capo di partito. Con gli amici di Alfano, Verdini, Cicchitto non si costruisce il futuro del Paese. Parisi è finito, discorso chiuso».
Parisi ha reagito dicendo che andrà avanti. «Se Berlusconi vuole Salvini leader, il centrodestra perde. Non credo Berlusconi si voglia far guidare da Salvini». Parisi è ancora convinto che Berlusconi lo sosterrà, perché non si può cambiare «idea in un weekend, bisogna essere stabili». «La coalizione si deve fare sul programma e non per mettere insieme 4 persone che dal giorno dopo non vanno più d' accordo. Il mio problema è quello di recuperare il consenso, non di Salvini, ma degli italiani visto che Fi ha perso 10 milioni di voti».
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