CHI TROVA UN BANANA, TROVA UN TESORO - 50 MILIONI IN DIECI ANNI VERSATI DALL’EX PREMIER A DELL’UTRI, AVVENUTI DOPO LA MORTE DI DUE MAFIOSI PALERMITANI VICINI A DELL’UTRI E INDICATI COME I SUOI TERMINALI IN COSA NOSTRA: LO STALLIERE DI ARCORE VITTORIO MANGANO E GAETANO CINÀ - PER QUESTO ORA BERLUSCONI È INDICATO COME “VITTIMA DI ESTORSIONE” E “PERSONA INFORMATA DEI FATTI”: COSÌ LUI E MARINA SONO OBBLIGATI A PRESENTARSI A INGROIA (GLI INDAGATI POSSONO NON RISPONDERE)…

Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per il "Fatto quotidiano"

Questa è la storia di un "amico di famiglia" beneficiato con quasi 50 milioni di euro in dieci anni. Con bonifici costanti, da conto corrente a conto corrente, senza alcuna apparente ragione. Ma questa volta la proverbiale "generosità" di Berlusconi, deve fare i conti con Cosa Nostra: se non altro perché i versamenti iniziano poco dopo la morte dei due esattori mafiosi dell'uomo di Arcore, Vittorio Mangano e Tanino Cinà, il cui ruolo è stato ormai consacrato anche dalla Cassazione.

Singolare coincidenza da cui parte l'indagine super segreta sulla girandola dei flussi finanziari che ruota vorticosamente dai conti di Silvio e Marina Berlusconi a quelli di Marcello Dell'Utri: è la nuova frontiera investigativa della Procura di Palermo che ha tratteggiato per l'ex premier il ruolo di protagonista, stavolta involontario, di una lunga e continuata estorsione da parte del suo amico e inseparabile braccio destro.

Non più complice, come nelle indagini che lo hanno visto indagato e poi nel '97 prosciolto dal gip Gioacchino Scaduto per concorso in associazione mafiosa a Palermo: oggi Silvio per i pm Antonio Ingroia, Nino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene (gli stessi titolari dell'indagine sulla trattativa) è solo una vittima del ricatto di Dell'Utri compiuto attraverso dazioni ripetute e qualche volta camuffate da contratti di acquisto, per milioni di euro, di beni di valore assolutamente inferiore.

Tutti versamenti avvenuti in data successiva alla morte di due mafiosi palermitani vicinissimi a Dell'Utri e indicati come i suoi terminali in Cosa Nostra: lo stalliere di Arcore Vittorio Mangano e Gaetano Cinà, quest'ultimo indicato da alcuni pentiti come l'uomo che due volte all'anno si recava a Milano a riscuotere il "pizzo" alla Fininvest. I pm di Palermo intendono chiedere all'ex premier il perchè di queste dazioni.

Ed è questo il motivo della convocazione che già lunedi 16 luglio avrebbe dovuto vedere Berlusconi e la figlia Marina, presidente Fininvest e Mondadori, presentarsi al Palazzo di Giustizia di Palermo, in qualità di persone informate dei fatti (senza, dunque potersi avvalere della facoltà di non rispondere), per chiarire i passaggi di denaro dai loro conti a quelli di Dell'Utri.

Versamenti in gran parte avvenuti senza alcuna apparente contropartita. Sia Berlusconi che la figlia hanno chiesto un rinvio della deposizione con una lettera, firmata il 13 luglio dall'avvocato Niccolò Ghedini, in cui si spiegava che il 16 luglio l'ex premier sarebbe stato impegnato per tutta la giornata "a presiedere un importante incontro sui temi economici, presso Villa Gernetto (Monza) con la partecipazione del premio Nobel per l'economia Robert Mundell".

Marina, invece, quel giorno si sarebbe trovata all'estero. Ghedini ha chiesto che, per "ragioni di riservatezza", le testimonianze "non venissero assunte presso il Tribunale di Palermo, bensì in una sede diversa". Per Berlusconi, in particolare, il legale si è mostrato disponibile a "concordare una data prossima, ove l'assunzione testimoniale avvenisse a Roma, nel luogo che la Procura riterrà più opportuno".

La Procura ha già fissato la testimonianza di Marina che dovrebbe essere sentita a Palermo il prossimo 25 luglio. A lei i pm intendono chiedere chiarimenti sulle somme di denaro transitate da alcuni suoi conti correnti, cointestati con il padre, a quelli di Dell'Utri. Nulla si sa, invece, della prossima convocazione del padre, al quale i pm chiederanno in primo luogo i dettagli dell'acquisto della villa sul lago di Como, pagata per quasi il doppio del suo valore all'amico Marcello proprio alla vigilia della sentenza di Cassazione del processo per concorso in mafia.

L'ipotesi dei pm si aggancia alla requisitoria del pg della Cassazione Francesco Iacoviello (l'uomo che stroncò il concorso in associazione mafiosa definendolo "un reato in cui non crede più nessuno"), che utilizzò per Berlusconi proprio la definizione di "vittima" dell'estorsione mafiosa, contestando l'ipotesi che vedeva in Dell'Utri un "mediatore" tra Cosa nostra e il leader di Forza Italia. "Si è mai visto - disse - che in un'estorsione (per di più mafiosa) c'è una mediazione tra autore e vittima?".

E l'indagine sui flussi finanziari incrocia anche il nuovo processo d'appello iniziato ieri a Palermo che vede Dell'Utri ancora imputato per 110 e 416 bis: "Quest'accusa di estorsione - ha detto l'ex capo di Publitalia, ieri in aula - è ridicola e senza senso, frutto del fanatismo e della prevenzione di alcune persone". E ha aggiunto: "Il vero pazzo sono io che ancora credo nella giustizia dopo tanti anni. Però se devono rinchiudere me, devono farlo anche con Ingroia perché a questo punto i pazzi sono due".

Tra i testi citati, per l'appunto, Silvio Berlusconi. "La giurisprudenza è cambiata, perché gli indagati di reato connesso la cui posizione è stata archiviata non possono più avvalersi della facoltà di non rispondere", ha osservato il pg Luigi Patronaggio che intende chiedere all'ex premier "se e quando venne minacciato dalla mafia, come e attraverso chi pagò prima per proteggere i suoi familiari, poi per avere l'autorizzazione a installare le antenne di Mediaset". I difensori di Dell'Utri si sono opposti. La corte deciderà alla prossima udienza.

 

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