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Alessandra Baduel per "la Repubblica"
Il primo volo dalla Romania è arrivato ieri mattina all'aeroporto di Luton. Non era nemmeno pieno e molti dei romeni che erano a bordo vivono e lavorano già in Gran Bretagna. Ma ieri era il primo giorno della nuova era nella quale, con la fine del 2013, sono caduti i limiti da ingresso per i romeni, appunto, e per i bulgari. Novità ben sfruttata in politica e dai tabloid, che da giorni incalzano sulla massa di "pericolosi semibarbari" pronta a occupare il Regno Unito.
Di conseguenza, ad accogliere i passeggeri di quel volo c'era una delegazione di parlamentari della commissione Affari interni, guidata dal suo presidente, il laburista Keith Vaz. Il primo a scendere è stato Victor Spiersau, 30 anni, pronto a difendersi ai microfoni della Bbc: «Non sto venendo a derubare il vostro Paese. Sono qui per lavorare, ho un posto da lavamacchine che mi attende: metto da parte i soldi per la casa e poi torno in Romania».
Dilazionata dal 2007 ma ormai inevitabilmente arrivata, la giornata fatidica è stata preceduta da settimane di polemiche, con Cameron in prima linea che a novembre annunciava la fine del turismo dei benefit e una serie di restrizioni, dai sussidi di disoccupazione fortemente limitati nei tempi a zero aiuti per la casa, fino all'espulsione per un anno a chi non dimostra di stare cercando impiego.
Per queste dichiarazioni sull'immigrazione, Cameron è stato criticato dalla Ue, dall'Unhcr e dagli stessi conservatori, preoccupati di una deriva populista all'inseguimento dei consensi guadagnati dallo United Kingdom Independence Party. Ben 90 altri Tory hanno scritto invece a Cameron di non aprire le frontiere a nessun costo.
Ma il mondo del lavoro parla un'altra lingua. Nel primo giorno del nuovo anno, le imprese britanniche hanno pubblicato un totale di 4.896 offerte di impiego sui principali siti romeni specializzati, chiedendo se c'è qualcuno che vuol venire a fare il tassista, il cameriere, la badante, l'edile, il metalmeccanico. Fra gli offerenti, anche l'Hilton e il Servizio sanitario pubblico.
Nei giorni scorsi, una lettera al Guardian, firmata da dirigenti di istituti come l'Entrepeneurs Network, l'Institute of Economic Affairs e l'Adam Smith Institute, spiegava che l'idea del governo di mettere un tetto all'immigrazione fa male alla ripresa e a lungo termine anche alla sostenibilità dei conti pubblici. E il tetto all'immigrazione è anche un tetto alle aziende innovatrici, che la Gran Bretagna ha invece bisogno di far prosperare.
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